Tratto da La birra nel mondo, Volume II, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Santiago/Cile
Nel 1825 il medico irlandese Andrew Blest Maybern, arrivato a Valparaiso nel 1813 a bordo della fregata inglese Emily, installò la prima birreria in Cile. Ma la prima importante impresa birraria fu fondata, sempre a Valparaiso, nel 1850 dal tedesco Joaquin C. Plagemann. Questa fabbrica, oltre che per la straordinaria collezione di conchiglie, zoofili, minerali, piante, anche di strumenti, utensili domestici, ornamenti e ceramiche indigene, divenne sempre più nota per l’installazione dei più moderni macchinari che, dal 1895, consentirono la produzione da 2 a 3 milioni di litri all’anno di birra.
Nel 1902, dalla fusione della Cervecería Plagemann, della Fábrica de Cerveza y Hielo de Gubler y Cousiño e della Fábrica de Cerveza de Limache, nacque la Compañía de Cervecerías Unidas.
Oggi la Compañía de Cervecerías Unidas è una società a responsabilità limitata le cui azioni sono negoziate nelle borse cilene e in quella di New York. La Heineken ne possiede il 60%.
Questa società di bevande diversificate opera principalmente in Cile, Argentina, Bolivia, Colombia, Paraguay e Uruguay.
In Cile, è primo produttore di birra, secondo di vino e terzo di bibite analcoliche; in Argentina, secondo produttore di birra.
Oltre ai propri marchi (Cristal, il principale, Austral, Dorada, Escudo, Kunstmann, Morenita, Royal Guard), produce e distribuisce, su licenza o tramite joint venture, brand di vari colossi internazionali della birra.
Con una produzione di 11,8 milioni di ettolitri di birra all’anno, occupa il 23° posto nella classifica mondiale, con una quota di mercato dello 0,6%.
Cerveza Cristal, lager di colore giallo pallido e dall’aspetto brillante (g.a. 4,2%). Con una media effervescenza, la schiuma bianca si leva abbondante, sottile, cremosa, anche se non dura più di tanto. L’intensità olfattiva non va al di là della normalità: sentori di malto granuloso, verdure cotte, pere mature, lievito, luppolo floreale, un tocco di acidità, riescono a essere appena gradevoli. Il corpo appare abbastanza sottile e di trama acquosa. Il gusto propone la dolcezza del mais, che domina la scena; mentre il luppolo accenna soltanto da lontano ad apportare il suo contributo equilibratore. Il finale arriva leggermente secco, e con un certo amarore erbaceo. Lo sfuggente retrolfatto sa tanto di metallo.