Meantime Brewing Company

Tratto da La birra nel mondo, Volume III, di Antonio Mennella-Meligrana Editore

Londra/Inghilterra
Birrificio con sede a Greenwich; ma nacque nel quartiere londinese di Charlton, nel 2000. Fu opera di Alastair Hook, dopo gli studi alla Heriot-Watt University di Edimburgo, un tirocinio tedesco alla Weihenstephan e un viaggio negli Stati Uniti. Il capitale invece (500 mila sterline) fu racimolato tra familiari e amici.
All’inizio, le operazioni avvennero principalmente a livello locale. Poi, nel 2002, Alastair strinse un accordo con la terza catena di supermercati nel Regno Unito, Sainsbury’s, creando un’apposita gamma di birre (“Taste the Difference”) che immediatamente raggiunsero un’enorme distribuzione nazionale.
Nel 2003 fu inaugurata un’innovativa linea d’imbottigliamento che, oltre ad abbattere alcuni costi, consentiva di imbottigliare anche alcune birre per la Greene King (IPA, Beer to dine For).
Nel 2004 la Meantime era l’unico birrificio inglese a portarsi a casa una medaglia dalla World Beer Cup. L’anno dopo, avvenne la completa rivisitazione di logo, brand e packaging di tutte le birre. E Meantime era il primo birrificio del Regno Unito a utilizzare le bottiglie da 75 cl con tappo di sughero.
Nel 2005 fu lanciata la prima birra britannica del commercio equo e solidale, utilizzando il caffè della cooperativa Maraba Coffee del Ruanda e tostato in Inghilterra. Quella Meantime Coffee Porter ovvero che, l’anno successivo, si aggiudicò la medaglia d’oro alla World Beer Cup.
Nel 2007 vennero definiti nuovi accordi commerciali con i supermercati Waitrose. Nel 2009 la multinazionale Marks & Spencer rinnovò la propria offerta brassicola commissionandone la produzione a diversi birrifici artigianali inglesi, tra i quali figurava anche Meantime.
Ormai gli spazi produttivi erano diventati troppo stretti. Partirono pertanto i progetti per una seconda nuova location che, nel 2010, “approdarono” a Greenwich, nell’antico Royal Naval College, una sezione del quale aveva già ospitato un birrificio dal 1450 al 1860. Così la Meantime diventava il secondo birrificio al mondo ad aver sede, con bar e ristorante annessi, all’interno di un edificio tutelato dall’Unesco. Mentre la sua capacità produttiva annua saliva a 100 mila ettolitri.
Nel 2011 Alastair fu affiancato, nella gestione di una società in crescita costante, da Nick Miller, ex direttore generale della SABMiller inglese, che non tardò a riallacciare i ponti con il suo vecchio datore di lavoro.
Ed ecco che, a luglio del 2015, la SABMiller annunciava l’acquisto della Meantime, indorando la pillola con la rassicurazione “nulla cambierà”.
Poi, a ottobre del 2016, la AB InBev rilevò la maggioranza azionaria della rivale SABMiller. E la Meantime, insieme alla Peroni e alla Grolsch, finiva in mano alla giapponese Asahi.
Meantime Pale Ale, american pale ale di colore dorato pallido e dall’aspetto un po’ confuso (g.a. 4,7%); luppolizzata anche a secco. La carbonazione, da media a leggera, origina una schiuma bianca piuttosto scarsa ed evanescente. L’aroma, impresso da luppoli floreali, erbe fresche e un leggero agrumato, spira intenso, pulito, attraente. Il corpo, medio-leggero, ha una sottile trama oleosa. Nel gusto, la solida base caramellata, supportata da un sottofondo di malto biscotto, fa da scivolo ideale per un luppolo agrumato dal contenuto amarore. Il finale, secco di lievito, ha una consistenza quasi gessosa. Il lungo retrolfatto esprime la relativa astringenza tramite sensazioni citriche e di pino.
Meantime India Pale Ale, india pale ale di colore ramato con riflessi arancio e dall’aspetto torbido (g.a. 7,4%); condizionata in bottiglia, filtrata ma non pastorizzata in keg. Con una carbonazione media, la spuma ocra emerge minuta, cremosa, stabile. L’aroma si esprime pulito ma blando, con sentori di lievito, luppolo speziato, erbe, scorza di agrumi, legno di quercia, malto caramellato. Il corpo, abbastanza pieno, ha una trama oleosa alquanto appiccicosa. Malto, polpa d’arancia, caramello, frutta, biscotti, allestiscono una buona base per un luppolo erbaceo un po’ pepato; mentre l’etanolo riesce a contenere nei limiti del possibile la propria irruenza. Il finale dura abbastanza nel suo amarore secco e speziato. Impressioni vegetali e resinose, avvolte in un caldo alone alcolico, animano la corta persistenza retrolfattiva.
Meantime London Pale Ale, pale ale di colore oro intenso con riflessi ramati (g.a. 4,3%). Con una media effervescenza, la schiuma, di un bianco sporco, emerge generosa, compatta, non però molto persistente. L’olfatto si esprime con odori di terra, caramello, biscotto, marmellata d’arancia, luppolo fruttato, pino, agrumi freschi, erbe aromatiche. Il corpo appare sottile e di consistenza prettamente acquosa. Nel gusto, una solida base di malto biscotto, sostenuta da un fruttato asciutto, consente a un amaro terroso ed erbaceo di buona intensità la piena libertà di espressione per poter raggiungere a breve termine un perfetto equilibrio, armonicità, piacevolezza di bevuta. Il finale resinoso risulta alquanto secco, anche un po’ astringente. Sensazioni vegetali, di lievito e luppolo fiorito animano un corto ma soddisfacente retrolfatto.
Meantime Coffee Porter, porter di colore ebano scuro e dall’aspetto impenetrabile (g.a. 6%). Con una leggerissima carbonazione, la schiuma beige si rivela sottile, cremosa, di pregevole durata. L’olfatto propone intensi, tenaci, profumi di caffè e cioccolato, cenere e terra, malto tostato e crosta di pane, mirtilli, prugna e uvetta, caramello e vaniglia, panna e toffee, liquirizia e zucchero di canna. Il corpo medio ha una consistenza quasi cremosa. Nel gusto, morbido, pulito, brioso, si riscontra una certa predominanza del caffè, mentre sembrano defluire sotto la sua egida note di cioccolato fondente, orzo tostato, caramello, vaniglia, noci, erbe e agrumi. Nel finale si leva una leggera acidità a ripulire il palato, e spalancando le porte a un lungo retrolfatto amaro pregno di caffè e tostature.
Marks & Spencer London Porter, porter di colore marrone scuro con riflessi rubino e dall’aspetto piuttosto opaco (g.a. 5,5%). Viene prodotta per i grandi magazzini di Londra Marks & Spencer dal 2009; ma la sua ricetta risale al 1750. Con una bassa effervescenza, la schiuma beige esce fine, cremosa e tenace. L’olfatto propone odori di malto tostato, affumicature, cioccolato, bacche rosse, luppolo legnoso. Il corpo sottile tende al medio, in una consistenza alquanto oleosa. Nel gusto, si riscontrano le medesime sensazioni avvertite al naso, con un amaro divenuto piacevole grazie allo spuntare di predominanti note di vaniglia e nocciola. Nel finale, secco e lungo, si esalta lo speziato del luppolo britannico. Le sensaszioni del discreto retrolfatto appaiono pulite, terrose, tostate e amarognole.
Non possiamo certo trascurare la produzione, da parte di questa azienda, di un marchio prestigioso quale la Thomas Hardy’s Ale.
Nel 1830 a Dorchester, nel Dorset, Sara Eldridge fondò la Eldridge Brewery che, sette anni dopo, con l’acquisto di azioni da parte di Edwin e Alfred Pope, diventò Eldridge Pope & Company.
Il romanziere, drammaturgo e poeta vittoriano Thomas Hardy visse gli ultimi anni a Dorchester, diventò amico dei proprietari della birreria e nel romanzo The trumpet major (“Il primo trombettiere”) ebbe a elogiare la birra locale con parole sublimi: “Era del colore più bello che occhio d’artista potesse mai desiderare in una birra; piena nella sostanza eppure vivace come un vulcano; stimolante ma non pungente; luminosa come un tramonto d’autunno; senza striature nel sapore; e, infine, assai spumeggiante”.
Nell’estate del 1968, per il Thomas Hardy Festival di Dorchester che celebrava il 40° anniversario della morte dello scrittore, l’azienda volle dare il suo contributo con un prodotto eccezionale. Il celebre mastro birraio Denis Holliday l’aveva elaborato nell’autunno precedente per ottenere “la birra più forte possibile” che rispecchiasse quella descritta da Hardy. E, da birra commemorativa, la Thomas Hardy’s Ale divenne un vero e proprio classico prodotto regolarmente.
Nel 1996, con il cambiamento di gestione, fu deciso di dare un nuovo nome all’azienda, e la scelta cadde su Thomas Hardy.
Nel 1998 la Thomas Hardy costituì una joint venture con la Burtonwood Breweries (nel Cheshire), risalente al 1867 e, dal 1964, società pubblica. Nacque così la Thomas Hardy Burtonwood.
Nel 1999 la Thomas Hardy’s Ale fu messa fuori produzione per i suoi costi eccessivi. L’anno dopo, la Thomas Hardy chiudeva addirittura i battenti.
Nel 2003 l’importatore americano George Saxon acquisì il marchio della Thomas Hardy’s Ale e ne affidò la produzione alla O’Hanlon’s Brewey che però, dal 2008, non ne volle più sapere.
Solo nel 2015 la Thomas Hardy’s Ale rientrò in produzione, presso la Meantime, grazie alla nostra Interbrau.
Thomas Hardy’s Ale, classico barley wine inglese di colore ambrato carico con riflessi bronzei e dall’aspetto a malapena velato (g.a. 11,7% nel 2015, ma essa varia in base all’annata). Il colore invece è dovuto sia all’intensità che al lungo processo di bollitura il quale provoca la caramellizzazione dei malti. Durante la produzione viene aggiunto lievito diverse volte, sia in fermentazione che nei tre mesi di maturazione. Almeno metà della maturazione avviene a temperatura ambiente, dopodiché la birra viene raffreddata per far precipitare il lievito in sospensione. Non subisce filtraggio né pastorizzazione, tanto meno vengono aggiunti in bottiglia lieviti o sostanze fermentescibili. La produzione, con solo malto pale britannico, avviene una volta all’anno, millesimata e a tiratura limitata. Per l’elevato contenuto di etanolo, la carbonazione è molto bassa; e la schiuma, di un crema pallido, risulta ruvida, scarsa ed evanescente. L’olfatto, di finezza elegante, propone, in un’intensità molto elevata, aromi di malto, tabacco bianco, miele, cioccolato, frutta (troppo matura, secca, candita e sotto spirito), sciroppo d’acero, luppolo, zucchero di canna, cuoio, legno, cantina umida; e, tra i sentori di sottofondo, quelli ossidati che ricordano i vini liquorosi, nonché di caramello, sherry, spezie leggere. Il corpo, medio-pieno, ha una tessitura oleosa alquanto appiccicosa. La prorompente forza alcolica delizia il palato con una dolcezza infinita. Il sapore si snoda all’insegna di un malto amabile, impreziosito da “sapienti” punte acidule in prossimità del traguardo. Il finale dona note amare intessute di toni affumicati e di liquirizia. Il lungo retrolfatto si esalta con soavi suggestioni di uva passa, datteri, fichi succosi. Si tratta di un prodotto che matura bene in cantina fino a 25 anni, e anche più. Se ne sconsiglia comunque il consumo prima di 5 anni. Con l’invecchiamento, il gusto si affina gradualmente, perdendo nella ricchezza fruttata ma acquistando una prelibata e ineguagliabile pastosità. Insomma, una perfetta birra da meditazione.
Una piccola quantità di Thomas Hardy’s Ale, edizione 2015, lasciata maturare per sei mesi in barili di Hine Cognac, ha dato Thomas Hardy The Historical Ale 2016 (Hine Cognac).
Con lo stesso metodo di produzione, ma con uso di botti del Tennessee Whisky, si è ottenuto Thomas Hardy The Historical Ale 2017 (Tennessee Whisky).
Per entrambi i prodotti, la gradazione alcolica è del 12.7%. L’invecchiamento rende il vino d’orzo ancora più sfaccettato e complesso. E le sfaccettature e la complessità risentono del legno utilizzato per due distillati diversi.