Tratto da La birra nel mondo, Volume IV, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Escondido, California/USA
È il più grande birrificio della California meridionale, e l’ottavo artigianale degli Stati Uniti, con oltre 400 mila ettolitri annui, distribuiti in 40 stati americani, in Asia e in Europa.
Greg Koch aveva uno studio/sala prove a Los Angeles frequentato anche da Steve Wagner. Dopo qualche anno, i due si ritrovarono per caso a un corso di degustazione della birra. Ebbe inizio il loro homebrewing, nella cucina di Steve, peraltro con maggiore esperienza in materia. Da parte sua, Greg prese a interessarsi della raccolta fondi presso potenziali investitori.
Dopo quattro anni di esperimenti, nel 1996, fu infine inaugurata la Stone Brewing a San Marcos, destinata a una grande espansione nel giro di pochi anni. Merito anche, bisogna riconoscerlo, del birraio Mitch Steele che però, nel 2016, lasciò la Stone per andare a mettersi in proprio.
Col trasferimento, nel 2006, a Escondido, il birrificio ospita anche Stone Brewing World Bistro & Gardens, nonché Stone Company Store. Mentre dal 2013 furono aperte altre location del genere a Oceanside, Pasadena, San Diego.
Addirittura, nel 2016, con un investimento da 25 milioni di dollari, fu aperta una succursale a Berlino, nel periferico quartiere Mariendorf, in un edificio del 1901 adibito in precedenza al trattamento di gas industriale. Anche questo birrificio, Stone Brewing Berlino, dal quale cominciarono presto a partire lattine per quasi tutti i paesi europei, venne dotato di Stone Brewing World Bistro & Gardens. Ma, nell’aprile del 2019, l’intera attività di Stone Brewing-Berlin fu venduta alla scozzese BrewDog.
La prima birra uscita dallo stabilimento di San Marcos, e considerata la sua ammiraglia ma ritirata nel 2015, era la Stone Pale Ale. Una american pale ale ambrata (g.a. 5,4%), dall’elegante aroma fruttato e caramellato e dal gusto molto pulito ed equilibrato, in cui le iniziali note dolci venivano pian piano fagocitate da un intenso amaro resinoso.
La fortuna invece del birrificio è stata la Arrogant Bastard Ale, una birra, ironia della sorte, nata per sbaglio e diventata il marchio più noto della compagnia.
La maggior parte delle birre Stone hanno le caratteristiche artigianali della West Coast, con alto contenuto di luppolo ossia.
Arrogant Bastard Ale, american strong ale di colore ambrato intenso con riflessi rame antico e rubino e dall’aspetto lievemente velato (g.a. 7,2%); il prodotto più suggestivo della casa che ha meglio contribuito a consolidare la sua fama. La denominazione preannuncia adeguatamente un carattere difficile, estremo nella sua aggressività e arroganza. È il luppolo a fare la parte del leone ruggente: stordisce l’olfatto e aggredisce il palato. Proprio come la belva che ti annienta con la cera per subito sbranarti. La componente maltata che vorrebbe appoggiare il gusto ha quindi poche chance per emergere. Ma, bando agli allarmismi, chi ha sensibilità ai profumi e ai sapori forti potrà apprezzare le virtù di uno spirito così bellicoso. Nacque per sbaglio, nel 1995. Steve aveva appena acquistato un nuovo impianto casalingo e stava facendo i lotti pilota di quella che diventerà poi la Stone Pale Ale. Per errore di calcolo nell’adattamento della ricetta a un impianto più capiente, fu utilizzato un carico eccessivo di malti e soprattutto di luppoli. Alla resa dei conti, la birra risultò fantastica. Ma… c’era la consapevolezza che praticamente nessun bevitore abituale di birra l’avrebbe apprezzata per la sua incredibile intensità. L’anno successivo avvenne l’apertura del birrificio, non certo sotto i migliori auspici. Riunitosi il consiglio direttivo per decidere le strategie commerciali al fine di garantire la sopravvivenza dell’azienda, a qualcuno venne l’idea di rispolverare quella birra sbagliata che sicuramente avrebbe incuriosito la gente. Cautamente, fu prima messa in vendita, nello spaccio del birrificio, una serie di bicchieri con la serigrafia Arogant Bastard Ale. La loro vendita in pochissimo tempo incoraggiò la produzione della birra che, dopo numerosi tentativi di affinamento, il primo novembre del 1997 esordì in un affollatissimo Pizza Port di Carlsbad. Fece il resto un’aggressiva campagna di marketing che lanciava la sfida nei confronti di bevitori “non degni” di berla. La nuova birra funzionò come un traino per tutte le altre, portando molti novizi della Craft Beer Revolution americana a scoprire birre per loro inusuali. Già nel 2004 si cominciò a smussare gli spigoli della birra sfruttando le sottili note di vaniglia derivanti dai chip di quercia. E il successo ne fece ovviamente nascere molteplici variazioni. Dal 2015 Arrogant Bastard opera addirittura come una propria linea di prodotti, Bastard Brewing, realizzata in birrerie multiple in tutto il Paese. La carbonazione è molto contenuta; la schiuma color crema, densa, pannosa, estremamente compatta e duratura. All’olfatto, subito si sprigionano profumi intensi e decisi, erbacei e resinosi, legnosi e terrosi, che relegano in secondo piano sentori di prugna e uvetta, toffee e zucchero caramellato, crosta di pane e miele di castagno. Il corpo medio presenta la tipica consistenza oleosa. Sapori di malto, lievito, frutta secca, caramello, agrumi, sono costretti a reggere il moccolo con la loro solida base, intando che defluiscono su di essa note amare, erbacee e resinose, con blandi richiami di caffè, fumo, cioccolato fondente. Nel frenetico finale, resina e terra, alcol e attenuazione, hanno solo il compito di stroncare sul nascere qualsiasi accenno di dolcezza della scalpitante base maltata. Le suggestioni della lunga persistenza retrolfattiva sembrano voler proseguire nell’orientamento della degustazione: secche e amare, insufflate di terra, resina, tostature.
Stone Smoked Porter, smoked porter di colore marrone con riflessi rossastri e dall’aspetto a malapena nebuloso (g.a. 5,9%). Nacque a dicembre del 1996 come seconda produzione. Doveva essere un’offerta solo per l’inverno, invece successivamente entrò in pianta stabile. Sua peculiarità è l’affumicato, inteso come uno degli elementi compositivi, non il principale. Con un’ef-fervescenza piana, la schiuma beige fuoriesce sottile, compatta, cremosa, di ottina stabilità e aderenza. L’aroma si esprime tenue, ma asciutto e pulito, a base di malti scuri, orzo tostato, caffè, lievito, cioccolato, frutta secca: il tutto in un blando alone di fumo. Il corpo medio tende al leggero, in una consistenza alquanto cremosa, comunque liberamente scorrevole. Il gusto si snoda invece intenso, concitato e morbido, insieme: note di caffè e cioccolato portano l’accento della sottile affumicatura dei malti, la stessa che non fa mancare una rinfrescante punta di acidità. Un delicatissimo luppolo resinoso asciuga compiutamente il palato, agevolando l’ingresso delle suggestioni retrolfattive, avvolte in un’affumicatura amarognola, ai limiti dell’astringenza.
Stone RuinTen Triple IPA, double/imperial IPA di colore dorato carico tendente al rame e dall’aspetto lievemente velato (g.a. 10,8%). Nel 2002 la Stone aveva lanciato la Ruination IPA, la prima double IPA al mondo prodotta regolarmente tutto l’anno e distribuita in bottiglia. Mentre il nome richiamava il contenuto alcolico del 7,7% e, soprattutto, le oltre 100 unità di amaro. Nel 2012, per celebrare il decimo compleanno di una birra che aveva ottenuto riconoscimenti e consensi, elaborò questa Triple IPA. La ricetta non subì sostanziali cambiamenti, a parte l’aumento della percentuale alcolica e della luppolizzazione, nonché l’aggiunta di buccia d’arancia e vaniglia. La carbonazione è davvero modesta; la schiuma bianchiccia, minuta, compatta, cremosa, tenace. L’aroma si libera intenso, fresco, pulito: frutta tropicale, in primo piano e in secondo, agrumi; e non senza qualche sfumatura di caramello, nettarina, vaniglia. Il corpo pieno ha una consistenza oleosa. Nel gusto, l’ingresso è del biscotto e del caramello, avvolti nel calore alcolico enfatizzato dalla vaniglia; sfilano quindi, come in processione, note di frutta tropicale, agrumi, erbe, che anticipano, queste ultime, l’ondata amara dei luppoli. Nel finale si compone uno straordinario, piacevole, delizioso, equilibrio del cereale e del rampicante. La lunga persistenza del retrolfatto è un inno alle calde suggestioni pungenti, piccanti, di pino e di resina.
Stone Imperial Russian Stout, imperial stout di colore nero profondo e dall’aspetto impenetrabile (g.a. 10,5%). Creata nel 2000 e aromatizzata col solo luppolo statunitense Varrior, è considerata una delle migliori imperial stout al mondo. La carbonazione è decisamente modesta; la schiuma nocciola, minuta, densa, cremosa, durevole e aderente. L’olfatto si propone intenso, elegante, persistente, con sentori di malto terrefatto, caffè, pane di segale, cacao amaro, anice, ribes nero; e, più in sottofondo, carbone, fumo di torba, catrame bollente. Il corpo pieno ha una consistenza oleosa un po’ untuosa. Nel gusto, orzo tostato, liquirizia, caramello bruciato, caffè espresso, frutta scura secca, cioccolato fondente, supportati da whisky e porto, si snodano armonicamente, coinvolgendo e deliziando il palato. Nella secchezza ripulente del finale si leva una fresca nota acida da tostature. Tanta frutta sotto spirito riscalda le lunghe suggestioni retrolfattive provenienti da resina e terra, cioccolato e tostature, liquirizia e pan di zenzero.