Tratto da La birra nel mondo, Volume V, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Wexford/Irlanda
Microbirrificio, nel capoluogo dell’omonima contea nella parte sud-orientale dell’isola, con una lunga storia alle spalle.
Nel 1965 Simon Lambert acquistò un pub nel centro di Wexford. Alla sua morte, nel 2006, subentrarono i figli Nicky e Simon, oggi gestori del Simon Lambert & Sons Pub & Restaurant.
Con la crisi economica del 2008 e con altri 20 pub della città che servivano tutti le stesse birre tradizionali, i fratelli Lambert cominciarono col proporre birre d’importazione. Poi, constatando che nel Paese non c’erano molti birrifici artigianali, nel 2009, provarono a fare la birra da sé, installando nel pub un impianto da 2 ettolitri e assumendo il birraio Declan Nixon.
Le cose si misero subito dal verso giusto, tanto che, per soddisfare la domanda, nel 2016 si rese indispensabile l’installazione di un nuovo impianto da 10 ettolitri nel seminterrato.
L’anno successivo avvenne addirittura il trasferimento sulle Whiterock Hill, in un sito capace di ospitare un impianto personalizzato proveniente da BrewDog e una Wild Goose Canning Line. Non è comunque cambiata la filosofia produttiva: al birrificio interessano poco le stout e red ale di tradizione irlandese; sulla scia della Craft Beer Revolution, ama mettersi in gioco con birre luppolizzate e acide, creazioni stagionali e occasionali, in un’inarrestabile evoluzione. Non mancano comunque birre disponibili tutto l’anno.
YellowBelly Citra Pale Ale, american pale ale di colore dorato e dall’aspetto lievemente velato (g.a. 4,8 %). Utilizza malti belgi e tedeschi, lievito americano e il solo luppolo Citra. La carbonazione è piuttosto contenuta; la schiuma bianca come la neve, fine, compatta, cremosa, di ottima tenacia e allacciatura. L’aroma, intenso ed espressivo, spande profumi di malto, lievito, caramello, fiori di sambuco, agrumi, paglia, aghi di pino, frutta tropicale, luppolo a base di erbe. Il corpo medio tende al leggero, in una consistenza peraltro abbastanza acquosa. Il gusto, fresco e asciutto, è appannaggio degli agrumi, la cui acredine è mitigata da pane, cracker, frutta a pasta gialla; mentre malto, lievito e luppolo sembrano decisi a rimanere alla finestra. La media durata del percorso termina tra note piccantine di erbe secche. Un amarognolo resinoso di olio di pino caratterizza la sfuggente persistenza del retrolfatto.
YellowBelly Hopped In Space, india pale ale di colore tra l’arancio e l’ambrato e dall’aspetto nebuloso (g.a. 5,9%). Utilizza cinque tipi di malto e tre varietà di luppolo anche in dry hopping. La carbonazione è da leggera a media; la schiuma, di un bianco sporco, abbastanza generosa, fine, spessa, cremosa, sufficientemente stabile e aderente. Il bouquet olfattivo non ha tanta ampiezza ed eleganza; ma si difende bene con la freschezza e la pulizia dei suoi profumi di malti tostati, lievito, agrumi, frutta tropicale, abete rosso, luppolo resinoso. Il corpo medio ha la tipica trama a chiazza di petrolio. Note biscottate e caramellate aprono le danze nel percorso gustativo di durata discreta; seguono a ruota quelle ancora dolci della frutta tropicale matura; inizia quindi l’ingresso lento ma deciso degli aghi di pino e della scorza di pompelmo, di erbe aromatiche e luppolo terroso. Il finale si ritrova ingarbugliato in un aspro amarore vegetale, resinoso e di scorza di pompelmo. Discreta anche la persistenza del retrolfatto, dove le sensazioni amaricanti richiamano abbastanza fedelmente le erbe aromatiche avvertite al palato.
Stagionale
YellowBelly Castaway, berliner weisse di colore dorato lievemente sfumato e dall’aspetto torbido (g.a. 4,2%); una speciale. La carbonazione è abbastanza vivace; la schiuma bianca, abbondante, sottile, compatta, durevole e aderente. L’aroma di apre morbido, acidulo, con un intenso e piacevole fruttato (frutti di bosco, bacche acide, frutta tropicale aspra), in primo piano e più in secondo, malto, lattosio, grano, agrumi, vaniglia, luppolo floreale. Il corpo medio tende decisamente al leggero, in una spiccata consistenza acquosa. Notevole l’equilibrio gustativo iniziale tra la dolcezza tropicale e l’acidità legnosa; poi quest’ultima si affievolisce lentamente lasciando campo libero alla prima. Nel finale s’impone l’asprezza in un guazzabuglio di frutta acida, vino bianco, legno, grano, lievito. Nella secchezza del retrolfatto si esalta un agrodolce per niente spiacevole.