Engelhartszell/Austria
Engelhartszell (o Engelhartszell an der Donau) è un piccolissimo comune di nemmeno mille anime nella regione storica Innviertel dell’Alta Austria.
Nelle vicinanze, il vescovo di Passau, Bernhard di Prambach, fondò nel 1293 un monastero cistercense che, due anni dopo, fu depositato dai monaci della Wilhering Abbey, la casa madre alle porte di Linz.
Durante la riforma protestante, l’abbazia subì un declino spirituale e finanziario, finendo addirittura in mano a privati. Nel 1618, con l’intervento e il sostegno dell’abbazia di Wilhering, iniziò gradualmente il suo ripristino.
La domenica di Pasqua del 1699 l’abbazia subì un disastroso incendio. Ancora una volta intervenne la Wilhering Abbey; ma nel 1720, per sopravvenute difficoltà finanziarie, la gestione passò nelle mani di vari amministratori.
Nel 1746 Leopold Reichl, l’ultimo degli abati di Engelszell, iniziò a ricostruire l’abbazia, quella che, terminata nel 1764, è arrivata ai giorni nostri.
Nel 1786 l’abbazia fu soppressa dall’imperatore Giuseppe II e gli edifici furono destinati a vari usi secolari, come una fabbrica di porcellana e residenza di prestigio.
Dopo la prima guerra mondiale i monaci tedeschi espulsi dall’abbazia alsaziana di Oelenberg si rifugiarono temporaneamente presso l’abbazia di Banz, in Baviera, e alla fine occuparono l’ex abbazia di Engelszell creandovi un priorato. Nel 1931 il priorato fu elevato al rango di abbazia dal vescovo di Linz Johannes Maria Gfölner, in una cerimonia a Wilhering Abbey, con la nomina anche dell’abate Gregorius Eisvogel.
Nel 1939 lo stabile fu confiscato dalla Gestapo (la polizia segreta della Germania nazista). Quattro monaci furono inviati al campo di concentramento di Dachau, gli altri imprigionati altrove o redatti nella Wehrmacht.
Alla fine della guerra, nel 1945, solo un terzo dei 73 monaci fece ritorno all’abbazia. Ma arrivarono i trappisti tedeschi espulsi dall’abbazia di Mariastern, presso Banja Luka (Bosnia), insieme al loro abate, Bonaventure Diamant.
Nel 2008 la Stift Engelszell entrò a far parte dell’Associazione Internazionale dei Trappisti e ottenne l’autorizzazione a utilizzare il logo “Authentic trappist product” per i suoi liquori. Fu quindi installato un impianto per la produzione della birra e, nel 2012, nasceva l’ottavo birrificio trappista, mentre l’abbazia contava appena sette monaci.
Engelszell Gregorius Trappistenbier, trappista quadrupel color tonaca di frate dai riflessi ambrati (g.a. 10,5%, nel lotto iniziale 9,7%); la birra con cui iniziò la produzione. È dedicata a Gregorius Eisvogel, il primo abate della neonata abbazia di Engelszell. Utilizza luppolo austriaco di Haslach an der Mühl, miele biologico proprio (invece del classico zucchero candito) e un ceppo di lievito da vino proveniente dall’Alsazia. Con un’effervescenza abbastanza contenuta, la schiuma di un bel crema emerge non abbondante ma di sufficiente stabilità. L’aroma si libera con una persistente dolcezza, a base di malto tostato, caramello, frutta scura secca, zucchero di canna, sotto il segno di un vino marsalato. Il corpo, medio-leggero, presenta una trama oleosa e un po’ appiccicosa. Anche il gusto risulta parecchio dolce, con le sue note di caramello, uva passa, miele, frutta candita; ma qui l’alcol si scrolla di dosso la dolcezza per asciugare perfettamente il palato e, appoggiato dall’arrivo di un aspro sentore di caramello bruciato, scongiura all’ultimo momento l’incalzante stucchevolezza. Il finale avvolge con le sue calde impressioni di frutta sotto spirito. Il retrolfatto addirittura delizia, con una lunga, dolce, secchezza fruttata.
Engelszell Benno Trappistenbier, trappista dubbel di colore ambra ramato (g.a. 6,9%); la seconda realizzazione, con utilizzo del solito miele. Porta il nome di Benno Stumpf, abate a Stift Engelszell dal 1953 al 1966. La carbonazione appare piuttosto vivace; la spuma biancastra, densa, cremosa, si abbassa lentamente lasciando tracce di pizzo al bicchiere. Intensi, tenaci, profumi floreali e fruttati imprimono l’olfatto, mentre alitano in lontananza sentori di lievito belga, zenzero, chiodi di garofano. Il corpo medio ha una consistenza tra cremosa e oleosa. Malto tostato, caramello, frutta scura, miele, allestiscono un imbocco abbastanza dolce; ma la situazione cambia già a metà percorso, quando subentrano aspre note di luppolo e scorze di agrumi; completano l’“opera” spezie leggere, che addirittura apportano un’insolita freschezza. Il finale si rivela secco e mediamente amaro. Dal discreto retrolfatto esalano impressioni di banane verdi avvolte in un denso alone alcolico.
Engelszell Nivard Jubiläumsbier, trappista di colore arancio dorato (g.a. 5,5%). Fu elaborata nel 2014 per celebrare il 250° anniversario dell’abbazia, ovvero il 1764, anno in cui fu completata, a opera dell’abate Leopold Reichl, la ricostruzione. Il nome invece è di Nivard Volkmer, abate dal 1989 al 1991. L’enorme schiuma bianca, di buona ritenzione, è gestita da un’effervescenza medioalta. L’aroma si apre tra sentori fruttati e speziati, anche lievemente floreali. Il corpo, da leggero a medio, si propone in una tessitura piuttosto appiccicosa. Il gusto, pressoché acido e di un amarore erbaceo all’inizio, va stemperandosi pian piano, fino a prendere la dolcezza del malto verso il termine della corsa. Il finale è lungo, e abbastanza aspro. Non da meno, il retrolfatto indugia nelle sue sensazioni agrodolci.