Murphy’s Brewery

Tratto da La birra nel mondo, Volume III, di Antonio Mennella-Meligrana Editore

Cork/Irlanda
La famiglia Murphy giunse a Cork, all’estremità meridionale dell’isola, nel lontano 1709. Si narra che Maria Louisa Murphy, verso la metà del secolo, posando nuda per il famosissimo pittore francese François Boucher, ricevesse un compenso tale da consentire alla famiglia di mettere su diverse attività economiche, tra cui anche una distilleria.
Nel 1854 James Jeremiah Murphy, il primo dei 15 figli di Jeremiah James Murphy e Catherine Bullen, insieme a quattro fratelli, vendendo la quota nella distilleria, comprò gli edifici dell’Ospedale dei trovatelli, fondato nel secolo XVIII in Leitrim Street, per costruirvi un birrificio.
Due anni dopo veniva inaugurata la James J. Murphy & Co., che presto divenne nota come Lady’s Well Brewery, in quanto situata di fronte alla collina del Lady’s Well, un pozzo, dedicato a Nostra Signora, che a maggio attirava tanti pellegrini per l’acqua ritenuta miracolosa. Dalle finestre della fabbrica invece si potevano ammirare le tempeste atlantiche che si abbattevano sulla costa. Era dunque il birrificio “cattolico” di Cork, concorrente cittadino di quello “protestante” Beamish & Crawford.
Guidata da James Jeremiah Murphy, l’azienda cominciò a imporsi già come una delle principali birrerie del Paese. Nel 1861 produceva 42 990 barili.
Alla fine del 1880 il birrificio fu ampliato e rimodernato secondo le tecnologie più avanzate. Nel 1889 fu completata la Malt House, di cinque piani in pietra. E oggi questa costruzione, uno dei più famosi monumenti di Cork, ospita gli uffici della Heineken Brewery Ireland.
Alla morte di James Jeremiah Murphy, avvenuta nel 1897, il birrificio raggiungeva la produzione annua di 100 mila barili. Un business di successo, non solo in termini quantitativi, ma anche qualitativi. La Murphy’s Stout vinse infatti, nel 1892 a Dublino e nel 1895 a Manchester, la prestigiosa medaglia d’oro assegnata nell’ambito della fiera Brewers and Allied Trades Exhibition.
I due conflitti mondiali segnarono profondamente le attività della Murphy’s; ma nel secondo dopoguerra ritornò il sereno. Purtroppo, negli anni Sessanta, un disastroso accordo commerciale con la Watneys di Londra per la distribuzione in Irlanda del fusto red barrel portò l’azienda sull’orlo del fallimento. Fu salvata dal Governo e da un consorzio di imprenditori della ristorazione.
Nel 1979 la Murphy’s debuttò negli Stati Uniti, subito conquistando le preferenze di molti consumatori, tra cui, ovviamente, i numerosi immigrati di origine irlandese e i loro discendenti.
Infine, nel 1983, l’acquisizione da parte della Heineken International, che già dal 1975 aveva concesso alla Murphy’s la licenza di produrre il proprio marchio per il mercato irlandese. Fu cambiato il nome dell’azienda in Murphy Brewery Ireland. Venne subito costruito, nello stesso luogo, un moderno stabilimento. Cominciò la produzione anche della Coors nel perfetto stile originale, come era stato per la Heineken. Fu rilanciata la Irish Stout con una nuova etichetta e col supporto della rete distributiva internazionale del colosso olandese.
Nel 1988 la Whitbread acquisì i diritti di produzione e distribuzione per il Regno Unito della Murphy’s, che veniva prodotta a Magor, nel Galles. Poi, nel 2000, questi diritti passarono alla Interbrew con l’acquisto della Whitbread. Oggi la produzione avviene nello stabilimento della Heineken a Tadcaster, nel North Yorkshire.
Nel 2001 la Murphy Brewery Ireland diventò Heineken Brewery Ireland, una filiale di Heineken NV, che, nel 1906, risultava il secondo produttore di birra in Irlanda (dopo la Guinness). E oggi produce Heineken, Murphy’s e altri prodotti Heineken per il mercato irlandese.
Prima di essere immessa in commercio, la birra Murphy’s viene sottoposta a oltre 50 diversi controlli di qualità, tra cui anche l’assaggio da parte di un panel di esperti, per assicurare al consumatore un prodotto sempre omogeneo e “perfetto”.
Due sono le tipologie di birra dell’ex Murphy’s: Murphy’s Irish Stout, prodotta a Cork, e Murphy’s Irish Red, prodotta invece in Olanda.
Murphy’s Irish Stout, dry stout di colore marrone molto scuro, quasi nero, con sfumature rossastre e dall’aspetto opaco (g.a. 4%); conosciuta anche, più sbrigativamente, come Murphy’s. Il modo migliore per gustarla al top è alla spina. Comunque, sia le bottiglie che le lattine sono munite di una capsula a tenuta di azoto per assicurare, all’apertura, la formazione della tipica schiuma “da cappuccino”. Alla fine del 2012 la versione in bottiglia con l’alcol al 4,3% fu soppressa. Il colore e il profilo aromatico sono determinati dall’uso, in moderate quantità, di malto scuro, torrefatto. È una birra secca, prodotta per essere più cremosa e leggera ma meno amara della sua principale concorrente, la più celebre Guinness, rispetto alla quale è ritenuta migliore sia in termini di qualità che di complessità aromatica (ha tra l’altro note di cacao più distinte), mentre risulta inferiore per quanto riguarda la gradazione alcolica e la luppolizzazione. È comunque considerata uno dei migliori esempi di stout oggi in circolazione, e viene esportata in 70 paesi, particolarmente in Italia e in Norvegia. In Irlanda, detiene il 5% della quota di mercato. A Cork e in tutto il Sudovest del Paese però, questa percentuale sale al 28%, in quanto i consumatori la considerano una delle poche birre a non dare mai alla testa. La carbonazione è praticamente assente. La schiuma, di un leggero nocciola, emerge tipicamente densa e cremosa, di ottima durata e allacciatura. Nell’aroma, non certo esplosivo, comunque fine, pulito, attraente, si esaltano malto tostato, liquirizia, fondi di caffè, vaniglia, cacao amaro, noci, pane bruciacchiato, nonché accenni di pepe e luppolo erbaceo. Il corpo è sottile, e di singolare fluidità nella sua consistenza cremosa. Il gusto presenta un morbido impatto amaro, con caffè, cioccolato fondente e tostature, presto riportato in equilibrio dalla dolcezza di fondo della frutta e del caramello. Il finale non si dilunga più di tanto, secco, e con richiamo di liquirizia. Un’impressione piacevole ma sfuggente esala, nel retrolfatto, da cacao amaro e caffè tostato.
Murphy’s Irish Red Beer, irish ale di colore rosso con riflessi dorati (g.a. 5%); conosciuta anche come Irish Amber o Draft Irish Ale. Fu proposta sul mercato inglese nel 1995; per gli Stati Uniti invece viene prodotta con carattere più deciso. Spillata al carboazoto, è disponibile, pastorizzata, in bottiglia e in lattina col solito widget. Con una carbonazione piuttosto contenuta, la schiuma, tendente al beige, viene fuori sottile ma non così tenace. All’olfatto domina il malto, che però lascia ampio spazio a sentori di pane appena sfornato, frutta, luppolo speziato, caramello, erbe, resina, melassa. Il corpo, da leggero a medio, ha una tessitura cremosa un po’ appiccicosa. Il gusto, morbido, rotondo, inizia con malto tostato, biscotti, caramello, crosta di pane; prende quindi delicate note di frutta; sfocia in una consistenza secca, amara di erbe e luppolo floreale. La ricchezza retrolfattiva, di persistenza più che discreta, si articola in calde sensazioni di caramello, torrefazione, caffè, con prevalenza della frutta secca.
Il marchio McFarland (la irish ale McFarland Red, la strong lager McFarland Golden Fire e la doppelbock McFarland Strong), originariamente di proprietà della Murphy’s Brewery, viene oggi prodotto da Heineken Italia.