Ridgeway Brewery

Ridgeway Brewery

Tratto da La birra nel mondo, Volume IV, di Antonio Mennella-Meligrana Editore

South Stoke/Inghilterra
Beer firm in un villaggio vicino a Henley-on-Thames, nell’Oxfordshire.
Nel 2002 venne venduta, e demolita per far posto a un hotel di lusso, la storica Brakspear Brewery di Henley-on-Thames, risalente al 1779. Mentre la maggior parte della produzione passò alla Wychwood Brewery.
Nello stesso anno l’ex mastro birraio della Brakspear, Peter Scholey, insieme alla moglie (Vanda), mise su la beer firm, col nome dell’antico sentiero inglese lungo oltre 100 miglia.
Per la produzione, Peter si appoggia alla Hepworth Brewery di Pulborough.
E, oltre alle proprie, realizza su commissione anche birre per altri. Ma, anticonformista, stravagante e innovativo, non si limita agli stili tradizionali inglesi, peraltro proposti di assoluto valore. Basti pensare alla serie delle cosiddette “birre natalizie” (una dozzina).
Ridgeway IPA, india pale ale di colore giallo dorato e dall’aspetto alquanto velato (g.a. 5,5%); rifermentata in bottiglia. Di stampo rigorosamente inglese, strizza l’occhio all’America, col suo luppolo Cascade. Con una media effervescenza, la schiuma bianca, fine e pannosa, rivela sufficiente ritenzione. L’olfatto è un perfetto assemblamento di profumi forti e persistenti, dai citrici ai resinosi, dai floreali ai terrosi, con sentori pungenti di aghi di pino e infervoranti di spezie. Il corpo medio si presenta in una consistenza oleosa a malapena untuosa. Il gusto è terra di amaro, con resina e agrumi in evidenza tra note floreali e terrose, erbacee e vegetali; non da meno, appare rispettabile il corredo a contrasto, di malti dolci, miele d’acacia, marmellata d’arancia, pane e caramello. Il finale indugia abbastanza nella sua secchezza detergente. Ancora più lungo, il retrolfatto riveste il suo amarore di suggestioni vegetali, erbacee e resinose.
Ridgeway Criminally Bad Elf, barley wine di colore ambrato tendente al rame e dall’aspetto a malapena velato (g.a. 10,5%); una delle “birre natalizie”. La carbonazione è quasi piana; la scarsa schiuma ocra che si forma risulta comunque abbastanza regolare e stabile. Al naso, esplode subito una dolcezza aggressiva, che però non dispiace affatto; anzi, pare che aumenti man mano la voglia di deliziarsi con quei profumi estasianti di caramello, melassa, sciroppo d’acero, confettura di albicocca, zucchero di canna, ciliegia sciroppata, uva passa, fichi secchi, sherry. Il corpo, medio-pieno, ha una tessitura molto grassa e pressoché appiccicosa. Gli elementi olfattivi si trasferiscono fedelmente nel gusto; ma qui devono fare i conti con la robusta, rigida, luppolizzazione, supportata peraltro da note alcoliche e vinose. L’equilibrio non è certo perfetto; è stato però scongiurato il temuto pericolo della stucchevolezza in una birra del resto di ottima fattura. Il finale si propone lungo, secco, aspro, ai limiti di una lieve astringenza. Tocca al retrolfatto la cordialità del commiato, e le sue impressioni sanno regalare morbidezza, calore, appagamento non ancora appagato. Un prodotto, questo, ideale per l’invecchiamento dai quattro ai cinque anni.