Tratto da La birra nel mondo, Volume IV, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Oudenaarde/Belgio
La più antica fabbrica di birra belga a conduzione familiare, si trova nelle Fiandre Orientali, e viene menzionata in documenti ufficiali già nel 1545.
Chiaramente, allora era una locanda, chiamata De Clocke (“La Campana”), e si trovava lungo la strada che collegava la Germania con la Francia. Precisamente, nel villaggio di Mater, oggi sobborgo di Oudenaarde, dove i Romani si erano insediati intorno al secolo I. E il gestore, dal cognome di origine latina appunto, si chiamava Joos Roman.
Nella locanda si poteva alloggiare, far riposare i cavalli, sfamarsi e… dissetarsi con un’ottima ale fatta da Joos, che peraltro era governatore della regione allora chiamata Schorisse. E non solo: mandava avanti anche la fattoria, con mulino e malteria. Pertanto solo con le generazioni successive la produzione brassicola diventò l’attività principale della famiglia Roman.
Nel corso dei secoli l’attività produttiva non conobbe mai interruzioni, nemmeno tra le due guerre mondiali, il periodo più nero per tanti birrifici europei.
Anzi, la Roman raggiunse il successo, con la sua Roman Oudenards, il prodotto locale per eccellenza. Nel 1930 ricostruì lo stabilimento di sana pianta e si trasformàò in società per azioni.
Dopo il 1945 si dedicò soprattutto a ristabilire il mercato perduto; e ci riuscì perfettamente, con il lancio della Romy Pils. Dal 1960 cominciò anche la produzione delle bevande analcoliche.
Benché tenacemente legata alla tradizione brassicola locale, seppe fiutare in tempo i cambiamenti di gusto e di mercato. E, ai prodotti tradizionali, non esitò ad affiancare birre speciali, prodotti di tendenza molto più redditizi. Nasceva così, nel 1983, la gamma Roman Sloeber, elaborata alla maniera della Duvel. Le prime birre della Roman a fermentazione alta con rifermentazione in bottiglia.
Nel 1990 ebbe inizio la produzione della gamma Ename. Seguì, tre anni dopo, il lancio della Roman Blanche.
Dal 2003 cominciò il rilancio della popolare “vecchia bruna” con la gamma Adriaen Brouwer, un omaggio alla memoria di Adriaen Brouwer. Nato nel 1605 a Oudenaarde, questo pittore, famoso per le sue opere sensuali, fu attivo anche in teatro e nella poesia; nonché amante della birra. Purtroppo morì a soli 33 anni, pare di peste. Nel 2005 fu la volta della Roman Black Hole.
Oggi la Brouwerij Roman è una grande azienda di famiglia, ancora nelle mani dei discendenti, con Carlo e Lode della 14a generazione. Fa parte infatti della Belgian Family Brewers, la cerchia delle 20 birrerie sotto la stessa famiglia da almeno 50 anni.
Come gli altri produttori della zona, mantiene sempre saldamente legato il proprio nome alle cioccolatose e mediamente secche birre scure; ma la gamma va ben oltre, con un flusso annuo di 120 mila ettolitri.
Roman Special, oud bruin di colore bruno rossiccio (g.a. 5,5%); la “vecchia bruna” delle Fiandre Orientali. Con una perfetta carbonazione leggera, la schiuma beige si leva non così ricca, ma spessa, cremosa, di ottima allacciatura e resistenza. Impressionante il profilo aromatico: sentori erbacei e floreali, fruttati e caramellati, torbati e speziati, che, dopo una fugace passerella individuale, si accavallano, si intricano, si fondono in un attraente bouquet di elevata intensità. Il corpo medio tende decisamente al pieno, in una trama oleosa però di straordinaria scorevolezza. Per la natura vinosa della birra, nel gusto prevalgono il dolce e l’acido leggermente aspro; mentre l’apporto di un piacevole amarognolo è demandato alla tostatura del malto, al caffè e a un delicatissimo luppolo speziato. Nel finale, pulito e asciutto, viene a galla una certa dolcezza alcolica. Il tostato ricompare nel retrolfatto, e si estrinseca ancora con una suggestione amara.
Roman Pils, premium pilsner di colore dorato pallido (g.a. 5%); ancora oggi una delle pils più consumate in Belgio. Il vecchio nome, Romy Pils, fu cambiato con il rebranding del 2017. La carbonazione vivace sviluppa una schiuma, di un bianco perlaceo, fine, compatta, cremosa, di apprezzabile tenuta e aderenza. L’elevata intensità olfattiva, a base di malto, fieno, mais, cracker, miele, grano, zucchero, legno, bacche, anche con un remoto richiamo di ferro, si materializza sotto l’egida di un pungente luppolo erbaceo in grado di conferire al bouquet una gradevole finezza. Nella sua leggerezza, il corpo ostenta una briosa tessitura acquosa. Anche nel gusto il rampicante intende imporre il suo peso: sì, concede al malto di tener ben salda la sua base per l’intera durata del percorso; ma è la propria consistenza leggermente amara a dettare le regole del gioco. E il sapore volge, morbido, equilibrato, piacevole, verso un finale del tutto asciutto e pulito. Il retrolfatto non si dilunga più di tanto, il tempo di esalare ben distinte impressioni solforose.
Roman Blanche, witbier di colore giallo paglierino sfocato e dall’aspetto opalescente (g.a. 5%). In precedenza si chiamava Mater Bière Blanche/Wit Bier. Mater è il nome del quartiere di Oudenaarde sede del birrificio. Con la forte effervescenza, la schiuma bianca sgorga sottile, fitta, cremosa, con lieve allacciatura e buona tenuta. Infervorato dalla scorza d’agrume, dal coriandolo e da altre erbe aromatiche, l’olfatto risulta intenso, fresco, gradevole, con banana, malto, frumento, lievito, esteri, e qualche tocco fenolico. Il corpo, da leggero a medio, si propone in una frizzante consistenza acquosa. Il gusto attinge all’aroma i suoi elementi più distintivi per rinfrescare e dissetare: una sobria dolcezza, un discreto amaro e una lieve acidità allestiscono l’equilibrio necessario. Il finale prosegue a malapena amaro di scorza d’arancia con qualche nota erbacea speziata a tratti pungente. Un’asprezza netta compare nel corto retrolfatto.
Roman Adriaen Brouwer Oaked, belgian strong dark ale di colore marrone scuro con riflessi rossicci e dall’aspetto intorbidito (g.a. 10%); rifermentata in bottiglia. È un prodotto biologico, in produzione dal 2018, che si basa sulla birra invernale a tiratura limitata Adriaen Brouwer Winter Wood che godeva di grande popolarità. Viene maturata in botti di whisky e sherry con aggiunta di un ulteriore tocco di legno, nella fase di conservazione a freddo, attraverso i trucioli. Con una scarsa carbonazione, la schiuma, di un caramello scuro, risulta abbondante, cremosa, di pregevole tenuta e aderenza. L’intensità olfattiva è molto elevata, e di attraente finezza, a base di malti tostati, caramello, frutti rossi, crosta di pane, uvetta, lievito, quercia, vaniglia, e non senza un discreto sentore di alcol. Il corpo, medio-pieno, presenta una consistenza piuttosto sciropposa. Le note di caramello e di frutta secca si snodano senza soluzione di continuità nel lungo percorso gustativo, accarezzate dalle sfumature del legno di quercia e infervorate delicatamente dalle spezie; mentre l’etanolo continua a operare sottocoperta con la dolcezza cordiale del suo calore. Un sapore pieno, complesso, potente, e gradevole, che pure tende di tanto in tanto verso una certa asprezza. Il finale è di un amaro secco con qualche suggerimento etilico. La ricchezza discretamente duratura del retrolfatto si articola in sensazioni che oscillano tra l’acidulo, l’amarognolo e il legno impregnato di whisky e di sherry.
Roman Sloeber, belgian strong golden ale di colore giallo dorato e dall’aspetto confuso (g.a. 7,5%); con rifermentazione in bottiglia. Altra birra di punta dopo la Pils, è di larghissimo consumo nel Paese durante il carnevale. In Belgio, sloeber significa appunto “burlone”. Utilizza quattro varietà di luppolo: il tedesco Hallertauer Magnum e gli statunitensi Citra, Amarillo e Simcoe. Con una carbonazione vivace, la schiuma bianca, imponente e compatta, si rivela di pregevole durata e aderenza. L’olfatto è un attraente pot-pourri di fragranze, dagli agrumi alla frutta, dal malto al grano, dal floreale all’erbaceo, dal pane al miele, dal lievito belga al luppolo speziato. Il corpo, medio-pieno, ha una consistenza abbastanza acquosa. Sotto l’egida di un discreto calore alcolico, il gusto si snoda con delicata dolcezza nelle note iniziali di malto, cui tengono dietro un leggero fruttato, prima e poi, un fine amarore. Il finale, asciutto e pulito, reca tracce di lievito di ritorno. Nel lungo retrolfatto luppolizzato si armonizzano magistralmente impressioni agrodolci, di frutta matura e scorza di agrumi.
Roman Black Label, premium lager di colore biondo pallido (g.a. 5,6%); nata come Roman Black Hole. Viene commercializzata in un’innovativa bottiglia long neck senza controetichetta. È stata creata, con orzo francese sottoposto a maltaggio in Belgio, luppolo Saaz e aggiunta di mais, per i giovani emergenti e le nuove occasioni di consumo. Con una media effervescenza, la schiuma bianca si leva fine e compatta, aderente e duratura. Profumi di malto, agrumi, luppolo, frutta, erbe, lievito, fieno, cereali, tostature, spirano in apparenza sottotono: la maniera ideale per esprimere la loro straordinaria delicatezza, penetrando teneramente nelle narici e deliziandole ancora durante il percorso gustativo di notevole durata. Il corpo, da leggero a medio, presenta una consistenza tipicamente acquosa. E, da quel corpo, prende quota un sapore moderno, di carattere internazionale: il giusto equilibrio tra cereale e amaricante per un prodotto fresco, gradevole, di pronta beva. Il finale poi è un autentico “arrivederci”, secco, pulito, appagante. Il retrolfatto ha quindi poco da aggiungere, se non una stuzzicante impressione amarognola.
Abbazia di Sint-Salvador/Ename
Con il trattato di Verdun dell’843 il fiume Schelda divenne il confine designato tra i possedimenti del Sacro Romano Impero, tramite la Lotaringia, a est e a ovest, della Francia, attraverso la contea delle Fiandre. Così gli imperatori germanici iniziarono a fortificare gli avamposti sulla linea di confine, a Ename, Anversa e Valenciennes. E la località di Ename (oggi sobborgo di Oudenaarde), già caposaldo fortificato in epoca romana, divenne città nel 974 a opera dell’imperatore Ottone II.
Cresciuta molto velocemente, nel 1005 Ename risultava la città più popolosa del ducato di Lotaringia.
A sua volta, Baldovino IV, conte delle Fiandre, in contrapposizione alle fortificazioni del Sacro Romano Impero, nel 1030 fece costruire un castello sulla sponda sinistra della Schelda, la Torre di Oudenaarde. Nel 1033 prese la città di Ename, vi proclamò la cosiddetta Trêve de Dieu (una sospensione dell’attività militare durante certi periodi dell’anno, organizzata nel Medioevo dalla Chiesa Cattolica romana) e la rese un posto di frontiera contro gli imperatori germanici.
Nel 1047 Baldovino V completò l’opera del padre, abbattendo l’antica fortezza e trasformando l’insediamento in un luogo pacifico, dove, nel 1063, sua moglie fece erigere l’abbazia benedettina di Sint-Salvador. Mentre, già nel 1054, Ename era stata definitivamente smantellata.
Ovviamente nell’abbazia ebbe inizio anche la produzione della birra. Purtroppo, durante la rivoluzione francese, l’abbazia fu rasa al suolo e non venne mai ricostruita.
Fortunatamente, non è scomparsa per sempre la sua birra. Nel 1990 ne riprese la produzione (ovviamente in un’interpretazione moderna delle ricette), la Brouwerij Roman. Il lancio delle prime tre birre (Ename Blonde, Ename Dubbel e Ename Tripel) venne festeggiato con uno spettacolo all’aperto tra le rovine dell’abbazia. Seguì, nel 2002, l’elaborazione della birra invernale Ename Cuvée 974 (cioè l’anno della fondazione di Ename).
Sono birre fruttate e speziate, rifermentate in bottiglia con aggiunta di zucchero, e ciascuna con in “bella” evidenza il proprio carattere.
Trattandosi di prodotti che non migliorano col tempo, è consigliabile consumarle “giovani”. Comunque, lasciando le bottiglie in posizione verticale, la conservazione è assicurata per 24 mesi.
Ename Blonde, abbazia di colore dorato chiaro e dall’aspetto intorbidito (g.a. 6,6%); rifermentata in bottiglia con aggiunta di zucchero filante. L’effervescenza moderata alimenta una spuma bianca ricca, sottile, cremosa, nonché di buona stabilità e allacciatura al vetro. Nella gradevole finezza olfattiva si propongono aromi fruttati (banana, mela), di malto, agrumi (arancia, mandarino), cereali, minerali, luppolo erbaceo e speziato, pane, paglia, lievito belga, chiodi di garofano. Il corpo, da leggero a medio, ha una consistenza alquanto sciropposa. Il gusto, delicatamente marcato dal malto, scorre in giusto equilibrio con un amaro discreto, a malapena percettibile. Nel finale subentra una certa secchezza che si tira dietro una fresca punta di acidità. Dall’articolata ricchezza retrolfattiva si levano impressioni fruttate, tostate e speziate di sufficiente persistenza.
Ename Dubbel, abbazia dubbel color tonaca di frate e dall’aspetto velato (g.a. 6,5%); con zucchero di canna per la rifermentazione in bottiglia. La carbonazione è medioalta; la schiuma beige, enorme, cremosa, di pregevole allacciatura e resistenza. L’aroma si espriume con estrema delicatezza: malto tostato, caramello, lievito, caffè, frutta secca scura, cioccolato fondente, zucchero di canna, penetrano nelle narici quasi accarezzandole ma lasciandovi a lungo il segni della carezza. Il corpo medio ha una consistenza morbida, cremosa. Nel gusto, armonioso e scorrevole, la dolcezza del malto, netta all’imbocco, lascia via via spazio, prima, a un fruttato ugualmente dolce ma più incisivo (fichi, uvetta, datteri), poi, a un delicato amaro di luppolo: un interessante contrasto dolce-amaro che finisce per evolversi in una fresca connotazione acidula. Il finale, sorprendentemente secco, asciuga il palato e si congeda introducendo le lunghe suggestioni amaricanti del retrolfatto ispirato a un luppolo erbaceo.
Ename Tripel, abbazia tripel di colore biondo dorato e dall’aspetto intorbidito (g.a. 8,5%); rifermentata in bottiglia con zucchero di canna. Senz’altro interessante si presenta la nuova confezione serigrafata: una bottiglia con speciale tappo di plastica siliconata assicurato dalla gabbietta metallica, ideale per la conservazione minima, in luogo fresco e asciutto, di due anni. Nonostante l’elevato contenuto di etanolo, grazie alla corretta carbonazione, la schiuma bianca si rivela copiosa, fine, solida e di eccellente allacciatura al vetro. Nella sua complessità, peraltro di attraente finezza, l’olfatto regala tenaci, anche se non così intensi, profumi di malto dolce, frutta, miele, lievito belga, agrumi, luppolo, erbe, caramello, zucchero di canna, esteri di fieno, fiori di campo. Il corpo, medio-pieno, ha una consistenza abbastanza cremosa. Cereale e amaricante mantengono per l’intero percorso gustativo un equilibrio perfetto: il sapore, all’inizio leggermente dolce, volge pian piano verso un finale amaro accompagnato da note piccanti. Nella discreta persistenza retrolfattiva l’alcol dà finalmente libero sfogo alla sua irruenza, ma lo fa con impressioni dolci, carezzevoli.
Ename Cuvée Rouge, fruit beer abbaziale di colore rosso chiaro tendente al rosa e dall’aspetto nebuloso (g.a. 7%); prodotto tipicamente estivo. Nome, dal 2005, dell’originaria Ename Cuvée 974. Il 974 richiamava l’anno in cui sorse Ename. Con una carbonazione da media a forte, la schiuma rosa si versa fine e spessa, durevole e aderente. La frutta rossa introduce la freschezza dei frutti di bosco; completano l’elevata intensità del bouquet olfattivo di gradevole finezza, a loro volta, sentori di malto, caramello, lieve tostatura, agrumi, erbe, lievito, vaniglia, yogurt. Il corpo si rivela piuttosto leggero, nella sua scorrevole trama acquosa. Anche nel gusto la frutta rossa intende dire la sua, con una delicata dolcezza in cui convergono caramello, malto succoso, vaniglia e, a equilibrare, lievito secco, luppolo floreale, acido lattico. Nel corto finale fanno capolino note tostate e fruttate. La lunga persistenza retrolfattiva esala suggestioni calde e di un aspro amarognolo.