Tratto da La birra nel mondo, Volume III, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Varsavia/Polonia
Azienda, col quartier generale nella Capitale, nata nel 1999 dalla fusione di due grandi birrifici, la Lech Browary Wielkopolski e la Tyskie Browary Książęce.
Nel 2003 rilevò la Browar Dojlidy. Nel 2008 acquistò da Palm Breweries il suo più grande stabilimento di produzione in terra polacca, la Browar Belgia di Kielce (nata appena nel 1997), che però cessò la produzione solo un anno dopo.
Nel 2009 la Kompania Piwowarska era di proprietà al 100% della SABMiller. E, col passaggio, nel 2016, del colosso afroamericano alla Anheuser-Busch InBev, fu venduta alla giapponese Asahi.
Attualmente, con una produzione annua di oltre 14 milioni di ettolitri, la Kompania Piwowarska controlla il 45% del mercato polacco della birra.
Lech Browary Wielkopolski/Poznań
La moderna fabbrica di birra di Poznań fu costruita tra il 1975 e il 1980. Nel 1984 venne aggiunta una malteria.
Fino al 1992, insieme ad altri birrifici di Poznań, fece parte della Wielkopolskie Zakłady Piwowarsko-Słodownicze SA; ma, entro l’anno, fu trasformata in una società di proprietà dello Stato, Lech Browary Wielkopolski SA. Con la privatizzazione del 1993, la quota di maggioranza del suo capitale sociale andò alla finanziaria Euro Agro Centrum Poznań (di proprietà dell’imprenditore Jan Kulczyk), mentre il 15% fu acquistato dalla South African International (che nel 2009 prenderà il nome di SABMiller).
Nel 1996 il birrificio fu rilevato dalla South African International che, nello stesso anno, insieme a Jan Kulczyk, acquistò la Tyskie Browary Książęce. Tre anni dopo i due birrifici venivano fusi nella Kompania Piwowarska.
Lech Premium, premium lager di colore giallo dorato chiaro (g.a. 5%, in precedenza 5,2%). La carbonazione è di media consistenza, con una schiuma bianca sottile, cremosa, di lenta dissoluzione e buona aderenza. L’aroma si esprime più tenue che delicato: crosta di pane, miele d’arancio e cereali si lasciano guidare da un luppolo erbaceo che appare, a sua volta, piuttosto “stanco”, anche se ha di tanto in tanto qualche impennata addirittura pungente. Il corpo leggero tende al medio, in una trama decisamente acquosa. Il gusto è distintamente marcato dal malto che, col sostegno di fondo del mais, della paglia, della mollica di pane, del fieno bagnato, della polpa di mandarino, regge bene il confronto con la terrosità e l’erbaceo del luppolo, rimanendo in discreto equilibrio dolceamaro. Il finale è di un fresco fruttato. Nel corto retrolfatto si esalta la corretta luppolizzazione, con invitanti suggestioni amarognole, secche e acidule.
Lech Pils, pilsener di colore giallo pallido (g.a. 5,5%); in produzione dal 1982. Nel 2006 fu ridotto l’ABV del 5,7%. È destinata, in particolare, al mercato della Grande Polonia. Con una vivace effervescenza, la schiuma bianca trabocca sottile, densa, di buona allacciatura ma debole tenuta. Al naso, malto, lievito fresco, mais, burro, verdure cotte, spirano sotto l’egida di un delicato luppolo floreale. Il corpo oscilla tra il medio e il leggero, in una consistenza prettamente acquosa. Anche il gusto risente il rampicante, in maniera però appena percettibile, e scorre in un alveo di malto dalla secchezza accentuata. Al finale agrodolce di breve durata, tiene dietro un discreto retrolfatto piacelmente amaro e rinfrescante.
Tyskie Browary Książęce/Tychy
Il più grande birrificio industriale polacco, e uno dei più antichi in Europa, sorse nel 1629. Allora era conosciuto in Germania come Fürstliche Brauerei Tichau, in quanto di proprietà della nobile casa tedesca Von Promnitz.
Nel 1861 passò sotto la gestione di Hans von Hochberg. Nel 1893 poté addirittura avvantaggiarsi della linea ferroviaria Browar-Dworzec Kolej.
Tra il 1918 e il 1939 si fuse con le società concorrenti vicine. Dal 1934 però, per tasse non pagate, rimase ininterrottamente sotto l’amministrazione provvisoria dello stato polacco.
Con l’occupazione di Tychy, il 3 settembre 1939, da parte dell’esercito tedesco, il suo nome fu cambiato in Fürstliche Brauerei AG in Tichau e il birrificio rimase sotto la gestione delle autorità occupanti fino alla liberazione del 27 gennaio 1945.
Subito rilevato dai dipendenti, dopo solo qualche giorno, il primo febbraio, il birrificio fu nazionalizzato e riprese la produzione il 6 marzo, una volta portati a termine i lavori di riparazione e di ammodernamento. E la produzione, dai 402 mila ettolitri del 1950, passò, nel 1973, a 899 mila.
Nel 1973 iniziarono le esportazioni. Mentre, dal 1989, cominciarono anche gli adattamenti alle nuove condizioni e il passaggio a un’economia di mercato.
La completa modernizzazione degli anni ’90 portò anche alla costruzione di un nuovo edificio accanto, Technikum, costituito da un impianto d’imbottigliamento e un centro di vendita e assistenza clienti. Sicché oggi il birrificio si estende su entrambi i lati della via Mikołowska. Ovviamente, la parte storica è sotto protezione conservativa. Nel 2004 sorgeva anche, all’interno dello stabilimento, il Tysky Brewing Museum, il secondo a Tychy.
Tyskie è uno dei marchi leader di birra in Polonia, con una grande distribuzione all’estero, grazie alla rete internazionale, prima, della SABMiller e, poi, dell’Asahi. Fino al 2011 veniva prodotta anche la Pilsner Urquell.
Le bottiglie sono famose per la loro particolare confezione bianca. L’etichetta raffigura una corona reale per commemorare Giovanni III Sobieski re di Polonia, nato nel 1629, lo stesso anno in cui la famiglia Von Promnitz stabilì un birrificio nella città di Tychy.
Tyskie Gronie, lager di colore dorato con riflessi giallo limone (g.a. 5%); da una ricetta del secolo XVII. A maggio del 2018, rimuovendo lo sciroppo di glucosio, la gradazione alcolica del 5,6% fu abbassata. Vincitrice di numerosi premi internazionali, costituisce la marca di birra numero uno in Polonia (con una quota di mercato del 18%) e spopola nelle tante comunità polacche all’estero. Con una media effervescenza, la schiuma bianca, ricca, fine, pannosa, ostenta durata e aderenza. Al naso, un ottimo luppolo floreale sa essere delicato anche con i componenti della concorrenza: malto, erba, lievito, cereali, biscotto, miele millefiori, pane, polpa di arancia e mandarino. Il corpo leggero tende appena al medio, in una consistenza decisamente acquosa. Nel gusto, la dolcezza conferita da malto, cereali, miele, crosta di pane, frutta matura, domina la prima parte della corsa; poi, arrivano le note aspre di un luppolo erbaceo e resinoso, e la musica cambia bruscamente, regalando una “sinfonia” dolceamara, che delizia a lungo il palato. Il finale è fresco, pulito, e con una punta di acidità. Il retrolfatto vorrebbe apparire neutrale, ma nasconde male le sensazioni di mais dolce.
Tyskie Książęce, premium lager di colore giallo dorato chiaro (g.a. 5,7%). La carbonazione è un po’ più sostenuta rispetto alla media tipologica; la spuma bianca, ricca e densa, durevole e aderente. L’aroma si apre con tenui sentori di luppolo a base di erbe che, obtorto collo, accetta la compagnia di un malto granuloso, del fieno, del grano, della frutta e di varie verdure fresche. Il corpo mostra una certa leggerezza, nelle sua consistenza decisamente acquosa. Anche nel gusto il rampicante si rivela di estrema delicatezza, tenendo in piedi per l’intero percorso un quasi perfetto equilibrio con malto, caramello, biscotto, frutta matura, che restano costantemente alla base. Nel finale il cereale prende una parvenza di sopravvento, ma sol perché il luppolo emerge un po’ in ritardo. E, nella sufficiente persistenza retrolfattiva, non si fanno attendere le impressioni amare.
Browar Dojlidy/Białystok
Nel 1768 Hetman Jan Branicki costruì una fabbrica di birra nella tenuta Dojlidy, nel voivodato della Podlachia. Tre anni dopo, alla sua morte, la moglie, Izabella Poniatowska, sospese l’attività.
Nel 1891 la tenuta Dojlidy passò ai conti Rüdiger, che, sul sito dell’ex maniero Krusensternów, costruirono un palazzo in stile neoclassico con, accanto, un birrificio a vapore.
Nel 1915 i russi portarono via tutta l’attrezzatura della fabbrica. Nel 1919 la Polonia riacquistò l’indipendenza. L’amministratore generale delle merci di Białystok, il barone Rudolf von Brandstein, con un’abile manovra presso il Governo, ottenne il permesso di rilanciare la fabbrica, contravvenendo alla riforma agraria. Poiché infatti la proprietaria, baronessa Sophia z Kruzenszternów Rüdiger, non aveva mai avuto la cittadinanza polacca per aver vissuto sempre a Berlino, la gestione della fabbrica sarebbe dovuta passare allo Stato.
Nel 1921 la baronessa vendette castello e birrificio alla Discount Bank di Varsavia e alla Polish-American People’s Bank di Cracovia che, a loro volta, li rivendettero al principe George Raphael Lubomirski. Rilanciata secondo criteri moderni, la fabbrica in breve tempo salì al settimo posto tra i principali produttori del Paese.
Durante la seconda guerra mondiale, la birra della Dojlidy veniva esportata in Germania. Ma nel 1944, ritirandosi da Białystok, le truppe tedesche distrussero la fabbrica.
Sotto la gestione statale, la Browar Dojlidy, tra il 1948 e il 1954, fu ricostruita ma cambiò anche nome, Białostockie Zakłady Piwowarsko-Słodownicze. Nel 1969, con l’annessione alle birrerie Łomża e Suwałki, si ebbe la Zakłady Piwowarskie.
Nel 1996 divenne azionista di maggioranza la tedesca Binding e l’anno dopo il nome venne cambiato in Browar Dojlidy. Seguì nei due anni successivi una profonda modernizzazione della fabbrica.
Infine, nel 2003, la Dojlidy fu acquistata dalla Kompania Piwowarska, la controllata polacca della SABMiller. Di conseguenza, dovette abbandonare la propria gamma, a eccezione del suo fiore all’occhiello, la Żubr, che attualmente viene prodotta in tutti e tre gli impianti della Kompania.
Żubr, imperial pils/strong lager di colore dorato chiaro (g.a. 6%, in precedenza 6,2%). Prodotta fin dall’inizio, in passato era conosciuta come Dojlidy. È la seconda birra più popolare in Polonia, con una quota di mercato del 14%. Viene fabbricata anche su licenza, all’estero, specialmente nel Regno Unito, reclamata a gran voce dalla comunità polacca. La commercializzazione avviene in bottiglie e lattine verdi distintive, con il logo che presenta in primo piano il bisonte europeo. Con una media effervescenza, la schiuma bianca sbocca alta e soffice, dissipandosi lentamente e lasciando un buon pizzo. L’aroma si libera moderatamente dolce, con sentori di malto, caramello, fieno, pane, miele, frutti di bosco, sottile luppolo erbaceo e speziato. Il corpo, da leggero a medio, presenta una tessitura tra acquosa e oleosa. Il gusto, un mix di dolce, amaro e acido, reca un tocco di caramello bruciato. La corsa termina in una consistenza luppolizzata e amarognola. Il retrolfatto indugia nelle sue piacevoli suggestioni di tostature, asciutte e pulite.