Tratto da La birra nel mondo, Volume V, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Amsterdam/Paesi Bassi
Aart van Bergen, sassofonista nello Starlight Jazz Trio, si divertiva a far la birra in casa cercando di replicare quella bevuta nei pub della città.
Nel 2013, insieme all’amico Peter Harms, mise su la beer firm De Vriendschap, appoggiandosi per la produzione alla Sallandse Landbier Brouwerij di Raalte.
Dopo aver inaugurato l’anno precedente un piccolo impianto nel centro culturale Melkweg di Amsterdam, nel 2015 i due si separarono.
Peter prese a gestire la beer firm De Vriendschap, che chiuderà l’anno dopo. Aart invece aprì, sempre nel 2016, una nuova beer firm, Walhalla Craft Beer, servendosi dei birrifici Huttenkloas di Albergen e Oproer di Utrecht.
Infine, nel 2017, tramite una campagna di crowfunding, raccolse i fondi per aprire, in una vecchia officina meccanica ristrutturata, il birrificio/brewpub Walhalla Brouwerij & Proeflokaal.
La gamma di offerte comprende birre prodotte tutto l’anno, birre stagionali e altre in edizione limitata, come la serie Daemon.
Walhalla Daemon #4 Baba Yaga, imperial stout di un impenetrabile colore nero come la pece (g.a. 10,2%). Quarta birra della serie Daemon, realizzata con sei tipi di malto e luppoli americani, fu messa in commercio a novembre del 2017. Il nome invece, come per tanti altri prodotti della casa, s’ispira alla mitologia (in questo caso, slava) di cui Aart van Bergen è appassionato. La carbonazione è abbastanza contenuta; la schiuma, di un marrone chiaro, ricca, sottile, compatta, cremosa, di buona tenuta e allacciatura. L’aroma, non certo esplosivo ma molto pulito, si apre dolciastro, delicatamente tostato e piuttosto fruttato: una miscellanea organica, sotto l’egida di un discreto calore alcolico, di malto, liquirizia, caramello, frutti tropicali, melassa, ribes nero, biscotto, mirtillo, cioccolato fondente, resina di pino. Il corpo medio tende al leggero, pur in una consistenza alquanto spessa, quasi oleosa. Il gusto attacca con una lieve dolcezza, rivela presto però la sua vera indole, con l’amaro del caffè e del cioccolato, con l’acidità delle tostature, che portano a un lungo finale secco e aspro. L’etanolo, che si è limitato a intiepidire il percorso gustativo, non ha più remore nel retrolfatto, e, nelle vesti di frutta sotto spirito, sa farsi apprezzare per la sua forza capace d’infervorare ma senza bruciare.