Tratto da La birra nel mondo, Volume IV, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Brooklyn, New York/USA
Microbirrificio nel sobborgo di Red Hook, in un edificio dove un tempo si producevano schedari.
Nacque nel 2004 a opera di Andrew Bronstein e Shane Welch, conosciutisi all’Università del Wisconsin.
L’attività fece presto a decollare. Nel 2011, con la crescente domanda di mercato, i due soci, dopo aver valutato la possibilita di espansione, decisero invece di appaltare una parte della produzione in fusti (la sola fino ad allora) e di tutte le nuove lattine presso la Lion Brewery di Wilkes-Barre, in Pennsylvania.
Nel 2018 la Sixpoint Brewery, con una produzione annua di 70 mila ettolitri, fu rilevata da Artisanal Brewing Ventures, che già possedeva Southern Tier Brewing Ccompany di Lakewood e Victory Brewing Company di Downingtown.
Sixpoint Resin, double/imperial IPA di colore oro aranciato e dall’aspetto pressoché velato (g.a. 9,8%). Prodotta fin dal 2004, nel corso degli anni ha subito varie modifiche, mantenendo però le sei diverse varietà di luppolo in fiore. E il nome è un omaggio alla resina dei luppoli in fiore appunto. Dal 2012 viene commercializzata in una lattina verde. La carbonazione è piuttosto bassa; la schiuma avorio, soffice, pannosa, non così regolare però tenace. L’aroma non sorprende certo con gli aghi di pino tipici del suo DNA resinoso. A corollario, arancia, pompelmo, ananas; e, da parte del malto, sfumature di caramello e biscotto. Il corpo medio tende al pieno, in una consistenza oleosa e alquanto viscosa. Nel gusto, sono proprio il caramello e il biscotto, con buon supporto del miele, ad allestire l’alveo entro il quale scorre l’intenso sapore amaro della pesante luppolizzazione. Pompelmo e mango, resina e pino, caratterizzano la lunga corsa del finale. Non si rivela da meno la persistenza del retrolfatto, che lascia al palato secche, amare, impressioni di erbe e di menta.
Sixpoint Puff, double/imperial IPA di colore arancio con riflessi dorati e dall’aspetto opalescente (g.a. 9,8%). “Nuvola”, è questo il nome. Si tratta della versione non filtrata della Resin, commercializzata per la prima volta negli Stati Uniti nel 2016. La carbonazione è da bassa a moderata; la schiuma biancastra, fine, compatta, cremosa, persistente. L’aroma, pulito e di buona intensità, si avvale della resina, del pompelmo, della frutta tropicale, degli aghi di pino, di una delicata speziatura, che lasciano spirare dal fondo sentori di miele, caramello, biscotto. Il corpo medio ha una consistenza decisamente oleosa, ma fluida e scorrevole. Nel gusto, è il malto a fornire una solida base, e propone subito una sottile dolcezza che però viene presto scalzata dalla polpa d’arancia e dalla frutta tropicale, a loro volta, fagocitate dall’irriducibile amarore terroso e resinoso. Intanto che l’alcol agisce con la massima discrezione, facendo sentire sensibilmente la sua presenza nelle vesti di un gregario su cui si può contare ma non più di tanto. Ed ecco che arriva la sua esplosione nel finale, senz’altro ciò che il bevitore si aspettava, con tra le mani un’autentica “bomba”. Nella lunga persistenza retrolfattiva il calore etilico si dà una “bella” calmata, facendo decollare in piena libertà pungenti sensazioni di resina e di terra.