Tratto da La birra nel mondo, Volume IV, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Niles, Illinois/USA
Jerry Nelson cominciò a farsi la birra da sé, insieme a qualche compagno nelle baracche di alloggiamento, quando, nel 1995, era marine in California. Poi lasciò l’esercito, tornò nella nativa Chicago, si laureò e cominciò a lavorare come architetto abbandonando l’homebrewing.
Ritornò alla birra nel 2007, allorché un amico gli chiese di ragguagliarlo sul funzionamento del kit che gli era stato regalato. Allora, navigando su Internet, si rese conto delle risorse disponibili che negli anni ’90 non esistevano assolutamente, e subito scattò la scintilla.
Senza lasciare il lavoro, frequentò un corso al Siebel Institute e prese a costruirsi da sé l’impianto, utilizzando componenti di seconda mano. A settembre del 2013, con un impianto da 17 ettolitri, nasceva Une Année, in un piccolo spazio nel quartiere Fulton Market di Chicago.
Nel 2015, in alternativa alle solite birre d’ispirazione belga, Jerry sviluppò una linea in stile americano, chiamata Hubbard’s Cave, dal nome del vicino tunnel Hubbard Street.
Alla fine del 2016 infine, per potersi ampliare e, insieme, dotarsi di una taproom, si trasferì nel sobborgo di Niles, nelle vicinanze peraltro della propria abitazione.
Une Année Maya, belgian strong golden ale di colore arancio intenso tendente all’ambrato e dall’aspetto torbido (g.a. 7,6%); dedicata alla figlia del fondatore, con debutto in occasione del primo compleanno. La carbonazione è piuttosto vivace; la schiuma biancastra, voluminosa, di buona compattezza e cremosità, ma di non così lunga durata e significativa allacciatura. L’aroma si propone molto gradevole, con buon equilibrio e complessità: malto, caramello, frutta tropicale, pane tostato, zucchero di canna, banana, mou, noci, all’apertura e a seguire, fiori, pino, lievito fruttato, luppolo agrumato e un mix di spezie (coriandolo, pepe, scorza d’arancia, cannella, chiodi di garofano) che avvolgono peraltro sentori secchi, rustici ed erbacei. Il corpo medio ha una trama alquanto sciropposa, anche lievemente appiccicosa. L’equilibrio gustativo non fa una grinza, con una pregevole luppolizzazione che regge a meraviglia il confronto con la solida base di biscotto, miele e soprattutto agrumi canditi, addirittura supportata dall’albicocca e dalla pesca sciroppata. Una timida nota amara di scorza d’agrumi s’insinua nella lieve acidità fruttata del lungo finale. Impressioni piccanti di lievito e un delicato calore alcolico caratterizzano invece la discreta persistenza retrolfattiva.