Tratto da La birra nel mondo, Volume IV, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Johannesburg/Repubblica Sudafricana
Nel 1884 Charles Glass fondò, a Johannesburg, la Castle Brewery per il mercato in crescita di minatori e prospettori. Nel 1992 l’azienda fu rilevata da Frederick Mead, che l’anno precedente aveva costituito l’impresa birraria Natal di Pietermaritzburg, nel KwaZulu-Natal.
Grazie all’apporto di investitori, nel 1895 fu inaugurato un nuovo e più ampio stabilimento a Johannesburg. E, da questo stabilimento, con un impianto che Frederick Mead aveva acquistato dalla statunitense Pfaudler Vacuum Company, uscì la prima birra di fermentazione bassa prodotta nel continente africano, la Castle Lager.
Era una birra indovinata, con le proprietà rinfrescanti ideali in un clima torrido. Il successo fu di tale portata che l’azienda decise di adottare la stessa denominazione per tutti i suoi prodotti, e prese a sviluppare le vendite intorno a essa. Intanto le ditte concorrenti si affrettavano a imitare la sorprendente lager bionda.
Sempre nel 1895 la Castle Brewery trasferì il quartier generale a Londra. Due anni dopo, fu la prima compagnia industriale a quotarsi alla borsa di Johannesburg. Seguì, l’anno successivo, la quotazione anche alla borsa di Londra.
Nel 1899 la Castle Brewery rilevò la Martienssen Brewery di Città del Capo. Tentò successivamente, ma invano, una fusione con la Ohlsonn’s Brewery che controllava l’intera industria birraria del Capo; riuscì comunque a strapparle un accordo per regolamentare la distribuzione dei prodotti presso bar e alberghi.
Nel 1950 trasferì la sua sede e il controllo di Londra a Johannesburg.
Dopo il secondo conflitto mondiale, l’aumento delle tasse determinò il conseguente lievitare dei prezzi, e l’inevitabile depressione della domanda. Con il mercato sfavorevole, nel 1956 la Castle Brewery poté finalmente annettere, non solo la Ohlsonn’s Brewery, anche la Chandler’s Union Breweries.
La prima, costituita a Città del Capo nel 1883 dallo svedese Anders Ohlsonn, produceva la Lion Lager; la seconda, fondata a Ophirton nel 1887 da Charles Chandler, fabbricava la Chandler’s Lager.
E, con le due acquisizioni, la Castle Brewery divenne South African Breweries Limited, informalmente SAB.
Fino al 1990 le operazioni della SAB furono limitate all’Africa meridionale, zona in cui aveva assunto una posizione dominante nel mercato. L’unico investimento extracontinentale, proprio nel 1990, fu l’acquisto di alcune azioni della Compañía Cervecera de Canarias SA nelle Isole Canarie appunto.
Poi l’azienda prese a svilupparsi in una compagnia globale con operazioni sia in mercati già consolidati sia in economie emergenti, come a esempio l’Europa dell’ Est, la Cina, l’India. In Europa, cominciò col rilevare, nel 1955, la Dreher in Ungheria; per arrivare, nel 1999, a mettere le mani sulla storica Pilsner Urquell, facendo subito del suo marchio prestigioso il proprio fiore all’occhiello in tutto il mondo.
E, per raccogliere capitali da destinare alle acquisizioni, proprio nel 1999 aveva formato una nuova holding con sede nel Regno Unito, la SAB plc, trasferendo la quotazione primaria a Londra e il quartier generale a Woking, alla periferia della metropoli.
Si diresse quindi negli USA, mettendo a segno nel 2002 il colpo più grosso: acquistò dal gruppo Atria Inc. la Miller Brewing Company, formando la SABMiller (abbreviazione di South African Breweries Miller) plc.
Dopo di che, la maggiore acquisizione fu quella, nel 2003, della colombiana Cervecería Bavaria, il secondo più grande produttore di birra del Sud America e proprietario dei marchi Aguila e Club Columbia.
Nel corso dell’anno 2005 completò l’acquisizione, iniziata nel 2003, della società Birra Peroni, penetrando dunque nel settore birrario italiano.
Per contrastare lo storico predominio nel Paese della Anheuser-Busch, nel 2008 creò con la Molson Coors la joint venture MillerCoors, con sede a Chicago.
Nel 2011 fu coinvolta nell’improvvisa acquisizione del Foster’s Group, con esclusione del marchio Foster’s Lager nel Regno Unito e in Europa, di proprietà della Heineken.
Ma vediamo la sua posizione globale all’alba dell’acquisto da parte della Anheuser-Busch InBev.
Con circa il 40% degli azionisti inglesi, aveva interessi di produzione e accordi di distribuzione in più di 60 paesi in 6 continenti. Ben 150 erano i marchi fabbricati dalle 108 aziende controllate.
Con una produzione annua di 240 milioni di ettolitri, era, a livello mondiale, seconda solo alla Anheuser-Busch InBev.
Nel suo Paese, controllava il 98% del mercato, con sette stabilimenti, malterie, campi di luppolo. Fabbricava anche analcolici, succhi di frutta, birra di sorgo; era addirittura proprietaria di una catena di hotel. Per concentrarsi infine sulle bevande, aveva venduto la partecipazione in una grande azienda di abbigliamento e comprato il pacchetto azionario di Amalgamated Beverage Industries (ABI), uno dei principali imbottigliatori nazionali di Coca-Cola. E, chiaramente, sponsorizzava le nazionali di calcio e di rugby.
Possedeva altre 14 fabbriche in diversi paesi del continente. Era attiva a livello commerciale e distributivo in 30 stati africani; in 17 di essi, specie nel Nord, operava tramite joint venture con il gruppo francese Castel.
In Mozambico, Swaziland, Botswana, Lesotho, Zimbabwe, aveva il controllo del mercato al 100%. In quest’ultimo Paese, la partecipata National Breweries produceva la serie di birre Castle.
In Algeria, deteneva il 40% in due importanti aziende imbottigliatrici di bibite e in altrettante fabbriche di birra. All’incirca con la stessa quota partecipava, in Marocco, un gruppo proprietario di tre birrifici e di una malteria.
In America Latina, area strategica per i produttori di birra, date le previsioni di crescita nei consumi, aveva il controllo di alcune aziende dell’America Centrale, nonché della peruviana Backus & Johnston.
In India, deteneva quasi il 38% del mercato. Controllava la Shaw Wallage e il gruppo Mysore. Aveva rilevato anche la Foster’s India. Distribuiva inoltre i marchi Peroni, in attesa di produrli direttamente sul posto.
In Cina, aveva una partecipazione del 49% nella CR Snow, una joint venture con China Resources Enterprises. E la CR Snow stava cercando di costituire nel Paese un vero e proprio marchio nazionale, promuovendo una distribuzione capillare del brand Snow; e aveva costruito a tale scopo una nuova fabbrica a Harbin (Heilongjiang) con una capacità di ben 2 milioni 300 mila ettolitri annui.
Sempre in Cina, aveva importanti partecipazioni e interessi nella Zhejiang Qianpi, nella Longjin Anhui. Nel 2004 aveva rilevato anche le attività birrarie del gruppo Lion Nathan che dal 1994 non erano mai riuscite a far profitti.
Aveva costituito di recente, nel Vietnam, una joint venture con il produttore di latte Vietnam Dairy Products per la costruzione di una fabbrica nella provincia di Binh Duong, nel Sud del Paese. Entrando così nell’enorme rete distributiva di un’azienda con oltre 20 mila punti vendita.
E ora passiamo all’Europa.
Nella Repubblica Ceca, controllava la Radegast Pivovar e la Velké Popovice.
In Slovacchia, era azionista di maggioranza della Topvar e della Šariš, aziende che all’inizio del 2007 erano state fuse in un’unica società, Pivovary Topvar.
In Ungheria, possedeva la principale fabbrica del Paese, Köbányai Sörgyár.
In Romania, oltre a controllare il gruppo locale Ursus Breweries, aveva di recente rilevato la Birreria Aurora Brasov (con la produzione di 700 mila ettolitri all’anno) e la Compania de Bere Romania.
In Polonia, controllava la birreria più importante, la Zaklady Piwowarskie w Lezajsku, e deteneva il 15% della Lech Browary.
In Russia, dal 1998 possedeva la seconda birreria nazionale per dimensioni, la Kaluga Brewery. E questo impianto adesso produce anche la Pilsner Urquell che, prima, costituiva il 6% delle birre importate nel Paese. L’azienda inoltre operava sul mercato russo, non solo con diverse marche locali, anche con i brand internazionali Holsten, Miller Genuine Draft. Ed era stata infine già progettata una nuova fabbrica per portare la capacità produttiva in Russia a 8 milioni di ettolitri l’anno.
In Inghilterra, possedeva, dal 2015, la Meantine Brewing Company.
Sul mercato tedesco, operava a livello commerciale, soprattutto con i marchi Pilsner Urquell e Miller, le birre più vendute in Germania.
Nei Paesi Bassi, aveva rilevato, nel 2008, la Grolsch.
Infine la SABMiller era uno dei più grandi imbottigliatori di Coca-Cola del mondo e aveva operazioni d’imbottigliamento di bibite gassate in 14 mercati.
Il 10 ottobre 2016 si concluse l’acquisizione della SABMiller da parte della Anheuser-Busch InBev. Acquisizione, successivamente denominata “fusione” nei mezzi di informazione.
L’acquisizione pose termine all’utilizzo aziendale del nome SABMiller, che diventò una filiale diretta della nuova società, Anheuser-Busch InBev SA/NV (abbreviato in AB InBev), quotata come ABI alla borsa di Bruxelles, come BUD alla borsa di New York e come ANH sul mercato di Johannesburg.
Anche il Foster’s Group divenne una filiale diretta della AB InBev. Ma furono tante anche le cessioni che, per soddisfare le autorità di regolamentazione, la nuova società fu costretta a fare dell’ex SABMiller.
Cedette gli interessi nella MillerCoors al di fuori degli Stati Uniti e Portorico alla Molson Coors che, peraltro, manteneva i diritti su tutti i marchi nel portafoglio MillerCoors per gli Stati Uniti e Porto Rico.
Vendette all’Asahi la Peroni, la Grolsch, la Meantine; nonché l’ex azienda SABMiller Ltd. nell’Europa centrale e orientale (Ungheria, Romania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Russia). Cedette a China Resurces Enterprise il 49% nella CR Snow.
Infine vendette a Coca-Cola Company le attività di Coca-Cola appunto in Africa (Zambia, Zimbabwe, Botswana, Swaziland, Lesotho) e in due paesi dell’America centrale (El Salvador e Honduras).
Castle Lager, lager di colore dorato pallido (g.a. 5%); il prodotto di punta. Una delle birre più vendute e amate nell’Africa meridionale, prodotta in 9 paesi e disponibile in oltre 40 nazioni di tutto il mondo, ultimamente è apparsa in leggero declino, a favore delle premium del gruppo, tra cui Peroni Nastro Azzurro e Miller Genuine Draft. Viene lavorata con malto d’orzo, mais e saccarosio; aromatizzata invece con luppolo sudafricano. Con una media effervescenza, la schiuma bianca sgorga enorme, soffice, pannosa e si dissolve lentamente lasciando un bel pizzo al vetro. L’olfatto, pulito e granuloso, propone sentori di malto, agrumi, pane bianco, erbe, cereali con sfumature fruttate, paglia, luppolo floreale e speziato. Il corpo, da leggero a medio, ha una consistenza distintamente acquosa. Il gusto, delicatamente luppolizzato, defluisce su fondo dolciastro di mais, paglia, pane bianco, scorza di limone candita, erogando, in prossimità del traguardo, una rinfrescante punta di acido. Il finale, lievemente erbaceo, appare alquanto pungente. Lo sfuggente retrolfatto sfuma nell’asciutto e viene a malapena sfiorato dall’amaro del luppolo.
Castle Milk Stout, sweet stout di colore marrone molto scuro, quasi nero, e dall’aspetto opaco (g.a. 6%). Tra gli ingredienti speciali, utilizza: malto tostato scuro, estratto di mais, cacao, lattosio e caramello. La carbonazione è piuttosto contenuta; la schiuma ecru, a trama ruvida, abbastanza stabile e aderente. Al naso, la dolcezza del lattosio intende farsi valere, anche se non ostacola più di tanto sentori di malto tostato, caramello, frutti scuri, cioccolato fondente, liquirizia, melassa; mentre, con l’innalzamento della temperatura, il caffè prende una live forma terrosa, erogando una punta di acidità. Il corpo presenta una sorprendente leggerezza, in una consistenza alquanto cremosa. Il gusto appare a metà strada, tra una lager e una milk stout: malto caramellato secco, con moderata tostatura; forti note di caramello, caffè e mou; solo un accenno di cioccolato e pane tostato; lattosio vagamente dolce con qualche acidità gessosa da considerare un suo prodotto secondario; presenza dell’alcol ben nascosta. In definitiva, un sapore ricco e forte, brioso e morbido, con una reminiscenza di cappuccino a metà percorso. Alla sensazione finale vischiosa e vagamente acida, si contrappone un lungo, piacevole, retrolfatto di nocciolato.