Tratto da La birra nel mondo, Volume III, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Los Angeles, California/USA
Nacque come birrificio, Best Brewing, nel 1844 a Milwaukee (nel Wisconsin), a opera dell’immigrato tedesco Jacob Best. Successivamente passò ai suoi quattro figli; e, nel 1860, prese il controllo il primo, Phillip. Nel 1889 il capitano di una nave a vapore, Frederick Pabst, divenuto genero di Phillip, ribattezzò il birrificio Pabst Brewing Company.
Sotto la nuova guida, l’impresa raggiunse velocemente un successo strepitoso. All’esposizione mondiale del 1893 la sua birra risultò “la migliore lager d’America”. Un riconoscimento che le permise di commercializzare il prodotto di punta con un nastro azzurro al collo della bottiglia e di chiamarlo Blue Ribbon (che significa “nastro azzurro” appunto).
La crescita sembrava non dovesse mai subire soste. Alla fine del 1935, quando ormai erano 37 le birrerie americane che usavano contenitori di latta, si diceva che anche i due “giganti” Pabst e Schlitz si erano convertiti al nuovo confezionamento. Ancora negli anni ’60 la Pabst risultava sesto grande produttore del Paese, e la Blue Ribbon uno dei principali marchi statunitensi.
Dopo che la Ballantine, da Albany, si era trasferita a Newark, nel New Jersey, portandosi dietro la produzione della sua gamma con in testa la Ballantine’s Ale, una delle ale americane di maggior successo, la Pabst rimase l’unica a fabbricare questo tipo di birra che pure nel corso del secolo XX aveva impegnato diverse aziende.
Nel 1983 la Pabst rilevò Olympia Brewery di Tumwater, fondata nel 1896 e che, a sua volta, aveva da poco assorbito la Theodore Hamm’s di Saint Paul (nel Minnesota), risalente al 1865. Fu un gioco invece l’acquisto della Falstaff, nata nel 1870 a Fort Wayne (nell’Indiana), divenuta produttore di livello nazionale, ma costretta dopo gli anni ’60 a chiudere alcuni stabilimenti e a vendere gli altri.
Poi anche per la Pabst arrivò un lento, inarrestabile declino, fino alla chiusura dello storico stabilimento di Milwaukee. E l’azienda dovette limitarsi a commercializzare le proprie etichette prodotte su licenza da terzi. Mentre la maggioranza delle sue azioni, nel 1985, finiva nelle mani di Paul Kalmanovitz, un magnate del settore immobiliare proprietario di diverse birrerie nazionali. Due anni dopo Kalmanovitz morì, e la sua fortuna passò alla fondazione Kalitalovitz Charitable Trust.
L’intera produzione della Pabst fu affidata, nel 1996, alla Stroh Brewery Company; quindi, nel 2001, alla Miller Brewing Company. Nel 2011 la Pabst si trasferì a Los Angeles, mentre la sede precedente del suo quartier generale veniva destinata a ristoranti, negozi, uffici, abitazioni, luoghi d’intrattenimento.
Nel 2014 la Pabst Brewing Company fu acquistata da Blue Ribbon Intermediate Holdings, una partnership tra l’imprenditore birrario americano Eugene Kashper e TSG Consumer Partners, una società di private equity con sede a San Francisco.
Infine, nel 2017, fu aperto, a Milwaukee, Pabst Milwaukee, un brewpub che produce in quantità limitate birre artigianali e marchi storici Pabst di lunga data.
Pabst Blue Ribon, lager di colore giallo paglierino molto chiaro (g.a. 5%). Con una media effervescenza, la schiuma bianca sgorga fine, abbondante, ma svanisce rapidamente lasciando soltanto un sottile pizzo al bicchere. L’olfatto è piuttosto debole, con sentori di malto, luppolo, mais, erbe secche, che non durano più di tanto. Il corpo, medio-leggero, ha una consistenta tipicamente acquosa. Nel gusto, la docezza del cereale e l’amaro del rampicante non cercano assolutamente di prevaricare l’un sull’altro, e l’equilibrio rimane notevole fino al termine della corsa peraltro di breve durata. Il finale si rivela lievemente erbaceo, fresco e dissetante. La secchezza di un retrolfatto granuloso lascia piacevoli sensazioni di pulizia.