Hirsch-Brauerei Honer

Tratto da La birra nel mondo, Volume II, di Antonio Mennella-Meligrana Editore

Wurmlingen/Germania
Birreria di medie dimensioni, nel Baden-Württemberg. Nacque, nel 1782, come Zum Hirschen, taverna che si faceva la birra in proprio.
Nel 1865 Heinrich Zepf aprì una vera fabbrica e diede inizio alla distribuzione.
Nel 1897 la figlia di Heinrich Zepf, Fanny, sposò il mastro birraio Heinrich Honer. Questi, nello stesso anno, prese il comando dell’azienda, che divenne così Hirsch-Brauerei Honer.
Oggi l’attività è ancora nelle mani della famiglia Honer, con Gabi Lemke (nato Honer), della sesta generazione.
Affiancano la fabbrica il Beer World Museum e il ristorante-birreria Hirsch, dove, oltre alla birra fresca della casa, si possono gustare le specialità regionali della cucina sveva.
Hirsch Premium Pils, pilsener di colore dorato verdolino (g.a. 5%); in precedenza, conosciuta come Honer Pils. Con una carbonazione piuttosto alta, la spuma fuoriesce enorme ma non così duratura. L’olfatto propone sentori di malto, luppolo erbaceo, cereali, agrumi, spezie dolci leggere. Il corpo, medio-leggero, presenta una trama pressoché oleosa, anche appiccicosa. Il gusto è di un amaro delicato, conferito dall’ottimo luppolo a base di erbe fresche e odorose, con l’apporto determinante di note secche di frutta acerba e di agrumi. Il finale appare quasi metallico. Il retrolfatto indugia con le sue acri suggestioni che richiamano la buccia di limone.
Hirsch Hopfensau, zwickelbier di colore ambrato dorato (g.a. 5,2%). La schiuma ocra, minuta e cremosa, è gestita da una media effervescenza. L’aroma si rivela alquanto debole, ai limiti dell’assenza, con accenni di malto tostato, caramello, grano, erba, luppolo, e un pizzico di noce moscata. Il corpo, piuttosto sottile, ha una consistenza da grassa ad acquosa. Una solida base di malto sostiene il sapore che defluisce a proprio agio, tra note di tostature, frutta secca, caramello, erbe aromatiche, terra, luppolo floreale. Il finale è ben equilibrato, asciutto e tostato. Il retrolfatto accusa una certa “stanchezza”, tra le sue impressioni erbacee piccanti e pressoché astringenti.