Le birre senza glutine sono dei prodotti di particolare interesse, in quanto indirizzate specificatamente ai soggetti affetti dal morbo celiaco. Come tutte le produzioni alimentari gluten free, l’attenzione delle imprese produttrici è rivolta verso la messa a punto di nuovi metodi di produzione e sviluppo di tecnologie capaci di redere questi alimenti il più simili possibile dal punto di vista organolettico e nutrizionale agli omologhi con glutine.
Nel settore birrario, vi sono alcuni problemi tecnici e normativi, che limitano spesso la produzione di questa tipologia da parte dei birrifici artigianali. Affrontare la trattazione delle birre senza glutine e delle modalità di produzione, richiede in primo luogo la definizione di “glutine”, la conoscenza dell’origine di questa sostanza, la sua influenza nel processo produttivo della birra ed il rapporto con la dieta umana.
Chimicamente, il glutine è una macromolecola lipoproteica, costituita in seguito ad idratazione ed unione di due proteine (gliadina e glutenina) presenti principalmente nell’endosperma dei semi di cereali e degli sfarinati da essi derivati. Orzo, frumento, farro, segale e kamut sono ricchi in glutine, ma alcuni cereali (e simil-cereali) ne sono privi: riso, mais, grano saraceno, miglio, amaranto e quinoa.
Nella produzione della birra, che di norma fa uso di malto d’orzo ed eventuali altri cereali contenenti gliadina e glutenina, si verifica la reazione di formazione del glutine. In dettaglio, durante fase di ammostamento, l’amalgama delle sostanze farinose dell’endosperma dei chicci in presenza di acqua permette la reazione tra gliadina e glutenina che, insieme, formano appunto il glutine. Quesa sostanza, pur non essendo un componente essenziale per la caratterizzazione qualitativa ed organolettica del prodotto finito, risulta presente in quantità potenzialmente dannosa per i soggetti celiaci. Durante la digestione intestinale, infatti, il glutine si idrolizza in peptidi, formando frammenti di dimensione relativamente corta. Il frammento 31-49, costituito da 19 amminoacidi, in soggetti sensibili provoca reazioni immunitarie abnormi, che attivano i linfociti T, i quali, non trovando organismi estranei, attaccano le cellule dei villi intestinali. Questa condizione patologica prende il nome di morbo celiaco.
Le birre senza glutine possono essere realizzate seguendo due vie produttive:
- utilizzo di materie prime già prive di glutine, quindi, ricorrendo solo ai cereali o simil-cereali già citati in precedenza (mais, riso, miglio,…). Questa tipologia di birre risulterà affetta a livello organolettico da una certa diversità rispetto alle birre tradizionali, proprio a causa dell’impiego di materie prime molto differenti da quelle classiche. Inoltre, per legge, queste bevande in Italia non possono essere chiamate “birra”, perché tale denominazione è riservata soltanto alle bevande che contengono orzo o malto d’orzo, quindi saranno contrassegnate con la dicitura “bevanda di – es. riso – alcolica”;
Cereali e simil-cereali impiegati nella produzione della birra.
- sottrarre il glutine dalle birre prodotte con malto d’orzo e altri cereali con glutine. Questo secondo metodo, applicabile su tutte le birre, è quello che consente di ottenre prodotti più simili alle tradizionali birre con glutine. Si tratta della tecnologia produttiva attuata prevalentemente a livello dei birrifici industriali per la produzione delle birre gluten-free, che può essere anche replicata sugli impianti di piccole dimensioni dei microbirrifici. Naturalmente, richiede la messa a punto del processo produttivo e lo studio di ricette idonee. La criticità risiede nel fatto che è necessario, in questo secondo caso, avere la certezza della completa riuscita del trattamento di eliminazione del glutine; quindi è indispensabile un’attenta conduzione del processo di birrificazione ed è consigliata la realizzazione di analisi chimiche per ogni lotto di produzione per garantire l’assoluta sicurezza del consumatore.
Dal punto di vista normativo, la legge di riferimento è il Regolamento CE 41/2009, entrato ufficialmente in vigore dal 1 gennaio 2012. Da questa data, tutti i prodotti commercializzati in Unione Europa con la dicitura “senza glutine” o “gluten-free” (e analoghe traduzioni) devono garantire concentrazioni di glutine inferiori al limite dei 20 ppm e possono, quindi, essere consumati con tranquillità dai celiaci.
Inoltre, sono stati pubblicati dal Ministero della Salute degli elementi esplicativi del Regolamento stesso all’interno della Circolare ministeriale del 5 novembre 2009 (Linee di demarcazione tra integratori alimentari, prodotti destinati ad una alimentazione particolare e alimenti addizionati di vitamine e minerali – Criteri di composizione e di etichettatura di alcune categorie di prodotti destinati ad una alimentazione particolare), i cui elementi rilevanti sono di seguito indicati:
- la dicitura “senza glutine” è di natura volontaria per qualsiasi prodotto del libero commercio, per cui se le aziende produttrici sono in grado di garantire l’assenza di glutine (limite massimo 20 ppm) è consentita la relativa dicitura;
- i prodotti dietetici senza glutine restano soggetti alla procedura di notifica (decreto legislativo 111/92);
- il Regolamento ha sancito che possono essere definiti “senza glutine” anche i prodotti dietetici ottenuti con l’impiego di materie prime derivanti da cereali contenenti glutine, ma opportunamente trattate affinché garantiscano un contenuto in glutine inferiore a 20 ppm nel prodotto finito.
Il Marchio Spiga Barrata dell’’Associazione Italiana Celiachia.
Al fine di permettere il facile riconoscimento dei prodotti senza glutine, tra cui le birre, l’Associazione Italiana Celiachia ha ideato il Marchio Spiga Barrata, di cui possono fregiarsi i soli prodotti autorizzati, permettendo così di evidenziare e pubblicizzare al consumatore celiaco l’idoneità del prodotto rispetto alle sue esigenze alimentari.