Tratto da La birra nel mondo, Volume III, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Dornbirn/Austria
La più antica birreria del Vorarlberg, nell’Austria occidentale. Nacque nel 1834, quando il commerciante e fabbro Franz Anton Huber rilevò la Gasthaus “Zum Mohren”, dal nome del birraio Josef Mohr. Gasthaus, che, stando all’Anagrafe Tributaria, esisteva almeno dal 1742.
Da allora, il birrificio è sempre rimasto nelle mani della famiglia Huber. Mentre assunse il carattere industriale con August Huber, della terza generazione.
Dotata di una spiccata capacità innovativa, la Mohrenbrauerei è stata la prima azienda austriaca a introdurre, nel 2000, le bottiglie in PET.
La produzione, che ormai supera i 176 mila ettoltri annui di birra, comprende anche vini e limonate.
Mohren Spezial, octoberfest/märzen di colore dorato pallido (g.a. 5,6%). Con una carbonazione medioalta, la schiuma bianca abbonda, fitta e resistente. L’aroma estrinseca un fievole luppolo erbaceo con granulosi sentori di malto, pane, mais, agrumi, mela fresca. Il corpo, da leggero a medio, ha una consistenza relativamente acquosa e un po’ appiccicosa. Un intenso sapore di malto dispone della giusta quantità di luppolo per mantenere la lunga corsa in perfetto equilibrio, intanto che si alternano note a malapena percettibili di caramello e miele, paglia e fieno, frutta secca ed erbe fresche aromatiche. L’evanescente finale apporta un lieve amarore che, nel discreto retrolfatto, s’intensica, diventa caldo e piacevole, tra secche suggestioni vegetali.
Mohren Festbock, helles bock di colore oro antico (g.a. 7%); conosciuta anche come Mohren Bockbier. Con una media effervescenza, si forma una spuma bianca fine, cremosa, decisamente stabile. All’olfatto, i profumi floreali, erbacei e speziati sanno farsi apprezzare più per la loro disponibilità a far emergere sentori di malto, paglia, caramello, miele, burro, crosta di pane. Il corpo, medio-pieno, ha una trama oleosa alquanto untuosa. Nel gusto, l’attacco è di note vegetali infervorate dall’alcol; seguono quelle caramellate un po’ appiccicose, a loro volta, pian piano attenuate, per finire fagocitate da un luppolo erbaceo più ruvido che amaro. La corsa è abbastanza lunga, e si esaurisce con una dolcezza piuttosto secca. Anche il retrolfatto risulta abboccato, tra granulose e calde sensazioni di pane bianco, malto, prugne, caramello.