Tratto da La birra nel mondo, Volume II, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Kirkstall/Inghilterra
La produzione di birra a Kirkstall, un sobborgo di Leeds (nel West Yorkshire), risale al 1152, allorché alcuni monaci cistercensi fondarono, sulla sponda nord del fiume Aire, la Kirkstall Abbey.
Poi Enrico VIII diede inizio alla dissoluzione dei monasteri in Inghilterra e, nel 1539, alla presenza di tutti i monaci, l’abate John Ripley firmò lo scioglimento ufficiale dell’abbazia di Kirkstall che passò in mano a diversi privati. Fu infine, nel 1889, acquistata dal colonnello John North che la donò al Leeds City Council. Portato a termine un importante progetto di restauro, nel 1895 la Kirkstall Abbey veniva aperta al pubblico.
Intanto, tra il 1860 e il 1870, su entrambi i lati del Leeds Liverpool Canal, erano stati costruiti gli edifici della Kirkstall Brewery, registrata nel 1871. E, nel 1898, questa fabbrica produceva già 72 mila barili di birra.
La sua posizione sul canale le consentiva di trasportare su chiatte i barili di birra fino al porto di Liverpool, dove avveniva l’imbarco per le colomie inglesi in Australia e Nuova Zelanda. E, negli anni di maggiore splendore, la Kirlstall Brewery possedeva diversi pub, aveva addirittura rilevato due fabbriche a Leeds, la Albion Brewery e la Willow Brewery.
Poi, nel 1938, la Kirkstall Brewery fu, a sua volta, acquistata dalla Dutton’s Brewery di Blackburn, risalente al 1799. Nel 1957 quest’ultima, insieme ai suoi 784 pub, passò alla Whitbread che ammodernò i vecchi impianti della Kirkstall ma che, nel 1983, fu costretta a chiudere per la crisi birraria inglese. Mentre la Dutton’s era già stata chiusa nel 1978.
Sicché la fabbrica di Kirkstall rimase in stato di abbandono, e conseguente degrado, sino a quando, alla fine del 1990, non fu trasformata nel Kirkstall Brewery Student Village per oltre 900 studenti.
Ma, nel 2011, vicino al sito originale della storica Kirkstall Brewery, nasceva la nuova Kirkstall Brewery, a opera di Steve Holt, uomo dalla lunga esperienza nell’industria brassicola e proprietario della Vertical Drinks, azienda importatrice di birre da Stati Uniti, Belgio e Germania per la distribuzione nel Regno Unito.
Ispirato alla Craft Beer Revolution americana, Steve Holt affidò al birraio Dave Sanders, proveniente dalla Elland Brewery, una produzione che intende conciliare l’innovazione americana, soprattutto per quanto riguarda le luppolizzazioni, con la tradizione della vecchia Kirkstall Brewery. E sono proprio le birre a rievocare, coi loro nomi, il passato.
Kirkstall Dissolution Extra IPA, india pale ale di colore arancio con sfumature dorate e dall’aspetto intorbidito (g.a. 6%). Il nome fa riferimento alla dissoluzione dei monasteri in Inghilterra operata da Enrico VIII. Con una carbonazione abbastanza contenuta, la spuma biancastra emerge sottile, cremosa, stabile. L’aroma dona freschi e puliti sentori floreali, di malto, legno, caramello, luppolo, frutta tropicale, agrumi, cereali. Il corpo medio ha una consistenza tra grassa e oleosa. Il gusto si dipana morbido, gradevole, con lunghe note, prima, di miele, frutta tropicale e polpa d’arancia, poi, di resina, pino, luppolo erbaceo. Il finale arriva agrodolce, e con un tocco di pepe. Il retrolfatto è di un deciso, ma gradevolissimo, amarore da scorza di pompelmo.
Kirkstall Three Swords, american pale ale di colore giallo paglierino pallido e dall’aspetto nebuloso (g.a. 4,5%); il nome “tre spade” rievoca il vecchio logo della Kirkstall (“tre pugnali”). Con una media effervescenza, la spuma bianca emerge sottile, cremosa, ma di scarsa allacciatura. Le tre varietà di luppolo utilizzate si mettono subito in mostra all’olfatto, seguite a ruota da sentori di resina, agrumi, frutta tropicale, malto tostato, fieno, luppolo fruttato. Il corpo è piuttosto sottile, in una trama fra grassa e acquosa un po’ appiccicosa. Il gusto ha una consistenza agrodolce, fresca, dissetante: frutta matura, caramello, polpa d’arancia, biscotti, paglia, da una parte e dall’altra, luppolo floreale, erbe aromatiche, pino, scorza di limone, resina. Il finale sa tanto di luppolo terroso, e sfocia in un prolungato retrolfatto floreale d’impeccabile asciuttezza.