Tratto da La birra nel mondo, Volume III, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Città del Messico/Messico
Braulio Iriarte aveva 17 anni quando arrivò in Messico dalla Spagna, nel 1877.
Diventato proprietario di panifici e del Molino Euzkaro a Città del Messico, insieme ad altri facoltosi imprenditori spagnoli emigrati, nel 1922 fondò la Cervecería Modelo (in spagnolo, modelo significa “modello” o “esempio”). Tre anni dopo, nel quartiere di Santa Julia, nella Municipalidad de Tacuba, poi inglobata nella metropoli messicana, fu inaugurata la fabbrica. Nello stesso 1925, vide la luce la Corona, birra chiara, cui seguì, l’anno successivo, la scura Negra Modelo.
All’epoca, anche per problemi di refrigerazione, la birra non era così popolare in Messico. I più bevevano infatti l’economico pulque, ottenuto dalla fermentazione del succo di agave. Tuttavia, nel 1928 la Modelo vendeva 8 milioni di bottiglie di birra.
Alla morte di Braulio Iriarte, nel 1932, rimasero unici soci del birrificio i fratelli Oyamburu, Arce e Pablo Díez. Quest’ultimo, presidente fino al 1971, non tardò a mettere in atto una tenace politica di espansione, ampliando la propria infrastruttura con l’acquisto di altri birrifici messicani e costruendo nuovi stabilimenti:
Compañía Cervecera de Toluca y México, Toluca, Stato del Messico (acquisita nel 1935 e non più in attività)
Cervecería del Pacífico, a Mazatlán, Sinaloa (acquisita nel 1954)
Cervecería La Estrella, a Guadalajara, Jalisco (acquisita nel 1954)
Cervecería Modelo del Noroeste, a Ciudad Obregón, Sonora (acquisita nel 1960 dall’associazione di maggioranza di Modelo con la società Inversiones y Fomento del Noroeste, SA)
Cervecería Modelo de Torreón, a Torreón, Coahuila (creata nel 1967 con la liquidazione della Cervecera de la Laguna)
Cervecería Yucateca, a Mérida, Yucatán (acquisita nel 1979)
Compañía Cervecera del Trópico, a Tuxtepec, Oaxaca (creata nel 1984)
Compañía Cervecera de Zacatecas, a Zacatecas, Zacatecas (creata nel 1997): la più grande fabbrica di birra al mondo, con una capacità produttiva annua di ben 24 milioni di ettolitri
Un impianto sperimentale a Città del Messico
Due impianti artigianali a Tecate e Tijuana, Baja California
Mentre, già dalla fine del proibizionismo, avevano avuto inizio le esportazioni negli Stati Uniti, anche se non proprio importanti fino agli anni Settanta.
Nel febbraio 1994 il Grupo Modelo divenne una società pubblica collocando il 13% del capitale sociale nella borsa messicana.
Per assicurare la copertura del fabbisogno del Nord America (dopo il Messico, il suo mercato più importante), vicino alla frontiera americana, nel Coahuila, costruì un nuovo stabilimento, la Cervecera de Piedras Negras, uno dei più moderni al mondo (interamente automatizzato), dalla capacità produttiva annua di 10 milioni di ettolitri.
A partire dal 2008, in base a un accordo con la Carlsberg per lo sviluppo di una collaborazione internazionale, il colosso danese prese a commercializzare Corona Extra, Modelo Negra e Modelo Especial in Italia, Svizzera, Malesia e Singapore. A sua volta, il Grupo Modelo diventava distributore esclusivo in Messico della birra Carlsberg.
A giugno 2012 la AB InBev, che deteneva il 50% del Grupo Modelo, provò a comprare l’altra metà. Si oppose però il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, temendo che una compagnia di tali dimensioni potesse soffocare la concorrenza nel Paese. L’anno successivo la questione venne risolta con la cessione alla società concorrente Constellation Brands Inc. (il più grande produttore e importatore americano di bevande alcoliche) di tutta la produzione del Grupo Modelo venduta negli Stati Uniti.
Ovviamente il Grupo Modelo ha sempre continuato a investire nell’espansione e nella modernizzazione della sua capacità produttiva in Messico. Nel 2017 aprì infatti la Cervecería Yucateca, a Hunucmá, Yucatán, con una capacità produttiva iniziale di 7 milioni di ettolitri all’anno.
Leader del Paese nella produzione, distribuzione e commercializzazione di birra, ha una capacità installata annua di 61,5 milioni di ettolitri, con il 63,2% della quota di mercato totale (nazionale ed export). Possiede 12 fabbriche (tutte in Messico), tra cui 9 impianti industriali, 1 sperimentale e 2 artigianali.
Attualmente produce 17 marchi nazionali. Oltre alle ambrate tipo vienna e alle scure in stile münchner, compaiono lager leggere di chiara impronta americana. A parte, dal 2014, i marchi artigianali Cucapá, Bocanegra, Tijuana, Mexicali e altri.
I principali marchi di esportazione, in 180 paesi, sono Corona, Modelo e Pacífico.
Il Grupo Modelo ha inoltre i diritti esclusivi in Messico per l’importazione e la distribuzione di birra prodotta dalla Anheuser-Busch InBev in varie parti del mondo. Importa anche il marchio cinese Tsingtao e la birra danese Carlsberg.
È infine un’azienda quasi completa e autonoma: possiede campi per la coltivazione dell’orzo, impianti di maltaggio, fabbriche di bottiglie e di tutto quanto occorre al confezionameto, addirittura miniere che forniscono le materie prime per fare il vetro. E non è finita.
Ha 10 impianti operativi verticali (vetrate, malta, barche e plastitapas).
È proprietaria della catena Extra convenience store, che vanta 2100 punti vendita in Messico e fa parte del modello verticalmente integrato di Grupo Modelo di produzione e vendita di birra. Attraverso un’alleanza strategica con Nestlé Waters, produce e distribuisce in Messico i marchi di acqua in bottiglia Sta. María e Nestlé Pureza Vital, tra gli altri.
Corona Extra, lager di un bel colore dorato esaltato dal vetro trasparente nel suo aspetto perfettamente limpido (g.a. 4,5%). La birra più venduta in Messico, è anche il principale marchio messicano di esportazione, con le credenziali di una delle migliori cinque birre al mondo. Fu prodotta per la prima volta nel 1925 da Cervecería Modelo, concepita come dissetante leggero ed economico per la classe operaia messicana. Nel 1940 iniziò la commercializzazione delle bottiglie con il marchio serigrafato. A partire dagli anni Cinquanta la Corona Extra prese a sponsorizzare vari eventi sportivi. Nel 1976 cominciò a essere esportata negli Stati Uniti ove divenne subito famosa.
Nel 1997 era riuscita a scalzare la Heineken dalla prima posizione tra le birre importate in America. Nel 2001 era una delle lager più vendute al mondo, presente in 150 paesi. Molto familiare nei bar europei, arrivò in Italia nel 1989. E, da noi, anche grazie a una ricca gamma di articoli promozionali e all’organizzazione di colorate feste a tema, nel solo 2001 ne furono vendute 20 milioni di bottiglie. In Spagna, come anche in altri paesi, viene commercializzata con il nome Coronita Cerveza, a causa della titolarità del marchio Coronas da parte del produttore di vino Bodegas Torres. Ma… merita davvero tanta gloria? Senz’altro risulta una birra leggera, beverina e dissetante se bevuta fredda. Non è nemmeno da prendere in considerazione però un qualsiasi paragone con la Negra Modelo. E adesso cerchiamo di capire come sia insorta l’usanza di bere la Corona Extra, non nel bicchiere, ma con una fettina di lime (in mancanza, di limone) inserita nel collo della bottiglia. Tanti giornalisti hanno rivolto la domanda direttamente al Grupo Modelo, senza però ottenere alcuna risposta. Si è cercato quindi di trovare un motivo nella tradizione locale. Per alcuni, i messicani infilavano l’agrume all’imboccatura del collo della bottiglia aperta per tenere lontano le mosche, molto diffuse in un paese caldo come il Messico. Per altri il lime (inizialmente solo strofinato sul bordo del collo) aveva la funzione di non fare avvertire il sapore della ruggine che i primi tappi a corona di scarsa qualità spesso rilasciavano. Ma la spiegazione più convincente è quella secondo la quale l’agrume viene utilizzato per mascherare il gusto skunky della birra, dovuto al deterioramento degli oli essenziali del luppolo a causa dell’esposizione, in bottiglia trasparente, ai raggi solari. Così come il collo della bottiglia equivale a un calice lungo che maschera il sapore. Addirittura non si può dar torto ai più maligni i quali sostengono che la fetta di lime abbia semplicemente la funzione di dare un po’ di gusto a una birra praticamente insapore. Lo stesso risultato che si ottiene appoggiando le labbra alla bocca della bottiglia cosparsa di sale fino (come fanno anche alcuni). Questo spiegherebbe come mai in Messico non sia diffusa (anche se altre birre messicane, come la Sol, vengono consumate alla stessa maniera) questa usanza. E i bar la mettono in pratica soltanto con i turisti stranieri. Quindi spostiamo la ricerca altrove, anche per dare una risposta a quella che è diventata una vera e propria globalizzazione. Anzi ricordiamo che, all’inizio, i messicani si scompisciavano dalle risa quando vedevano gli yuppie nordamericani svolgere il bizzarro rituale. Ma per quei rampanti la Corona Extra era una birra di culto, e loro che facevano moda diffusero l’usanza in tutta l’America, soprattutto presso i più giovani. L’Europa, come il solito, copia gli americani. L’usanza potrebbe essere dunque nata come strategia di marketing, allo scopo di differenziare sui mercati esteri la Corona da altre birre. Bere una Corona infatti non vuol dire soltanto dissetarsi, bensì anche tenere in mano una bottiglia dal design attraente, condividere un’esperienza di consumo giovane. Una diffusione capillare tra i giovani di tutto il mondo, frutto di sapienti campagne di comunicazione che hanno legato, e legano, la Corona Extra a eventi sportivi, musicali e spettacolari. La Modelo inoltre sta lanciando in molti paesi i Corona Bar, locali a tema caraibico basati sul brand Corona appunto. Quanto invece alla composizione della birra, la particolare miscela di orzo, riso e mais tollera solo una minima percentuale di luppolo. Con una media effervescenza, la spuma bianca si alza soffice, non così generosa, tanto meno di particolare tenuta. Nell’aroma, di scarsissima intensità, riso, miele, agrumi, fieno, sciroppo di mais, sembrano quasi fare il verso al luppolo. Il corpo è molto leggero, e di consistenza altrettanto acquosa. Nella sua corsa, peraltro rapida, il gusto accenna soltanto a note fruttate, vegetali e luppolizzate: risulta comunque delicato, ai limiti della neutralità, quasi a ricordare la sua funzione specificatamente dissetante e rinfrescante. Le impressioni dell’amaricante, si avvertono più distintamente nel retrolfatto, dopo uno sfuggente finale appena secco ma pulito.
Corona Light, light lager di colore oro pallido dall’eccellente chiarezza nell’aspetto (g.a. 3,7%). È il secondo marchio Corona, realizzato per la prima volta nel 2007, e la prima birra leggera della Modelo. Si tratta della versione light della Corona Extra con il 30% in meno di calorie ma con lo stesso sapore rinfrescante. Ha una carbonazione da media a vivace; spuma bianca sottile, non così generosa però alquanto tenace; delicato aroma di grano ed erbe, con qualche accenno di malto, luppolo, mais, lievito; corpo sottile, e di trama acquosa; gusto con le medesime sensazioni avvertite al naso, magari di una moderata dolcezza; corto finale ben luppolizzato; sfuggente retrolfatto con vaghi richiami di malto dall’accento amarognolo.
Corona Cero, la prima birra della casa senza alcol, lanciata nel 2016: bassa carbonazione, schiuma scarsa ed evanescente, corpo scarno e di consistenza molto acquosa, aroma e gusto dolciastri con note di pane e chewing-gum, croccante finale di malto, soltanto un accenno di amaro metallico nel retrolfatto.
Modelo Negra, premium lager di colore marrone rossiccio (g.a. 5,4%); precedentemente denominata Negra Modelo. È la birra scura più venduta in Messico, ma non di aspetto opalescente. Si tratta di un prodotto a metà strada fra una saporita vienna e una più blanda münchner dunkel. Viene commercializzata in una bottiglia di vetro spesso dalla forma insolita e di colore scuro. Prodotta per la prima volta nel Paese da immigrati austriaci, fu proposta da Modelo in fusti sul mercato messicano nel 1926. Subito divenne leader nel segmento delle birre scure. Dai primi anni Ottanta cominciarono le esportazioni verso l’Europa, l’Australia, gli Stati Uniti e il resto dell’America Latina, con una crescente popolarità tra i consumatori soprattutto statunitensi. La carbonazione media genera una schiuma, tra beige e marrone chiaro, abbondante, cremosa e di media persistenza. L’aroma si esprime con deboli sentori di malto tostato, mela, caramello bruciato, luppolo, noci pecan, zucchero di canna, erbe aromatiche. Il corpo medio ha una consistenza tra cremosa e oleosa. Nel gusto, l’apporto del luppolo è piuttosto basso, e consente la piena, libera, espressione delle note dolciastre di malto torrefatto, noci, miele di castagno, lieve cioccolato. Il finale secco, fresco e leggermente amaro, introduce un discreto retrolfatto con sensazioni agrodolci, di limone e caramello.
Modelo Especial, lager tipo pilsner di un bel colore dorato (g.a. 4,5%). Birra raffinata e dissetante, è senz’altro molto migliore della Corona. Lanciata sul mercato messicano nel 1966, fece presto a imporsi anche all’estero, specie in alcuni paesi dell’America Latina. Anche negli Stati Uniti, dove viene per lo più commercializzata in lattina, ha una richiesta crescente. L’effervescenza moderata genera una ricca schiuma bianca, compatta e aderente. Al naso, gli intensi profumi di luppolo spirano intessuti di malto, pane bianco, miele, erbe, mais. Il corpo tende al leggero, in una trama decisamente acquosa. Il gusto si snoda abbastanza equilibrato, iniziando con grano e malto semidolce, passando quindi a note di agrumi, per avventurarsi infine in una consistenza secca e amarognola peraltro piacevolissima. Le impressioni del retrolfatto rievocano il malto; mentre il luppolo non sta certo a guardare, insinuando pulizia e freschezza.
Modelo Light, versione light della Modelo Especial (g.a. 3,7%). Commercializzata per la prima volta nel 1994 come Light Modelo, prese il nome attuale nel 2002.
Pacífico Clara, lager tipo pilsner di colore giallo dorato chiaro (g.a. 4,5%). La sua produzione risale al 1900, quando tre birrai arrivati dalla Baviera fondarono, nella città portuale di Mazatlán (all’epoca con una forte e influente comunità tedesca), la Cervecería del Pacífico. E l’etichetta riporta il faro della città, mentre il nome richiama l’oceano Pacifico. Così come la birra viene tuttora elaborata secondo i vecchi sistemi tedeschi importati. Furono i surfisti statunitensi che percorrevano la frastagliata costa della Baja a farla conoscere nel loro Paese. Marchio leader nel Nordovest del Messico, dal 1985 viene esportata principalmente sulla costa occidentale degli Stati Uniti dove ha ottenuto un forte riconoscimento. Per le caratteristiche organolettiche, si avvicina molto alla Corona Extra. Con una media effervescenza, la spuma bianca, abbondante e un po’ grossolana, non ha lunga durata. All’olfatto, non certo esplosivo, domina la dolcezza del mais, sui timidi sentori di malto, banana, erbe, pane, agrumi. Il corpo tende allo scarno, in una consistenza acquosa. Il gusto, fresco e scorrevole, esprime una singolare delicatezza amarognola, con note acidule che vanno pian piano asciugandosi durante il medio percorso. Il finale appare un po’ aspro nella sua secchezza. Nel breve retrolfatto rimane un sottile amarognolo agrumato particolarmente dissetante. È un prodotto che di norma viene bevuto alla messicana, con una fettina di lime ovvero nel collo della bottiglia per dare un leggero sapore agrumato.
Pacífico Light, versione leggera della Pacífico Clara (g.a. 3%); lanciata nel 2008. Contiene meno di 100 calorie.
Le due birre seguenti erano marchi della Cervecería Yucateca, costituita nel 1900 a Mérida, nello Yucatán, da José Maria Ponce e altri investitori spagnoli emigrati, facendo venire un mastro birraio e tutti i macchinari necessari dalla Germania. Oggi sono disponibili a livello nazionale e negli Stati Uniti.
León Negra, amber lager/vienna di colore ambrato scuro (g.a. 4,5%). La sua realizzazione risale all’inizio del Novecento. Con una moderata effervescenza, la schiuma bianchiccia fuoriesce generosa, di buona allacciatura ma non di altrettanta durata. L’aroma non si rivela certamente esplosivo, comunque sa essere pulito e gradevole, con sentori tostati, terrosi, di malto croccante, caramello, pane, frutta, mais. Il corpo appare piuttosto sottile, in una tessitura acquosa. Il gusto è molto delicato, e fonde ad arte il dolciastro del cereale con l’amarognolo del rampicante. Il finale non dura tanto, il tempo di portare la bevuta in una consistenza secca e aspra. Dal retrolfatto esala una sfuggente impressione di lievito.
Montejo, lager tipo pilsner di colore giallo paglierino sfumato (g.a. 4,5%). Fu elaborata nel 1960, in onore del fondatore della città di Mérida. Con una carbonazione media, si forma una spuma bianca a grandi bolle e di scarsa allacciatura. L’aroma è piuttosto debole ma complesso, a base di malto, luppolo, frutta, mais, lievito, pane bianco; e non mancano nemmeno lontani richiami terrosi ed erbacei, avvolti nel fumo dell’alcol. Il corpo, molto sottile, ha una tessitura acquosa. Il gusto si snoda delicatamente, iniziando con una certa dolcezza per prendere, in successione, note fruttate e amarognole. Il corto finale risulta brusco, secco, granuloso. Nel retrolfatto si avverte soltanto un lontanissimo richiamo metallico.
Estrella Jalisco, pilsener di colore dorato pallido (g.a. 4,6%); la vera, autentica birra messicana. Fu prodotta per la prima volta alla fine del secolo XIX da Cervecería La Estrella, a Guadalajara (oggi Cerveceria Modelo de Guadalajara). È una leggera pils estiva, abbastanza simile alla Corona, ma con gusto meno grintoso. Un tempo l’orgoglio di Jalisco, oggi questa “stella” si può trovare in tutto il Paese. Con una carbonazione piuttosto attiva, la schiuma bianca sbocca fine, generosa e di buona allacciatura. L’aroma si libera debole e granuloso, a base di cereali, sciroppo di malto, lievito, pane, mais, luppolo fruttato. Il corpo è sottile, e di trama acquosa. Il gusto ripropone le medesime sensazioni avvertite al naso, aggiungendovi soltanto qualche nota di malto dolce e di amarore erbaceo per tenere in piedi un equilibrio decente. Il finale risulta secco e croccante nella sua piacevole pulizia. Una vaga impressione floreale, è tutto quanto sa offrire il retrolfatto.
Victoria, amber lager/vienna di colore ambrato (g.a. 4%). È il marchio del Grupo Modelo con la più lunga tradizione, e la prima vienna prodotta in Messico. Risale infatti al 1865, anno in cui lo svizzero Agustín Marendaz fondò, a Toluca, la Compañía Cervecera de Toluca y México appunto per venderla, 10 anni dopo, al tedesco Santiago Graff. Purtroppo questa fabbrica venne poi chiusa e, ristrutturato, nel 2009 l’edificio diventò il Model Museum of Science and Industry. La birra ha comunque mantenuto la sua etichetta originale raffigurante Gambrinus che tiene in alto un boccale di birra. Viene commercializzata in 39 stati in bottiglie strandard da 32,5 cl e familiari da 94 cl; mentre è piuttosto rara la bottiglia da 15 cl. Con una carbonazione leggera ma vivace, la schiuma biancastra prorompe spessa, non così generosa, tanto meno durevole. L’aroma si libera con un malto granuloso che mal tollera la compagnia di sentori erbacei e citrici di luppolo, nonché di agrumi e frutta secca. Il corpo, da leggero a medio, ha una consistenza acquosa. Il gusto si snoda asciutto, forte, amarognolo, e con una rinfrescante punta di acidità prima che subentri il breve finale, brusco, relativamente pulito e piuttosto astringente. Lo sfuggente retrolfatto esala un’impressione più metallica che sciropposa.