Tratto da La birra nel mondo, Volume III, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Tulsa, Oklahoma/USA
I fratelli Chase e Colin Healey praticavano da tempo l’homebrewing. In particolare, Chase aveva lavorato alla COOP Ale Works e alla ex Redbud di Oklahoma City. E, proprio alla Redbud, si era fatto notare dal distributore Shelton Brothers per gli esperimenti con lieviti selvaggi, da vino e da champagne.
Era insomma giunto il momento di mettersi in proprio. Nel 2012 nasceva la beer firm Prairie Artisan Ales, e veniva subito stipulato con Brothers il contratto per la distribuzione in parecchi stati americani e anche all’estero. Mentre la produzione avveniva presso la Krebs Brewing Company, di Krebs appunto.
Il successo immediato e un crowdfunding per 10 mila dollari consentirono di mettere su, l’anno successivo, il birrificio Prairie Artisan Ales, a Tulsa. Seguì, nel 2015, l’apertura di un brewpub. Già buona parte della produzione era rimasta presso la Krebs. Adesso, con la crescente richiesta di mercato, il birrificio di Tulsa si limitava ad alimentare il brewpub, lasciando alla Krebs la produzione su larga scala, in bottiglie e in fusti.
Ma ecco la decisione drastica, nel 2016, dei fratelli Healey. L’azienda era diventata di grosse dimensioni, e loro non se la sentivano più di portare sulle spalle un tal peso, anche perché si rendevano indispensabili notevoli investimenti per aumentare la capacità produttiva. Pertanto il marchio fu ceduto a Zach Prichard, presidente della Krebs.
Chase, che non aveva alcuna intenzione di chiudere con la produzione della birra, aprì un nuovo microbirrifio, sempre a Tulsa, American Solera, concentrandosi sulle birre acide e sull’utilizzo di lieviti selvaggi. Colin invece, che si era sempre occupato di marketing, disegnando anche le bellissime etichette, rimase a collaborare con il nuovo proprietario.
Prairie Artisan Ales ‘Merica, saison di un pallidissimo colore arancio e dall’aspetto velato (g.a. 7,5%). Utilizza un solo tipo di malto (Pilsen), una sola varietà di luppolo (Nelson Sauvin) e il particolare lievito della casa (costituito da due ceppi di Brettanomiceti e uno di vino). Con una carbonazione parecchio spinta, la schiuma bianchissima, compatta e pannosa, ostenta poca allacciatura ma tanta stabilità. L’aroma si apre subito con i profumi del vino bianco donato dal luppolo utilizzato; seguono in ordine, sentori floreali, rustici, terrosi, di acido lattico, scorza di agrumi, esteri fruttati, lievito insufflato di pepe bianco. Il corpo risulta sorprendentemente leggero, in una consistenza oleosa, quasi pastosa. Il gusto sa alquanto di vino, e si snoda sotto l’egida di un bilanciamento, a dir poco perfetto, tra le note dolci di pane, cracker e miele e quelle più aspre di limone, uva spina, banana acerba e scorza di pompelmo. Non fanno ovviamente mancare il loro contributo una lieve acidità lattica, in termini di freschezza, e il lievito farmhouse, con la sua piacevole speziatura a tratti pepata. Chiude la lunga corsa un sottile amarore in cui confluiscono note terrose e vegetali, di cuoio e aia. Nel retrolfatto compaiono, e indugiano fin troppo, secche, ruvide, suggestioni dall’accento speziato.
Prairie Artisan Ales Bomb!, imperial stout di colore nero e dall’aspetto opaco (g.a. 13%). Lanciata nel 2013, in poco tempo divenne una delle birre più apprezzate e ricercate sul mercato. E, inevitabilmente, cominciarono le diverse declinazioni, per aggiunte di ingredienti o per i vari passaggi in botte. La ricetta richiede: chicchi di caffè (Espresso Divino della torrefazione Nordaggios Coffee di Tulsa), fave di cacao, baccelli di vaniglia e peperoncino Ancho Poblano (una varietà, blandamente piccante, molto popolare nella cucina messicana). Da annotare peraltro che le imperial stout furono tra le birre che contribuirono maggiormente al successo della Prairie. La carbonazione è piuttosto bassa; la schiuma nocciola, minuta, cremosa, discretamente stabile. L’olfatto presenta un seducente bouquet di elevata intensità, in cui esplodono immediatamente i quattro ingredienti speciali utilizzati; subito dopo, più tenui ma non tanto meno insistenti, spifferano sentori di malto torrefatto, uvetta, pepe, mirtilli, tabacco, liquirizia, gianduia, prugna disidratata. Il corpo, assolutamente pieno, è di una densa consistenza oleosa che non pregiudica comunque la scorrevolezza della bevuta. Nel gusto, a dominare sono il caffè e il cioccolato. Dopo pochi secondi dall’emersione, il peperoncino si ritira in buon ordine; subentra allora il calore dell’alcol, in una piacevole forma vinosa. Mentre si avvertono non così distintamente, in una sorta di guazzabuglio tonico e brioso, note amare, dolci e acide. Nel finale, c’è il ritorno del peperoncino, che mescola il proprio piccantino con il calore dell’etanolo. La lunga persistenza retrolfattiva regala deliziose suggestioni di caffè, vaniglia, cioccolato, tostature, esaltate da un peperoncino ormai senza più remore.
Prairie Coffee Okie, american strong ale di colore marrone scuro con venature ambrate e rossicce e dall’aspetto alquanto torbido (g.a. 13%). È una variante della Prairie Okie (invecchiata per sei mesi in botti di whiskey della Balcones Distillery di Waco, Texas), cui vengono aggiunti chicchi di caffè Espresso Divino della torrefazione Nordaggios Coffee di Tulsa. Con un’effervescenza piana, la spuma cachi fuoriesce piuttosto grossolana, scarsa ed evanescente. Al naso domina incontrastato il caffè, che comunque lascia spazio sufficiente per sentori di malto tostato, legno, caramello, vaniglia, butterscotch, intiepiditi dal calore del whiskey. Il corpo si pone tra il medio e il pieno, in una consistenza, benché oleosa, molto scorrevole. Il gusto è una successione, senza soluzione di continuità, di note poliedriche che vanno dalla dolcezza di melassa, caramella mou, prugna, uvetta, vaniglia, all’asprezza dei frutti rossi e all’acidità del caffè. Intanto che l’alcol, pur ben presente, si limita a un delicato riscaldamento per non creare il minimo intoppo alla bevuta, sempre più appagante e mai appagata. Il finale sa essere, insieme, secco e tostato, amabile e cordiale. L’interminale persistenza retrolfattiva regala piacevolissime sensazioni dolceamare, orchestrate “divinamente” da whiskey e caffè.