Tratto da La birra nel mondo, Volume IV, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Stoccarda/Germania
La sua storia ebbe inizio nel 1872, allorquando avvenne, sotto il nome di Württembergisch-Hohenzollersche, la fusione della birreria monastica di St. Luzen, vicino a Hechingen, e il birrificio di Stoccarda Englischer Garten, nato nel 1867 in Böblinger Straße.
Nel 1933 la società fu ribattezzata Stuttgarter Hofbräu, col prefisso Hof per il titolo di Hoflieferant conferitole nel 1883 da re Karl von Württemberg.
Nel 2004 il gruppo Radeberger rilevò il 49% delle azioni per arrivare, nel 2010, all’acquisto totale.
La produzione, che già nel 1981 superava il milione di ettolitri annui, verte, a parte le birre di frumento, sulla bassa fermentazione. Non pastorizzati, i prodotti della Stuttgarter Hofbräu presentano, rispetto a quelli degli altri birrifici locali, una dolcezza più spiccata.
Birra tradizionale infine della città di Stoccarda, è uno dei tre marchi serviti alla Cannstatter Volksfest.
Stuttgarter Hofbräu Herrenpils, pilsener di colore dorato pallido (g.a. 4,6%). La carbonazione è parecchio attiva; la schiuma bianca, minuta, solida, cremosa, di buona tenuta. L’aroma si libera dolciastro, anche abbastanza granuloso, con malto, fieno, paglia, erbe e, in secondo piano, luppolo alquanto piccante. Il corpo, piuttosto leggero, ha peraltro una decisa consistenza acquosa. Un sottile amarore caratterizza l’intero percorso gustativo, potendo contare sulla solida base allestita dal cereale per tenere in piedi un apprezzabile equilibrio. Un erbaceo secco e pulito continua imperterrito nel corto finale. Ancora amare le sensazioni del retrolfatto, si distendono blandamente in compagnia di un piacevole malto morbido e fresco.
Stuttgarter Hofbräu Pilsner, pilsener di colore giallo paglierino (g.a. 4,9%). La carbonazione è bell’e sostenuta; la schiuma bianca prorompe con una cresta fine, compatta, cremosa, tenace. L’aroma si esibisce con un acuto luppolo speziato dai sentori floreali, mentre pian piano emergono dal fondo malto, grano, agrumi, lievito, pane, mela verde, pera, kompot. Il corpo medio può contare su una consistenza abbastanza acquosa. Il gusto, di un gradevole malto dolce e croccante, fa il bello e il cattivo tempo fin poco oltre la metà del percorso, quando deve scendere a compromesso e mettersi al servizio di un luppolo erbaceo col compito di portare la bevuta al top dell’equilibrio. Il finale sembra più propenso a ripulire il palato con la propria secchezza e togliere l’incomodo. Morbide impressioni, prima acidule, poi amarognole, improntano la breve persistenza del retrolfatto.