Pivovar Starobrno

Tratto da La birra nel mondo, Volume IV, di Antonio Mennella-Meligrana Editore

Brno/Repubblica Ceca
Antico birrificio nel capoluogo della Moravia Meridionale.
Nel 1243 Venceslao I concesse ai cittadini privilegi reali della città, tra i quali il diritto di produrre birra.
Nel 1323, nel vecchio quartiere di Brno, nell’odierna piazza Mendel, la regina Eliška Rejčka fondò un monastero cistercense che due anni dopo si dotò di birrificio, Old Brno.
Durante le guerre ussite della prima metà del secolo XV, gli edifici del birrificio e del convento furono bruciati più volte; ma furono sempre restaurati conservando il più possibile la vecchia forma.
Nel 1782 il convento fu chiuso per decisione dell’imperatore Giuseppe II e la proprietà passò nelle mani dell’abbazia di San Tommaso. E, tra il 1782 e il 1825, non abbiamo alcuna prova dell’esistenza del birrificio, in quanto gli archivi furono distrutti. Dal 1825 invece la sua proprietà passò attraverso varie mani.
Nella seconda metà del secolo XIX, l’industria della birra ebbe una forte espansione a Brno. Ma il birrificio Old Brno, con attrezzature obsolete e la scarsa capacità produttiva, rimaneva sempre più indietro rispetto alla costante crescita della città.
Nel 1872, gli ultimi proprietari, Josef Mandel e suo genero Hermann Hayek, iniziarono la costruzione di un birrificio moderno sulla strada V hlinkách, mentre gli edifici del vecchio birrificio furono utilizzati per una nuova malteria. Sicché, il nuovo birrificio, prese il nome della città, Starobrněnský Pivovar; la sua birra, quello di Starobrnĕnská.
Nel 1918, con la costituzione del nuovo stato cecoslovacco, il birrificio passò nelle mani della Moravia Bank. Durante la seconda guerra mondiale invece venne gestito dai tedeschi. E, nel 1944, subì gli enormi danni nel bombardamento di Brno.
Dopo la seconda guerra mondiale, il birrificio fu nazionalizzato; ma, nel 1992, venne trasformato in società per azioni. Due anni dopo fu rilevato dalla società austriaca BBAG (Österreichische BrauBeteiligungs AG) nella quale, dal 2003, la Heineken avrà la maggioranza.
Sempre la Heineken rilevò, nel 2007, la fabbrica di birra reale di Krušovice e nel 2008, la Velké Březno.
Per la prima volta, nel 2009, la Starobrno superò il milione di ettolitri. E, nello stesso anno, venne fusa con la Krušovice. Nasceva così la Heineken Česká Republika, terzo produttore nella Repubblica Ceca.
Oggi la Starobrno è tra i più moderni birrifici del Paese, anche se continua a produrre secondo le ricette tradizionali. Dal 2012 infine la birra in botte e in bottiglia non viene più pastorizzata. Mentre il suo ristorante, oltre a proporre vere specialità culinarie, serve anche birre alla spina.
Starobrno Premium Lager, czech pilsner di colore giallo pallido (g.a. 5%). Con una vivace effervescenza, la schiuma bianca sgorga spessa, compatta, cremosa, di sufficiente tenuta e allacciatura. L’aroma granuloso di malto reca tenui sentori di grano, erbe, pane bianco, pino, luppolo floreale. Il corpo, da leggero a medio, ha una consistenza decisamente acquosa. Anche nel gusto si propone subito il malto (pane e miele) con una certa dolcezza, che viene però man mano fagocitata dall’amarore di un luppolo erbaceo frammisto a note terrose. Il finale arriva secco, breve, agrodolce; e introduce un’impressione amarognola che anima lo sfuggente retrolfatto.
Starobrno Drak Extra Chmelený Ležák, czech pilsner di colore dorato intenso (g.a. 5,1%); sicuramente il prodotto più prestigioso della casa. La carbonazione è abbastanza alta; la schiuma biancastra, sottile, cremosa, di ottima durata e aderenza. L’aroma, alquanto burroso, e approfittando della persistenza in sottofondo di un timido luppolo speziato, emette forti sentori di malto, lievito, grano, caramello, erbe, agrumi, pane croccante, cereali tostati. Il corpo medio tende al leggero, in una tessitura abbastanza acquosa. Anche nel gusto il luppolo preferisce non esporsi più di tanto: gli basta tenere a bada l’evoluzione della solida base maltata, sempre pronto a intervenire al minimo accenno di squilibrio. Intanto che l’alcol, anch’esso molto discreto, fa sentire la propria presenza tramite delicate sensazioni di calore. Il corto finale si limita alla pulizia del palato, e la fa perfettamente. Nel retrolfatto si sbriglia il luppolo con un amarore asciutto, più terroso che erbaceo.
Starobrno Baron Trenck, premium lager di colore oro chiaro (g.a. 6%). Dal 2010 viene prodotta per il mercato scandinavo. Il nome invece è un omaggio al barone František Trenck il cui corpo, mummificato, è tuttora visibile nella “tomba dei cappuccini” di Brno . Con una media effervescenza, la schiuma bianca si leva alta, minuta, cremosa, di sufficiente tenuta. Malto, caramello, pane integrale, fieno, sciroppo d’acero, grano, miele, si esaltano all’olfatto, sospinti dal luppolo floreale che spira in sottofondo. Il corpo medio sa essere leggero, nella sua scorrevole consistenza acquosa. Nel gusto, sono invece le erbe e gli agrumi, con la presenza solo accennata del luppolo, a tenere in buon equilibrio le note di malto biscotto, cereali, frutta matura e caramello che accarezzano dolcemente il palato. Solo nel corto finale l’alcol intende dire la sua; ma lo fa con estrema delicatezza, quasi senza farsi nemmeno notare. E, quando, nel retrolfatto, cominciano a esalare, le suggestioni amarognole trovano la bocca asciutta e compiutamente pulita.
Hostan/Znojmo
A Znojmo, nella Moravia Meridionale, si produceva birra dal 1278, per concessione di Rodolfo I d’Asburgo. Ufficialmente invece solo nel 1363 gli archivi di Carlo IV menzionano, tra i borghesi con diritto di produrre birra, un certo Hostan.
Nel 2003 il birrificio fu venduto alla Heineken. Due anni dopo la produzione fu trasferita a Brno, mentre a Znojmo si cominciò a produrre bibite gassate con aroma di limone a marchio ZULU. Nel 2009 lo stabilimento di Znojmo fu addirittura chiuso, e di Hostan rimase soltanto un marchio fabbricato dalla Starobrno.
Hostan Hradni, czech pilsner di colore dorato chiaro (g.a. 4,9%); confezionata in bottiglia dal 2005 e, dal 2008, anche in keg. La carbonazione è piuttosto sostenuta; la schiuma bianca, ampia, spessa, ma scarsa ed evanescente. Qualche traccia di diacetile proprio non riesce a celarsi nell’aroma, tra i sentori di malto, pane, miele, caramella mou, lievito, cui fanno da spalla erbe e luppolo alquanto speziato. Il corpo, da leggero a medio, si avvale della scorrevolezza della sua trama acquosa. Il gusto, dolciastro di malto, scivola, fresco e dissetante, su fondo asciutto di luppolo con qualche venatura burrosa ed erbacea. Il finale accenna all’amaro, viene però stoppato dall’amabilità del cereale, a sua volta, sminuita in fretta dalle sfuggenti impressioni amarognole del retrolfatto.