Tratto da La birra nel mondo, Volume I, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Brooklyn, New York/USA
Prima del proibizionismo Brooklyn era uno dei principali centri di produzione artigianale della birra nel Paese, con 48 birrifici. Nel 1987 l’ex giornalista Steve Hindy e il banchiere Tom Potter vollero riesumare questa gloriosa tradizione. Costituirono la società ma, data l’insufficienza dei fondi, dovettero appaltare la produzione alla F.X. Matt di Utica. Per la ricetta invece bastò associarsi a William M. Moeller, proveniente da una famiglia di birrai di origine tedesca.
Venne così alla luce la prima birra, dal colore ambrato che faceva subito pensare a una vienna. E fu battezzata Brooklyn Lager. La quantità prodotta era ovviamente limitata e, di conseguenza, non interessava alla grande distribuzione.
L’azienda non si scoraggiò, rassegnandosi a effettuare le consegne da sé.
Già che c’era, la Brooklyn pensò bene di allargare il giro, e prese a importare e distribuire birre belghe, olandesi, britanniche, tedesche. Intanto, cominciavano a pervenire preziose medaglie dal Great American Beer Festival. Nel 1994 fu assunto il mastro birraio Garrett Oliver e due anni dopo arrivò finalmente il momento di aprire uno stabilimento, proprio nel centro della città, da cui uscì per prima la Brooklyner Weisse.
Oggi la Brooklyn ha un flusso produttivo annuo che va ben oltre i 255 mila ettolitri, con una gamma che include tantissime tipologie. Di più ampio respiro sono invece i meriti che le si possono, anzi si debbono, riconoscere. Con spirito di sacrificio e ingoiando mortificazioni, è riuscita a elevarsi tra i migliori interpreti degli stili europei, cosa che fa immensamente piacere agli appassionati di birra.
E, se noi riteniamo di doverla ringraziare, chiediamo di unirsi in coro, prima, alla città di Brooklyn, che ha visto risorgere la vecchia gloria birraria, poi, a tutte le piccole aziende di zona, che si sono ritrovata aperta, dopo decenni di chiusura, la strada della produzione birraria destinata al commercio di massa.
Brooklyn Lager, lager di un colore rame nebuloso tendente all’ambrato (g.a. 5,2%); luppolizzata a secco. Continua a rappresentare il prodotto di punta; anzi, pare abbia acquistato un carattere più deciso. Con una carbonazione quasi piana, la spuma ocra si forma minuta e di sufficiente ritenzione. Il bouquet va dal floreale al luppolo, con ben distinti sentori di malto. Il corpo, alquanto leggero, ha una consistenza acquosa. Il gusto si presenta piuttosto complesso: il debole malto scorre sul letto di luppolo, senza il minimo accenno alla prevaricazione da parte di entrambi i componenti. Il finale secco prelude al un discreto retrolfatto amabile di malto.
Brooklyn East India Pale Ale, IPA di colore ambrato chiaro e dall’aspetto leggermente velato (g.a. 6,9%). D’ispirazione inglese, si propone con ottima luppolizzazione. L’effervescenza appare di media intensità. La schiuma, abbondante e cremosa, scompare rapidamente. I luppoli Golding e Cascade si fanno notare, eccome, nell’aroma; lasciano comunque spazio anche per sentori di caramello, agrumi, lievito, spezie. Pur di struttura solida, il corpo, con la sua trama liscia, ha un approccio con il palato elegantemente soffice. Il notevole equilibrio gustativo consente un amaro schietto e fine. Il finale sa soltanto essere asciutto. Il retrolfatto, nella sua lunga persistenza, eroga suggestioni amare di erba e aspre di agrumi.
Brooklyn Black Chocolate Stout, imperial stout di colore bruno scuro (g.a. 10%). È una proposta per l’inverno, lanciata nel 1994. Il Chocolate della denominazione fa riferimento al malto, perché la ricetta non prevede cioccolato aggiunto. La carbonazione è media; la spuma, di un marrone chiaro, fine, cremosa, stabile. I profumi di malto e di cioccolato sono abbastanza penetranti, supportati da un fondo liquoroso. Il corpo, ottimamente strutturato, offre una pastosità un po’ appiccicosa e ricca di calore alcolico. Anche il gusto è intenso, fruttato e pieno di malto, con nitide note di caffè torrefatto. Malto e spezie leggere segnano il breve finale. A sua volta, il retrolfatto si dilunga fin troppo con le sue impressioni morbide, calde di etanolo, amarognole di erbe aromatiche.