Heineken France

Tratto da La birra nel mondo, Volume II, di Antonio Mennella-Meligrana Editore

Rueil-Malmaison/Francia
Secondo produttore francese (dopo la Kronenbourg), con sede in uno dei più ricchi sobborghi di Parigi, si è costituito nel tempo, con l’acquisizione e la successiva integrazione di varie birrerie nazionali.
Possiede tre fabbriche dislocate in altrettante regioni: Brasserie Pelforth, Nord-Passo di Calais; Brasserie de l’Espérance, Alsazia; Brasserie de la Valentine, Provenza-Alpi-Costa Azzurra.
Ha una produzione annua di 5,7 milioni di ettolitri, compresi i marchi internazionali del gruppo e molte altre specialità.
Brasserie Pelforth/Mons-en-Barœul
Nel 1863 Louis Boucquey fondò, a Lille, una fabbrica di birra che, durante la prima guerra mondiale, cessò la produzione.
Nel 1921 Louis Boucquey, nipote del fondatore, si associò con Armand Deflandre e Raoul Bonduel creando, sempre a Lille, la Brasserie du Pélican, nome ispirato alla “Danse du Pélican”, molto popolare all’epoca e prendendo a emblema un pellicano appunto.
Nel 1966 la Brasserie du Pélican lasciò Lille per trasferirsi nel nuovo stabilimento di Mons-en-Barœul, sorto sul sito della Brasserie Coopétative, fondata nel 1903 e acquisita da Jean Deflandre.
Nel 1972, per esaltare la tradizione con un’immagine di forza, la Brasserie du Pélican adottò una nuova denominazione anglicizzata, Brasserie Pelforth (pel, abbreviazione di Pélican, in composizione col suffissoide forth nel significato di “forte”).
Per far poi fronte alla concorrenza e alle esigenze del mercato in piena espansione, rilevò altri produttori di birra e si fuse con la Brasserie Carlier de Coudekerque-Branche, costituendo la SA Brasserie Pelforth. Nello stesso anno acquistò il marchio irlandese George Killian’s.
Nel 1980 la SA Brasserie Pelforth fu rilevata dal gruppo BGI e, nel 1986, dalla Française de Brasserie che a sua volta, due anni dopo, venne rilevata dalla Heineken.
Attualmente la Brasserie Pelforth è la più grande delle tre fabbriche di birra della Heineken France, con una capacità produttiva di 3,5 milioni di ettolitri all’anno.
Nella sua produzione figura anche, in esclusiva per il locale tedesco Dachsbau di Krefeld, la dunkle doppelbock Dachsbau Pelfort.
Brasserie de l’Espérance/Schiltigheim
Nel 1746 John Hatt, nipote di Jérome Hatt, fondatore della Brasserie Hatt diventata poi Kronenbourg, fondò a Strasburgo la Brasserie de l’Espérance. L’ancora del campanile della non lontana chiesa di Saint-Guillaume, simbolo di speranza per i barcaioli, diede il nome alla fabbrica e alla sua birra, Ancre.
Nel 1842 la Brasserie de l’Espérance fu la prima fabbrica di birra dell’Alsazia a equipaggiarsi con un motore a vapore. Nel 1862 si trasferì a Schiltigheim e, nel 1880, si dotò di un sistema di raffreddamento industriale.
Nel 1932 si modernizzò con una nuova sala di cottura, soprannominata la “cattedrale”, per la sua sontuosità: sei caldaie di rame, vetrate e pavimento a mosaico. Questa sala, tuttora in attività, rimane il simbolo della birreria.
Nel 1964 cominciarono le prime campagne pubblicitarie per la birra Ancre, che presto intraprese la strada per l’esportazione verso 50 paesi.
Nel 1967 la Brasserie de l’Espérance si fuse con la Brasserie de Sarrebourg, nella Mosella, che però chiuse dopo soli tre anni.
Nel 1969, sempre la Brasserie de l’Espérance, entrò a far parte dell’Alsacienne de Brasserie (Albra) che, nel 1972, fu rilevata dalla Heineken.
Nel 2009, con la chiusura della Fischer, la Brasserie de l’Espérance divenne l’unico sito produttivo di Heineken France a Schiltigheim. Ma, dal 2013, un terzo della sua produzione venne distribuito tra le altre due fabbriche.
La Brasserie de l’Espérance ha anche diverse funzioni di ricerca e sviluppo: tecnologia di gestione del gruppo dirigente, gestione della qualità e della tecnologia e il centro innovazione e lo sviluppo di Heineken France.
Brasserie de la Valentine/Valentine
Fabbrica di birra nel quartiere La Valentine di Marsiglia, sulla riva destra dell’Huveaune. Fu fondata nel 1821 recuperando un’ex fabbrica di birra in fallimento. La birreria attuale invece fu costruita nel 1872.
Nel 1881 prese il nome di Brasserie et Malterie Moderne de la Valentine. Nel 1886 divenne S.A. Brasserie et Malterie du Phénix e prese a emblema il favoloso uccello appunto della mitologia egiziana.
Nel 1969 si unì alla Française de Brasserie che, nel 1988, passò al gruppo Heineken.
Tra il 1988 e il 1966 la Heineken investì oltre 80 milioni di euro per mettere la fabbrica di Marsiglia in grado di soddisfare la crescente richiesta di mercato.
Oggi questa fabbrica non produce più la sua storica Phénix; e, sotto la vecchia denominazione di Brasserie de la Valentine, fornisce la maggior parte del sud della Francia.
Le seguenti, sono invece vecchie fabbriche del gruppo.
Brasserie Mutzig/Mutzig
Tipica azienda alsaziana, fu fondata nel 1810 da Antoine Wagner nel cuore di Mutzig (non lontano dal confine con la Germania), per poi spostarsi verso l’ingresso occidentale della città.
Cinque generazioni di Wagner non si risparmiarono nella modernizzazione continua della fabbrica per rimanere al passo coi tempi.
Nel 1969 la Brasserie Mutzig entrò a far parte della Alsacienne de Brasserie (Albra), insieme a:
Brasserie de l’Espérance, di Schiltigheim;
Brasserie de la Perle, di Schiltigheim, nata nel 1882 dalla fusione delle birrerie Tête Noire e Ville de Vienne e chiusa nel 1971;
Brasserie de Colmar, nata nel 1919 dalla fusione delle birrerie di Colmar Ackerbräu, Bilger-Schmidt e Molly e chiusa nel 1975;
Brasserie Haag, di Ingwiller, fondata nel 1795, passata sotto il controllo della Brasserie de l’Espérance nel 1947 e chiusa nel 1972.
Nel 1972 la Heineken International acquisì il gruppo Albra e, nel 1980, costituì la Heineken France.
Nel 1989 anche alla Mutzig toccò la triste sorte della chiusura.
Brasserie Adelshoffen/Schiltigheim
Brasserie-malteria fondata nel 1864 dai fratelli Ehrhard sul sito di un ex frantoio. Il nome è quello di un’antica città del Basso Reno che si trovava nei pressi di Strasburgo, sul territorio dell’attuale comune di Schiltigheim.
Con l’annessione dell’Alsazia-Lorena all’Impero tedesco, per continuare a servire i propri clienti francesi, la Brasseria Adelshoffen dovette cambiare il nome in Brasserie de la Meuse. Nel 1883 la stessa fabbrica divenne società per azioni sotto il nome di Brasserie Adelshoffen. Con l’aumento dei dazi doganali francesi, l’azienda si associò, nel 1902, con la fabbrica di birra tedesca Hannenbräu Gesellschaft, diventando una società pubblica di diritto tedesco, Strassburger Münsterbräu.
Ritornata, nel 1918, l’Alsazia-Lorena alla Francia, la fabbrica di birra riprese il nome originario, passando poi, nel 1922 alla Brasserie Fischer. Nel 1938 divenne una società per azioni di diritto francese. Nel 1950 elaborò la Pils; nel 1981 lanciò la Adelscott, una birra al malto di whisky che le permise di superare un periodo difficile. Nel 1987 Adelscott diventò la birra di punta della Brasserie Adelshoffen che, coi suoi 80 mila ettolitri, raggiunse la produzione annua di 360 mila ettolitri.
Nel 1996 la Heineken International divenne azionista di maggioranza del gruppo Fischer-Adelshoffen. Nel 2000 la fabbrica Adelschoffen venne chiusa. La sua produzione passò quindi alla Fischer e, quando nel 2009, venne chiusa anche la fabbrica Fischer, la Adelschott, la birra principale del marchio Adelschoffen, passò alla Brasserie de l’Espérance, sempre di Schiltigheim.
Brasserie Fischer/Schiltigheim
Birreria alsaziana di medie dimensioni. Fu fondata, come Brasserie L’Ours-Blanc (“L’Orso Bianco”), a Strasburgo nel 1821 da John Fischer. Nel 1840, in omaggio al fondatore, cambiò il nome in Brasserie Fischer; mentre, nel 1854, si trasferì a Schiltigheim per la migliore qualità dell’acqua.
Dopo essersi affermata nella seconda metà del secolo, agli inizi del successivo cominciò, tra le prime in Alsazia, la produzione a livello indutriale. Intraprese anche l’acquisizione di diverse piccole fabbriche di birra locali: 1903, Hache; 1904, Brasserie de l’Aigle; 1905, Brasserie du Rhin; 1906, Nico, Amos e Saint-Louis; 1914, Brasserie de la Ville de Paris.
Nel 1912 costruì, all’ingresso sud di Schiltigheim, una malteria propria, alta 25 metri, che divenne il simbolo del birrificio.
Dopo la prima guerra mondiale lanciò sul mercato la pilsner Pêcheur (traduzione francese del tedesco Fischer “pescatore”). Si ricorda che nel 1919 l’Alsazia era ritornata alla Francia.
Nel 1922 acquistò la concittadina Brasserie Adelshoffen, costituendo il gruppo Fischer-Adelshoffen.
Tra il 1925 e il 1930, in occasione del lancio della Fischer Gold (che diventò poi Fischer Tradition), lanciò il Fischermannele, piccolo uomo a cavallo di un barile intento a bere una birra, che, nel 1934, divenne il simbolo ufficiale dell’azienda.
Nel 1959 acquisì il birrificio Gruber, fondato nel 1855 dal farmacista David Gruber. Mentre l’annessa Villa Gruber, abitata dalla famiglia Ehrhardt, era stata costruita nel 1933. Questo birrificio fu chiuso nel 1965.
Nel 1996 la Heineken International divenne l’azionista di maggioranza della Brasserie Fischer.
Da annotare che, all’epoca, la Fischer aveva una produzione annua che superava i 600 mila ettolitri. La sua forte presenza sul mercato era rappresentata da una gamma di lager molto diversificata, confezionate in caratteristiche bottiglie con chiusura meccanica.
Nell’autunno del 2009 la Brasserie Fischer venne chiusa e la produzione trasferita presso la Brasserie de l’Espérance e la Brasserie Pelforth. Anche parte dei macchinari passò alla Brasserie de l’Espérance. Oltre al marchio dunque, rimasero in vita soltanto il ristorante Fischerstube (che faceva parte della fabbrica) e la malteria.
Il sito, 5 ettari di terreno alle porte di Schiltigheim, abbandonato dopo la chiusura della fabbrica, subì diversi incendi e il crollo delle vecchie gallerie sotterranee. Nel 2015 il sindaco di Schiltigheim, Jean-Marie Kutner, e il presidente di Heineken France, Pascal Sabrie, presentarono il progetto di riconversione del sito in appartamenti, negozi, aree ricreative e una scuola.
Brasserie de Saint-Omer/Saint-Omer
Birreria, nella regione del Nord-Passo di Calais, che, entrata a far parte della Heineken nel 1996, nel 2008 fu venduta a André Pecquerel, suo ex amministratore delegato, ritornando così indipendente.
Fischer Tradition, forte lager di colore giallo dorato e dall’aspetto cristallino (g.a. 6%). Con un’effervescenza moderata, la ricca e fitta spuma bianca, oltre a mostrarsi durevole, disegna bei “merletti di Bruxelles” alle pareti del bicchiere. All’olfatto il malto si sprigiona con eleganza, lasciando ampio spazio anche per sentori fruttati, erbacei, di luppolo e cereali. Il corpo, medio-leggero, ha una consistenza acquosa in cui rimane ben nascosto l’alcol. Il gusto si distende pieno, con note dolciastre di malto e amarognole di luppolo, in perfetto equilibrio tra loro. Il finale, piuttosto asciutto, spiana la strada a un delicato quanto duraturo amarore retrolfattivo.
Fischer Bière Blonde, pilsener di colore oro chiaro e dall’aspetto brillante (g.a. 6%). L’effervescenza appare quasi decisa, con una schiuma fine, densa e consistente. L’aroma di luppolo reca un vago amarore, con qualche accenno erbaceo, di malto e cereali. Il corpo si presenta rotondo e abbastanza soffice, in una tessitura acquosa. L’equilibrio gustativo accusa una lieve tendenza all’amarore, dopo l’imbocco leggermente dolce. Il finale, secco e pulito, prelude a un discreto retrolfatto in cui l’amaro s’intensifica, tra suggestioni fruttate dall’accento acidulo.
Fischer Doreleï, spiced ale di colore ambrato intenso (g.a. 6,3%); con utilizzo di zucchero e aromi naturali (tra cui spezie e infusione di agrumi). Inizialmente si chiamava Doreleï; nome che nel 2007 fu cambiato in Fischer Réserve Ambrée, per diventare definitivamente, nel 2016, Fischer Doreleï. Un chiaro riferimento a Lorelei, figura leggendaria che si ritrova spesso nei componimenti dei poeti tedeschi dell’epoca romantica e che ha dato il nome alla roccia su cui appariva. Con una media carbonazione, la schiuma sgorga fine, di sufficiente densità e tenacia. L’aroma schiude aspri ma gradevoli profumi fruttati. Il corpo, da leggero a medio, presenta una trama fra grassa e oleosa. Il gusto tende delicatamente al dolce, con una punta di amaro piuttosto incisiva. Il finale reca l’impronta dei malti scozzesi e dell’alcol. La persistenza retrolfattiva è discreta, e avverte il ritorno delle suggestioni aromatiche.
Desperados, spiced lager di colore biondo pallido e dall’aspetto limpido (g.a. 6%); aromatizzata con tequila. Una creazione della Fischer, portata alla ribalta, nel 1995, dalla crescente domanda di birre aromatizzate con liquori. La controetichetta la definisce “bevanda a base di birra”. Sulla scia del successo latino-americano, viene offerta in una bottiglia trasparente dal look messicano. Il nome si riferisce al fatto che i produttori erano “disperati”, perché non sapevano proprio come chiamarla. L’effervescenza quasi decisa si manifesta con una ricca spuma fine e aderente. L’aroma, fresco di tequila, non soffoca il tenue sentore di fondo del malto. Il corpo, medio-sottile, presenta, con elegante morbidezza, una consistenza tra grassa e acquosa. In assenza di amaro, il gusto fruttato scorre fresco e vivace, riproponendo, prima di chiudere la corsa, una nota aromatica di tequila. Il finale, squisitamente amaro, non dura molto. Appare, al contrario, discreta la persistenza retrolfattiva in cui si esaltano impressioni di spezie, agrumi e frutta fresca. Siamo davanti a un prodotto trasgressivo, di enorme successo tra i più giovani, soprattutto nei momenti di socialità in locali alla moda.
Fischer Adelscott, scotch ale di un caldo colore rosso ambrato e dall’aspetto leggermente affumicato (g.a. 5,8%, in precedenza 6,6%). Fino alla sua chiusura, nel 2000, veniva prodotta dalla Brasserie Adelshoffen. Lanciata nel 1982, mentre si espandeva il consumo del whisky di malto, è rimasta con una buona nicchia di mercato. L’etichetta porta la dicitura “Birra al malto di whisky”. In effetti viene prodotta con malto da whisky di tipo scozzese, essiccato cioè al naturale calore del fuoco di torba. La spuma emerge densa, cremosa, e di buona persistenza; non così l’effervescenza, che si rivela pressoché piatta. L’aroma reca accenni di caramello, con una punta di affumicatura. Il corpo, da leggero a medio, presenta una consistenza piuttosto sciropposa. L’amaro è quasi assente; mentre si percepisce una tendenza al dolce e all’acido, accompagnata dal calore dell’alcool. Si tratta di un prodotto morbido, vellutato che, sulle note sempre più accentuate di fumo, perviene a un finale leggero e gradevolmente dolce. Anche il retrolfatto, di persistenza peraltro abbastanza lunga, esibisce disinvolto, nella propria ampia ricchezza, una lieve ma decisa propensione al fumo, nonché alla speziatura.
“33” Export, lager di colore giallo oro e dall’aspetto limpido (g.a. 4,8%). Creazione della scomparsa Brasserie de Drancy (nella regione dell’Île-de-France), oggi viene prodotta dalla Brasserie Pelforth e dalla Brasserie de la Valentine. È una birra molto popolare, com’è il numero 33 in Francia e nelle ex colonie francesi. Il nome deriva dalla confezione appunto, una bottiglia di 33 cl. Viene prodotta, anche su licenza, in molti paesi, soprattutto africani, con una gradazione alcolica oscillante tra il 4,8 e il 5,1% e non rara aggiunta di riso. La carbonazione è piuttosto contenuta; la schiuma bianca, fine, densa, stabile. L’aroma, di luppolo erbaceo, malto, grano umido, fieno, pane, si libera tenue e delicato. Il corpo è sottile e di trama acquosa. Il gusto, di cereali sottoposti a maltaggio, viene tenuto a bada da lievi note di luppolo: un sapore più dolce rispetto alle altre lager, ma particolarmente rinfrescante. Nel finale spunta una sensazione asciutta e amarognola. Il retrolfatto si rivela corto, evanescente, a malapena sfiorato da note vegetali.
Pelforth Brune, brown ale di colore bruno rossiccio (g.a. 6,5%). Rappresenta il prodotto di punta dell’azienda. Fu lanciata nel 1937. La schiuma beige, cremosa e abbastanza stabile, è gestita da una morbida effervescenza. Nell’aroma, intensamente fruttato, non faticano a mettersi in mostra sentori di segale, melassa, caffè tostato, caramello, malto, pane, liquirizia; e, soprattutto, un energico, quanto scalpitante, alcol. Il corpo possiede una morbida, vivace, anche un po’ untuosa, rotondità. Il gusto pastoso scivola su fondo alquanto dolce per assumere, verso il traguardo, una netta consistenza di torrefazione e di cacao amaro. Le note secche e pulite del lungo finale preannunciano un retrolfatto speziato pressoché astringente.
Pelforth Blonde, lager di colore biondo dorato (g.a. 5,8%). Il filtraggio le dona un aspetto brillante. La carbonazione appare quasi piatta; la spuma bianca, soffice e di media ritenzione. L’aroma si offre piuttosto dolce, con malto un po’ granuloso, luppolo erbaceo, fieno fresco, agrumi, cereali. Il corpo, medio-leggero, ha una trama oleosa. Il gusto, moderatamente segnato dall’amabilità del malto, si distende fresco e asciutto, con un accenno di amarore verso la fine della corsa. Il rivestimento, lieve di agrumi e alquanto appiccicoso, lascia un discreto retrolfatto dalle suggestioni amarognole ma piacevoli.
Pelforth George Killian’s, irish ale di colore rossiccio (g.a. 6,5%). È la versione francese della Enniscorthy Ruby Ale, un tempo fabbricata in Irlanda dalla Lett’s Brewery. Con una moderata effervescenza, la schiuma, di un bel color panna, emerge sottile e tenace. Nell’area olfattiva prevalgono i toni caldi del malto, tra richiami di legno, caramello, luppolo fruttato, lievito, noci. Il corpo rotondo presenta una tessitura un po’ grassa. Il prelibato sapore, ugualmente di malto e orientato al dolce, viene perfettamente stemperato da note di frutta aspra, caramello bruciato, luppolo terroso. Il finale, dopo un inizio abboccato, diventa amarognolo e secco. Nel retrolfatto, piuttosto evanescente, si percepiscono impressioni di bacche, prugne, nocciola.
Mutzig Old Lager, strong lager di colore ambra chiaro (g.a. 6,9%). La spuma, bassa, sottile e di media durata, è gestita da una carbonazione quasi piana. L’aroma si libera deciso, a base di malto, caramello, fieno, erbe, luppolo fiorito. Il corpo medio ha una consistenza un po’ acquosa. Il gusto, intenso, rotondo, pieno di malto, viene “sapientemente” tenuto in equilibrio da un ottimo luppolo. Il finale arriva secco, e con accento acidulo. La persistenza retrolfattiva propone lunghe suggestioni di luppolo, spezie, liquirizia, avvolte in un caldo, cordiale, alone alcolico.