La prova scientifica più antica della produzione della birra risale a 5000 anni fa, in Asia, in reperti appartenenti alla popolazione dei Sumeri. Cinquecento anni dopo, nella fascia di territorio compresa tra i fiumi Tigri ed Eufrate, una tavoletta assira non solo nomina esplicitamente la birra, ma addirittura il mestiere di birraio.
Tavoletta assira risalente al 2500 a.C.
Pare che fossero addirittura venti le qualità di birra disponibili sul mercato di Babilonia, anche se quelle più diffuse erano quattro: “bi-se-bar”, una comune birra d’orzo, “bi-gig”, una birra scura normale, “bi-gig-dug-ga”, una birra scura di elevata qualità, e “bi-kal”, il prodotto migliore. La birra aveva anche un significato religioso e rituale, infatti, era bevuta durante i funerali per celebrare le virtù del defunto e veniva offerta alla divinità per garantire un tranquillo riposo al trapassato. Altra tradizione è che la dea della vita Ishtar, divinità di primissimo piano nel pantheon assiro-babilonese, traesse la sua potenza proprio dalla birra.
Raffigurazione della Dea Ishtar
Successivamente, la diffusione della birra attraversò il Medio Oriente. Da alcune antiche iscrizioni si evince la ricetta araba: la materia prima del birraio era costituita da pani d’orzo germinati e cotti, che fornivano il malto. Quest’ultimo, sbriciolato ed aggiunto di acqua, dava vita ad una fermentazione alcolica spontanea, trasformandosi in birra. In quel periodo già esistevano diverse tipologie di birre: birre scure, chiare, rosse, forti, dolci e aromatiche. Inoltre, si usavano nomi diversi per indicare birre prodotte con cereali differenti: le “sikaru” erano d’orzo, le “Kurunnu” di spelta.
Analoga importanza aveva la birra in Antico Egitto: denominata “zithum”, era la bevanda nazionale. Era una birra dal gusto forte (gli studi archeologici affermano 12° alcolici), aromatizzata con i lupini. Fin dall’infanzia si abituavano i sudditi dei faraoni a bere questa bevanda, considerata anche alimento e medicina. Particolare l’uso di somministrare birra a basso tenore alcolico o diluita con acqua e miele ai bambini in svezzamento quando le madri non avevano latte.
Statuetta egizia raffigurante la lavorazione dei cereali
Anche i Greci conoscevano e apprezzavano la birra e ne consumavano parecchia, soprattutto in occasione delle feste in onore di Demetra, dea delle messi.
In Italia furono gli Etruschi i primi a bere e produrre birra, “contagiando” anche i Romani. Importanti personaggi della società romana diventarono, infatti, accaniti consumatori di birra, come ad esempio Agricola, governatore della Britannia, che una volta tornato a Roma nell’83 d.C. si portò al seguito tre mastri birrai da Glevum (l’odierna Gloucester) e aprì il primo “pub” della nostra Penisola.
Tra i cosiddetti popoli barbarici si trovavano i più strenui bevitori di birra: i Germani e i Celti. I Celti si erano stanziati principalmente in Gallia e in Britannia, ma la loro civiltà, si sviluppò principalmente nella verde Irlanda. Infatti, la nascita del popolo irlandese è dovuta, secondo una leggenda, ai Fomoriani, creature mostruose dal becco aguzzo e dalle gambe umanoidi, che avevano la potenza e l’immortalità grazie al segreto della fabbricazione della birra.
Il Medioevo vide la birra protagonista soprattutto per merito dei monasteri, che operarono un decisivo salto di qualità nella produzione della bevanda, introducendo anche alcuni nuovi ingredienti, tra i quali il luppolo. Prima della sua diffusione, infatti, le birre venivano aromatizzate con erbe, spezie, bacche e cortecce d’albero.
Miniatura medioevale raffigurante un monaco dedito alla lavorazione della birra
L’infiorescenza di luppolo presenta delle ghiandole che producono un liquido giallo e appiccicoso, dal caratteristico sapore amaro e aromatico, che svolge anche una azione antisettica e conservante nella birra. La più antica “birreria” monastica è quella della abbazia di Weihehstephan, nei pressi di Monaco di Baviera, costruita nel 724. Anche le suore avevano tra i loro compiti manuali quello di fabbricare la birra, che in parte destinavano al consumo dei malati e dei pellegrini.
Antica raffigurazione dell’abbazia di Weihehstephan
In Gran Bretagna la birra, chiamata “ale”, era tipicamente prodotta dalle massaie inglesi e messa a disposizione delle feste parrocchiali, dove veniva venduta a scopo di beneficenza per la manutenzione di chiese e conventi. In Inghilterra la birra diventò bevanda nazionale in quanto l’acqua usata per la sua produzione veniva bollita e sterilizzata, quindi la birra rappresentava una garanzia in un periodo in cui l’acqua era spesso infetta. Soltanto dopo il Rinascimento questa piaga cessò. Una curiosità: in Inghilterra il luppolo venne introdotto assai tardi nella birra nazionale, che continuò a chiamarsi ale, in contrapposizione dei prodotti continentali luppolati, detti “beer”.
Nel 1516 in Baviera venne promulgato il Reinheitsgebot, l’editto sulla purezza. Per legge venne stabilito che la birra poteva essere prodotta solamente con malto d’orzo, acqua e luppolo, bandendo qualsiasi altro ingrediente: tale legge è tuttora vigente in Germania.
L’editto dello Reinheitsgebot
Nei tre secoli dopo la scoperta dell’America, in tutta l’Europa andarono sviluppandosi numerose tipologie birrarie, tutte basate sull’alta fermentazione, l’unico sistema di produzione allora conosciuto. Verso la metà del 1800 furono eseguiti studi specifici sul lievito e il risultato fu la produzione della birra a bassa fermentazione, che oggi è di gran lunga la più diffusa al mondo. Infine, altra importante innovazione, fu l’introduzione di un nuovo lievito selezionato, più adatto rispetto al Saccharomyces cerevisiae, il cosiddetto Saccharomyces carlsbergensis, che prende il nome dalla birreria danese che per prima ne isolò il ceppo.
Puoi scoprire l’evoluzione della storia della birra nelle pagine dedicate all’età moderna della birra nel mondo, e alla storia della birra in Italia.