La birra, secondo la ricetta tradizionale imposta dallo Reinheitsgebot, l’editto della purezza promulgato in Baviera nel 1516, è prodotta a partire da malto d’orzo, acqua e luppolo.
L’acqua è l’ingrediente prevalente (90%), ma il malto è sicuramente quello più caratterizzante. Per produrre il malto d’orzo, si parte dai semi di orzo, che vengono fatti germogliare mediante la bagnatura ed il mantenimento a temperature adeguate a favorire lo sviluppo delle piantine (in genere 15°C).
Cariossidi di orzo germinate
La germinazione del chicco consente lo sviluppo degli enzimi che permetteranno poi di trasformare l’amido, la sostanza di riserva farinosa contenuta all’interno del seme, in zuccheri solubili in acqua. La germinazione avviene su piani di germinazione nell’arco di 5-6 giorni.
Quando i germogli misurano tre quarti della lunghezza del chicco, il malto verde così ottenuto viene essiccato in appositi forni per due giorni: le diverse modalità con cui può essere effettuato questo processo danno origine a vari tipi di malto di diverso colore, in grado di conferire un carattere particolare al prodotto finito. Dopo questa operazione, i chicchi diventano croccanti e assumono un gradevole sapore, tanto che li si utilizza, oltre che per produrre la birra, anche per realizzare altre bevande (per esempio il whisky di malto), nonché biscotti e cereali per la prima colazione.
Successivamente l’orzo maltato è introdotto in un molino, che lo riduce in una farina grossolana, poi diluita in acqua calda (il rapporto è di 200/400 litri di acqua per ogni quintale di malto). La maggior parte delle attuali birre industriali prevede anche l’impiego di altri cereali quali mais, frumento, riso, al fine di conferire un gusto più pieno ed equilibrato.
La miscela così ottenuta, denominata “mash”, viene immessa in una caldaia riscaldante e mescolata al fine di ottenere un insieme omogeneo.
Sala cottura;
Questa fase, denominata amilasi, avviene a una temperatura di 63 °C, dura circa trenta minuti e trasforma l’amido in destrine e maltosio: le prime danno alla birra il tipico gusto “pieno”, mentre il secondo fermenta. Il mosto viene poi filtrato e separato dalle trebbie, ovvero dalle crusche del malto d’orzo.
Mosto di birra pronto allo svolgimento della fermentazione primaria
Una volta filtrato, il mosto viene bollito una seconda volta per circa due ore. In tale fase è aggiunto il luppolo, dotato di proprietà amaricante ed aromatizzante, e caratterizzato specificamente in funzione della varietà e dell’origine (quantità variabile fra i 200 e i 600 grammi per ettolitro). Oltre a donargli il caratteristico aroma, il luppolo chiarifica la birra, rallenta la riproduzione dei batteri (per una conservazione ottimale) e migliora la stabilità della spuma.
Luppolo in pellet, impiegato nell’industria birraria
In questa fase della lavorazione ulteriori accorgimenti daranno alla futura bevanda i suoi caratteri identificativi: chiara o scura, forte o leggera, dolce o amara, pastosa o secca.
Conclusa la cottura, il mosto si appresta ad abbandonare quello che viene considerato il “cuore” della birreria, ovvero i locali che ospitano le grandi caldaie di cottura. Segue una fase di decantazione, quindi la fermentazione alcolica, che determina la trasformazione degli zuccheri provenienti dal malto in alcol. Si distinguono due fasi: la fermentazione principale e quella secondaria (o maturazione).
La fermentazione principale può essere condotta secondo due “filosofie”: alta o bassa fermentazione.
La prima è sviluppata dal microrganismo fungino Saccharomyces cerevisiae, che svolge il processo ad una temperatura compresa tra 16 e 23 °C. In questo caso l’azione del lievito è estremamente rapida, e si conclude nell’arco di tre -quattro giorni. Le birre che si ottengono con questo metodo sanno esprimere sapori e aromi particolarmente intensi, ma sono oggi poco diffuse.
La bassa fermentazione è condotta dal ceppo fungino Saccharomyces carlsbergensis, tra i 5 e gli 8 °C. Verso la fine del processo di fermentazione, che può durare fino a due settimane, questo lievito tende a creare dei fiocchi, che salgono verso la superficie. Le birre prodotto in questo modo hanno generalmente un gusto pulito e sono leggere e fragranti.
Immagine al microscopio di lieviti Saccharomyces
Giunta a compimento la fermentazione primaria, la birra viene travasata in un serbatoio in cui avverrà la fermentazione secondaria, ovvero una stagionatura, di durata variabile fra le quattro e le sei settimane, che conclude la “maturazione” della bevanda in modo naturale e determina la presa di spuma.
Sala fermentazione
A questo punto, mentre alcune delle classiche birre ad alta fermentazione proseguono la loro maturazione in fusti o in bottiglie, la maggior parte delle altre viene sottoposta a un passaggio finale mediante progressive operazioni di filtraggio, che hanno lo scopo di eliminare tutto il lievito rimasto ancora in sospensione ed ottenere un prodotto limpido e con un basso livello di torbidità.
Nelle birre artigianali la maturazione può essere condotta direttamente in bottiglia, con la formazione di un deposito del tutto naturale.
Fase di imbottigliamento della birra
Conclusi tutti questi passaggi, la birra può essere sottoposta ad una ulteriore fase di stabilizzazione mediante pastorizzazione, per garantirne la perfetta conservazione durante il periodo di permanenza nei depositi e poi fino al momento del consumo.
Processo produttivo della birra
Con questa breve descrizione della produzione della birra si aprono molti spunti di approfondimento per i nostri lettori: dalla storia delle origini di questa antica bevanda alle tecniche di degustazione, dallo studio delle diverse tipologie di malti e di cereali impiegati alla notevole varietà di luppoli impiegabili, dall’analisi dei gusti e dei sapori delle birre industriali a quelle artigianali, dall’abbinamento con i cibi all’uso della birra come ingrediente di appetitosi piatti…a molte di queste domande tenteremo di fornire risposte esaurienti nel corso delle rubriche di approfondimento che trovate qui elencate:
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