Pivara Trebjesa

Tratto da La birra nel mondo, Volume IV, di Antonio Mennella-Meligrana Editore

Nikšić/Montenegro
La fondazione del più grande birrificio del Paese, sostenuta peraltro dal principe Nikola, avvenne nel 1896 come Pivara Onogošt, dal vecchio nome di Nikšić. Fu opera di Vuko Jankov Krivokapić, che si era formato a Sarajevo e poteva contare sul padre Janko di ottima estrazione sociale.
Nel 1902, in difficoltà finanziarie, l’azienda dovette cedere tre quarti della proprietà a tre noti uomini d’affari. Nel 1908, per soddisfare la crescente domanda, fu costruito un nuovo birrificio, Pivara Trebjesa, dal nome di un parco della città.
L’anno successivo fu costituita una società per azioni.
Durante la prima guerra mondiale la fabbrica venne incendiata e le sue cantine furono trasformate in prigione dall’esercito austro-ungarico. Dopo una lenta ricostruzione del birrificio, nel 1931 poté riprendere la produzione. Ma, nel 1941, la fabbrica fu addirittura distrutta.
Entrato, nel 1945, il Paese nella Federazione Jugoslava, il birrificio fu nazionalizzato: completamente ricostruito e ampliato, tra il 1946 e il 1956, divenne rapidamente uno dei marchi montenegrini più riconoscibili.
Poi arrivarono le guerre jugoslave degli anni ’90. Ma, con la stabilizzazione della regione, grazie alla qualità del suo prodotto peraltro marchio regionale, il birrificio si riprese relativamente presto. Nel 1997 fu rilevato dalla Interbrew.
Nel 2009 la CVC Capital Partners acquistò tutte le partecipazioni di Anheuser-Busch InBev in Europa centrale e orientale, ribattezzandole StarBev per rivenderle, nel 2012, alla Molson Coors.
La produzione, con pura acqua di montagna, contempla, a marchio Nick, una piccola gamma di lager chiare, genuine e rinfrescanti, di gran lunga le più popolari e consumate in Montenegro.
Nikšićko Pivo, lager di colore dorato chiaro (g.a. 5%, in precedenza 5,2%); la birra economica della casa. Con una media effervescenza, la schiuma bianca emerge alta, spessa, non così durevole ma di buona allacciatura. L’aroma si libera a base di malto granuloso, con una certa dolcezza di mais e un tocco deciso di luppolo floreale ed erbaceo. Il corpo medio tende al leggero, in una consistenza decisamente acquosa. Anche nel gusto, con una solida base il malto intende dire la sua in termini di amabilità; man mano però che la corsa volge a termine, prendono quota le terrose note amare del luppolo sostenute da una decisa secchezza di fondo. Il finale, corto e pulito, reca ancora i segni della tenace luppolizzazione. Impressioni, più di cartone che di metallo, segnano lo sfuggente retrolfatto.
Nikšićko Tamno, schwarzbier di colore marrone scuro, quasi nero, e con sfumature bordeaux (g.a. 6,2%). La carbonazione è piuttosto contenuta; la schiuma cachi, alta, spessa, cremosa, di buona ritenzione e aderenza. Benché tenue, l’aroma sa esprimere con una certa dolcezza sentori di noci, nocciole, malti tostati, caramello bruciacchiato, caffè, frutta secca scura, e, più in secondo piano, indizi di segale, vinaccia, cacao in polvere, liquirizia, luppolo erbaceo. Il corpo, medio-pieno, ha una consistenza decisamente acquosa. Su piacevole base di malto biscotto si snoda, nella prima parte del lungo percorso, un gusto per lo più amabile, leggermente tostato e con un dosato warming etilico; poi subentrano le note amare delle tostature ad apportare anche una rinfrescante punta di acidità. Relativamente asciutto e corto, il finale introduce un altrettanto breve quanto timido retrolfatto, terroso e amaricante.