Tratto da La birra nel mondo, Volume II, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Breendonk-Puurs/Belgio
Azienda, nella provincia di Anversa, fondata nel 1871 dall’agricoltore Jean-Leonard Moortgat, insieme alla moglie, Maria de Block. Il birrificio faticò a conquistare un posto al sole per la forte concorrenza: all’epoca il Belgio pullulava di birrifici.
Dopo la prima guerra mondiale il gusto dei consumatori belgi prese a orientarsi sempre più decisamente verso i prodotti britannici. Albert Moortgat, subentrato, nel 1900, ai genitori unitamente al fratello Victor, da birraio, si rese conto che non sarebbe potuto rimanere indifferente davanti a una situazione del genere: bisognava creare qualcosa di nuovo che bloccasse il flusso delle importazioni.
L’idea, Albert l’aveva, una ale di tipo scozzese; ma ci voleva il ceppo di lievito adatto. Recatosi in Scozia, dovette constatare che si trattava di un’impresa, a dir poco, fantascientifica. Si può ben immaginare quanto gli scozzesi, noti per la loro avarizia, sarebbero stati disposti a svelare addirittura un segreto prezioso.
Albert si rivolse allora a un luminare nel campo della produzione brassicola, Jean de Clerck, professore all’Università di Lovanio, che riuscì a isolare il ceppo di lievito di una McEwan’s Scotch Ale. Nasceva così la Victory Ale, ambrata, dal gusto pieno, delicato e sottilmente amarognolo. Un nome, Victory, che intendeva celebrare l’esito vittorioso del conflitto mondiale.
Nel 1923 quella “creatura” tanto sospirata cambiò nome. Nel corso di una degustazione a scopo promozionale, un amico di Albert, il calzolaio Van de Wouwer, subito dopo l’assaggio, esclamò: “Dit is een echte duvel!” (“Questa è un vero demonio!”). Senz’altro Duvel (in fiammingo, appunto “demonio”) era un termine più incisivo.
Poi, negli anni Settanta cominciò il declino delle birre ambrate a favore di quelle dorate. La Moortgat allora operò un intervento di restyling: senza ovvero minimamente cambiare lievito e fermentazione, passò all’uso del suo malto chiaro (ricordiamo che fino al 1980 la fabbrica ebbe all’interno una propria malteria) ed elaborò quella che oggi è una golden strong ale. Solo che il maltaggio, dal 1981, avviene presso terzi, in Belgio e in Francia.
È invece della fine degli anni Sessanta la nascita del classico bicchiere da degustazione a tulipano, il primo in Belgio capace di contenere tutti i 33 centilitri della bottiglia.
Alla fine venne la moda delle birre più amare e luppolate. E la Moortgat ancora una volta non si tirò indietro. Nel 2007 lanciò la Duvel Tripel Hop che aggiungeva alle due varietà fisse di luppolo europeo, Saaz e Styrian Golding, l’americano Amarillo. Era stata programmata, questa, una produzione one-shot. E tale rimase fino a che, a grande richiesta dei consumatori, nel 2012, l’azienda dovette riproporla, con il Citra (sempre americano) quale terza varietà di luppolo. E la storia prese a ripetersi, con una sola produzione all’anno, ma ogni anno con un terzo luppolo diverso.
Fin dal suo lancio la Duvel è stata considerata un classico, la capostipite dello stile, come la Rodenbach. Chiaramente altri produttori belgi hanno tentato di copiarla, sempre con appellativi “diabolici”; ma la Duvel è stata la prima e resta ancora oggi insuperata.
Proprio dal successo del suo “gioiello”, nel 1999 l’azienda divenne Brouwerij Duvel Moortgat. Acquistò inoltre il 50%, nel 2000, della ceca Bernard Pivovar e, tre anni dopo, rilevò la Brewery Ommegang di New York. Aprì quindi una filiale nel Regno Unito per la commercializzazione diretta del suo marchio di punta. Rilevò poi, in Belgio, impinguando il portafoglio prodotti di nuove specialità, nel 2006, la Brasserie d’Achouffe, nel 2008, la Liefmans e, nel 2010, la De Koninck. Ritornò infine negli Stati Uniti per comprare, nel 2013, la Boulevard Brewing Company di Kansas City. E infine, nel 2017, mise le mani anche sul Birrificio del Ducato, nel Parmense, con una partecipazione del 35%.
La birreria di Breendonk-Puurs è rimasta nelle mani dei discendenti del fondatore, alla quarta generazione; ed è il terzo produttore nazionale (dopo la AB InBev e la Alken-Maes), che esporta in più di 40 paesi del mondo.
Bel Pils, pilsener di colore giallo paglierino (g.a. 5,3%). Lanciata nel 1930 come Extra Blond, dal 1976 al 1993 portò il nome di Extra Pilsner. È senz’altro una tra le migliori birre del Paese nella sua categoria. La carbonazione media origina una schiuma cremosa di buona tenuta. L’aroma floreale, sottilmente penetrante e durevole, fa subito intendere al consumatore di trovarsi davanti a una pils di razza. Si tratta infatti di un prodotto dal corpo leggero e di consistenza acquosa. Il finale, asciutto e ripulente, introduce un morbido retrolfatto, non così lungo, ma dalle amare suggestioni di malto, paglia, erbe aromatiche.
Duvel, belgian strong golden ale di colore oro pallido e dall’aspetto a malapena velato (g.a 8,5%); condizionata in bottiglia. È una delle birre belghe più conosciute nel mondo. L’etichetta reca lettere rutilanti. Con un’effervescenza moderata, la schiuma, che emana un gradevole profumo di luppolo, prorompe abbondante, spessa e persistente, lasciando poi alle pareti del bicchiere densi “merletti di Bruxelles”. L’aroma è molto delicato, con sentori freschi, appena pungenti, di luppolo e agrumi, diluiti da una punta di lievito. Il corpo, consistente e oleoso, esprime la sua forza con il calore alcolico che riscalda il palato. Su fondo sottilmente amarognolo, il gusto fruttato mostra la propria maturità regalando piacevolissime sensazioni (pera, mela verde, scorza di arancia, e un pizzico di aspra secchezza). Terminata la corsa regolare e non certo breve, sbuca il luppolo, con impressioni amare e asciutte che esaltano anche la lunga persistenza retrolfattiva. Attenzione! Siamo davanti a una birra dal carattere sofisticato. Si presenta con colore accattivante, spuma cremosa, bouquet gentile, sapore amabile… ma svela anche presto la propria vigoria. È inoltre un prodotto che matura con l’invecchiamento e, grazie al vetro spesso e scuro, si conserva in luogo fresco e buio fino a tre anni. La bottiglia deve però mantenere la posizione verticale, perché il lievito rimanga sempre in basso. La bevanda infine può essere consumata a temperatura ambiente o anche fredda, senza alcun compromesso per l’aroma e per il gusto. Va invece versata in modo che i sedimenti, i quali renderebbero il sapore amaro e l’aspetto torbido, non si alzino dal fondo.
Duvel Groen, belgian ale di colore biondo (g.a. 7%, in precedenza 7,5%). È la versione più leggera, e filtrata, della Duvel, dalla quale si distingue per le lettere verdi (in nederlandese, groen significa appunto “verde”) dell’etichetta e per la bottiglia da 25 cl peraltro di forma completamente diversa. Con una morbida carbonazione media, la spuma fuoriesce copiosa, sottile e tenace. L’aroma si libera con blandi sentori di luppolo. Dal corpo abbastanza pieno, e di tessitura a malapena oleosa, si distende un gusto, all’approccio, lievemente fruttato ma che, verso il termine della corsa, prende una consistenza di luppolo. Ancora una sensazione di amaro impronta il persistente retrolfatto.
Duvel Tripel Hop 2016 (HBC-291), belgian strong golden ale dal classico colore oro pallido e di aspetto leggermente velato (g.a. 9,5%). La birra alla quale ogni anno, per ottenere un profilo aromatico nuovo, viene aggiunta una terza varietà di luppolo sempre diversa. Nel 2016 venne utilizzata la varietà sperimentale chiamata con il codice HBC 291 e più di recente rinominata Loral, sviluppata dalla Hop Breeding Company della Yakima Valley negli Stati Uniti. Si tratta di una sorta di ibrido che abbina alle note speziate, floreali e terrose dei luppoli nobili europei quelle fruttate dei luppoli americani. Con una carbonazione abbastanza vivace, la spuma erompe abbondante, cremosa, e di ottima tenuta. L’aroma si esprime con eleganza e pulizia, a base di arancia, cedro, frutti di bosco, resina, pepe. Il corpo medio ha una consistenza grassa e piuttosto appiccicosa. Malto, miele, canditi e frutta gialla fanno da base per un gusto scorrevole con note di lievito, pompelmo, amaro luppolo erbaceo. Il finale è alquanto secco, amaricante. Il retrolfatto si rivela fresco di erbe con l’accento di origano.
Védett Extra Blond, premium lager di colore oro e dall’aspetto limpido (g.a. 5,2%). Fu lanciata nel 1945 da Albert Moortgat con ottimo sostegno di marketing. L’effervescenza è piuttosto vivace; la schiuma bianca, grossolana e di scarsa durata. L’aroma si esprime ai minimi livelli, con vaghi sentori di cereali e di miele. Il corpo leggero presenta una trama molto acquosa, nonché appiccicosa. Anche il gusto denota i suoi limiti, con “stanche” note di pane, cereali, frutta. Il finale apporta qualche impressione floreale. Il retrolfatto, corto ed erbaceo, esprime però un piacevole amarore.
Dal 1963 la Moortgat fabbrica su licenza il marchio Maredsous dell’omonimo monastero di Denée, a sud di Namur, sotto la stretta supervisione dei benedettini.
Questa abbazia fu fondata nel 1872 dal monaco belga Ildebrando de Hemptinne, che ne divenne più tardi abate. Finanziata dalla famiglia Desclée, la costruzione fu portata a termine nel 1892.
Le tre birre, con secco ma rotondo gusto fruttato, rifermentano in bottiglia per due mesi prima di essere commercializzate.
Maredsous 6 Blond, abbazia di colore giallo oro con riflessi aranciati e dall’aspetto velato (g.a. 6%). Era la birra “quotidiana”. L’effervescenza media sviluppa una spuma fine, densa e di ottima tenuta. L’olfatto, di attraente finezza, esibisce pure un’intensità elevata: aromi fruttati e floreali sono permeati da sentori di lievito e spezie. Il corpo rotondo, di consistenza acquosa, si avvicina morbido, elegante, al palato. Il gusto di cereali scorre moderatamente amabile tra note fruttate e speziate. Nel finale prorompe una punta di acido che viene però assorbita dalla fragrante suggestione di nocciolato del retrolfatto.
Maredsous 8 Brune/Bruin, abbazia dubbel di colore marrone scuro con riflessi rubino e dall’aspetto opaco (g.a. 8%). In origine, era la birra natalizia. La spuma, leggermente ambrata, cremosa e stabile, è gestita da una carbonazione abbastanza vivace. Il malto tostato caratterizza l’aroma con la propria dolcezza. Il corpo, tra medio e pieno, ha una trama da grassa ad acquosa. Il gusto, pieno e fluido, dopo l’inizio accentuato di torrefazione, si evolve in decise impressioni di caffè. A fine corsa, una sensazione acidula preannuncia il ritorno del malto tostato nella lunga persistenza del retrolfatto.
Maredsous 10 Tripel, abbazia tripel di colore arancio tendente all’ambrato e dall’aspetto un po’ intorbidito (g.a. 10%). In passato, veniva servita solamente nelle “grandi occasioni”. La carbonazione ha una consistenza da bassa a media. La schiuma, fine e pannosa, nonostante l’elevato contenuto di etanolo, si rivela abbastanza durevole. L’olfatto offre attraenti aromi floreali, fruttati e speziati, con un lontano sentore di lievito. Il corpo consistente, e di tessitura pressoché oleosa, sprigiona un calore alcolico che riempie la bocca di dolcezza. L’equilibrio gustativo, realizzato dall’armoniosa combinazione del dolce, dell’amaro e dell’acido, risulta perfetto. Chiude la corsa un amarognolo raffinato con freschi richiami erbacei. L’alcool ritorna nel retrolfatto, con delicate impressioni di calore.