Tratto da La birra nel mondo, Volume III, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Quenast/Belgio
Dopo la fusione dei comuni del 1977, Quenast è diventata una sezione del comune di Rebecq, nella provincia del Brabante Vallone. Qui, nel 1876 Jules Lefebvre, un eclettico agricoltore, guardacaccia, oste e mastro birraio, diede inizio alla produzione della birra sotto buoni auspici, in una regione che attraeva con le sue cave di pietra una moltitudine di operai.
Nel 1916 la fabbrica fu smantellata dai tedeschi. Nel 1921, Auguste, figlio di Jules, spostò la produzione, dal centro del paese, nei locali di una fabbrica in bancarotta. Nello stesso anno, Gaston, della terza generazione, installò una linea d’imbottigliamento.
Durante la seconda guerra mondiale, la fabbrica non subì danni alle strutture, se non quelli patiti da tutti gli altri produttori di birra in tempi bellici. Nel 1953 iniziò a commercializzare altre bevande.
Nel 1978, con Philippe, della quinta generazione, cominciò a produrre, su licenza, le birre dell’Abbaye de Bonne-Espérance e, nel 1983, quelle dell’abbazia di Floreffe. E l’export delle sue birre visse un periodo davvero fiorente, in particolare con l’Abbaye de Bonne-Espérance. Infine, nel 2002, il timone passò nelle mani del figlio di Philippe, Paul, della sesta generazione.
A parte le due serie abbaziali oggi ufficialmente riconosciute tali, Abbey Beer (elaborate in base ad antiche ricette e con rifermentazione in bottiglia), la Brasserie Lefebre, con l’acqua prelevata da pozzi artesiani sul sito della fabbrica, realizza una vasta gamma di birre. E l’80% della produzione prende la strada per l’estero.
La Brasserie Lefebvre infine fa parte dell’associazione Belgian Family Brewers; mentre le sue birre originali hanno la protezione “Belgian Beer of Wallonia” della APAQ-W (“Agenzia Vallone per la promozione di un’agricoltura di qualità”).
Manneken Pils, pilsener di colore biondo dorato cristallino (g.a. 5%); nome, dal 2010, de La Quenast, classsica pilsner belga. Con una media effervescenza, la schiuma bianca emerge piuttosto abbondante e cremosa, ma si dissolve in poco tempo. Malto, lievito, luppolo floreale, caramello, erbe, agrumi, pane, cereali, torba, pera, compongono un internso bouquet olfattivo di gradevole finezza. Il corpo, medio-leggero, ha una consistenza pressoché acquosa. Il gusto, di carattere, si serve di un ottimo fondo di malto per la “sapiente” luppolizzazione che apporta un piacevole amarore alla pronta beva. Il percorso termina con relativa asciuttezza. Il retrolfatto indugia il tempo indispensabile per erogare le sue impressioni di lievito piccante.
Lefebvre Blanche de Bruxelles, tradizionale witbier belga di colore giallo paglierino scarico e dal tipico aspetto opalino (g.a. 4,5%). Conosciuta anche con altri nomi, come Lefebvre Floreffe Wit, Mediterranea (per il mercato italiano), ecc., è in produzione dal 1989. Ulilizza il 40% di grano. Con una carbonazione abbastanza sostenuta, la schiuma bianca, fine e cremosa, mostra perfetta stabilità e aderenza. Al naso si spandono penetranti profumi fruttati e floreali, impreziositi da sentori di lievito piccante, frumento, malto, chiodi di garofano, erbe fresche, agrumi, semi di coriandolo, rosmarino, banana verde. Il corpo leggero, effervescente, scorrevole, ha una consistenza abbastanza grassa. Il gusto, di cereali e di lievito, defluisce lentamente in una corsa regolare che termina con un finale alquanto secco, terroso, aspro. Soltanto nel breve retrolfatto compaiono suggestioni di amaro, a coronamento di una freschezza dissetante.
Moeder Overste, abbazia tripel di colore arancio dorato e dall’aspetto intorbidito (g.a. 8%); con rifermentazione in bottiglia. Il nome vuol dire “madre superiora”. Con una vivace effervescenza, la spuma, di un bianco sporco, si riversa copiosa e durevole. L’aroma è di un elegante fruttato, sorretto da sentori di malto, agrumi, caramello, lievito belga, vino secco, erbe piccanti, legno. Dal corpo pieno e rotondo, di consistenza grassa e appiccicosa, si sviluppa un gusto di malto orientato al dolce su solida base luppolizzata. Il finale riempie la bocca di calore alcolico. Una piacevole suggestione di malto, con richiami di vaniglia, pepe bianco, chiodi di garofano, allieta il lungo retrolfatto.
Barbãr, belgian strong golden ale di colore biondo miele e dall’aspetto velato (g.a. 8%); con rifermentazione in bottiglia provocata dall’aggiunta di miele. Si tratta di un prodotto pregiato, sul mercato dal 1996; mentre il nome è in riferimento al ruolo di “conforto dei guerrieri” svolto dalla birra. Con una media effervescenza, la schiuma fuoriesce spessa, cremosa e duratura. Nell’aroma, dolce e alquanto granuloso, si riconoscono chiaramente orzo e luppolo; si tengono invece quasi nascosti i sentori floreali, di caramello, miele, banana matura, biscotto, lievito piccante. Il corpo ostenta una tessitura di pregio. Il gusto deve proprio al miele il suo delizioso sapore lungo e amabile, senza minimamente sfiorare la stucchevolezza. Il finale si esalta invece con un amaro pronunciato ma non aggressivo, tra note erbacee che si protraggono fin nella lunga persistenza retrolfattiva, dove si stemperano deliziosamente tra le cordiali suggestioni alcoliche.
Barbãr Bock, belgian strong dark ale di colore marrone scuro con riflessi rubino e dall’aspetto alquanto opaco (g.a. 8,5%); precedentemente conosciuta come Barbâr Winter Bock e col tasso alcolico dell’8%. È la versione scura della Barbâr, prodotta solo nel periodo invernale (da ottobre a febbraio). La quantità di miele, aggiunto per la rifermentazione in bottiglia, è pari al 2,5%. Con una carbonazione da media ad alta, la schiuma avorio sbocca enorme, spessa, ma non così duratura. Al naso, dominano malto torrefatto e miele, non soffocando però i tenui sentori di caramello, frutta secca, cioccolato, lievito speziato, caffè, frutta, melassa, zucchero di canna. Il corpo, medio-pieno, ha una tessitura grassa pressoché appiccicosa. Il gusto, pieno, brioso, persistente, si snoda con chiara propensione alla dolcezza tra i toni caldi dell’alcol. Il finale è lungo, leggermente amaro. Nella lunga persistenza retrolfattiva, si esalta l’amabilità del miele, senza il minimo pericolo di stucchevolezza.
Newton, fruit beer di colore paglierino chiaro e dall’aspetto velato (g.a. 3,5%); ottenuta miscelando la bière blanche con il sidro. Presenta una carbonazione moderata, ricca schiuma bianca di buona allacciatura, fresco aroma di mela e di banana, corpo leggero e brioso di consistenza molto acquosa, gusto moderatamente segnato sempre dalla mela e dalla banana, dolce finale di lievito, sfuggente retrolfatto amarognolo.
Saison 1900, saison di colore dorato e dall’aspetto a malapena velato (g.a. 5,4%); conosciuta anche come Lefebvre Vallon. Il 1900 è l’anno in cui fu concepito il prodotto. Con un’effervescenza parecchio sostenuta, la schiuma bianca viene fuori densa, compatta, durevole. Al naso si espandono forti sentori di luppolo con labili accenni di zenzero. Il corpo, da leggero a medio, presenta una consistenza lievemente cremosa e un po’ appiccicosa. Il gusto di malto, pieno, rotondo, defluisce morbido quanto raffinato. Una briosa sensazione di agrume pone fine alla corsa. Il discreto retrolfatto dall’accento acidulo dà il commiato tra impressioni di erbe aromatiche.
Lefebvre Hopus, belgian strong golden ale di colore biondo con riflessi ramati e dall’aspetto velato (g.a. 8,3%); con rifermentazione in bottiglia. Si tratta di una delle ultime specialità della casa, elaborata in occasione del matrimonio di Paul Lefebvre. Con un’effervescenza medioalta, la schiuma bianca emerge ricca, pannosa, duratura. Le cinque varietà di luppolo utilizzate si mettono subito in evidenza all’olfatto, con i loro profumi intensi e persistenti; mentre devono accontentarsi del ruolo di deuteragonista malto, lievito belga, erbe, frutta con un tocco di acidità, zucchero candito, addirittura le spezie. Il corpo, da medio a pieno, ha una consistenza acquosa pressoché appiccicosa. Il gusto rotondo, esuberante ma delicato, trova nella massiccia luppolizzazione il bilanciamento ideale per la sua dolcezza. La lunga corsa termina con l’esplosione, tra note asciutte e speziate, dell’alcol rimasto fino ad allora nascosto. La persistenza retrolfattiva ha tutto il tempo per esibire le sue fresche impressioni amarognole di pino e di resina, frammiste a richiami fruttati di lievito.
Abbaye de Bonne-Esperance
L’abbaye de Bonne-Espérance si trova nella provincia vallona dell’Hainaut, precisamente a Vellereille-les-Brayeux, nel comune di Estinnes.
Fu fondata nel 1130, per ospitare una comunità canonica premostratense. Quanto al nome, Bona Spes, traduzione latina di “buona speranza”, sarà, probabilmente, riferito al fatto che i canonici si auguravano di aver trovato un posto definitivo dove stabilirsi.
Nei secoli XII e XIII l’abbazia ebbe un forte sviluppo economico, acquisendo migliaia di ettari di terre tra la contea di Hainaut, il Ducato del Brabante e la provincia di Namur. Successivamente arrivarono i guai.
Nel 1542, Enrico II di Francia, figlio di Francesco I, assediò la città di Binche, a quattro chilometri da Bonne-Espérance, saccheggiando i dintorni, abbazia compresa.
Seguì, nel 1568, l’invasione dell’abbazia da parte dei soldati del principe Guglielmo I d’Orange, che incendiarono tutti gli edifici.
Già all’inizio del secolo XVII, la comunità norbertina tentò di sollevarsi e iniziò a prendere in prestito fondi per restaurare gli edifici abbaziali. Mentre arrivavano i sostegni dei governatori spagnoli dei Paesi Bassi, dell’arciduca Alberto d’Austria e di Isabella Clara Eugenia d’Asburgo.
Nel secolo XVIII, sotto la sovranità austriaca, la contea di Hainaut conobbe un lungo periodo di pace e di prosperità. Nel 1714 ebbe inizio un vasto cantiere di ammodernamento degli edifici di Bonne-Espérance, terminato nel 1776 con la costruzione della nuova chiesa disegnata dal famoso architetto Laurent-Benoît Dewez.
Ma ecco arrivare, nel 1793, i rivoluzionari francesi che dichiararono il monastero “bene nazionale”. Seguì, l’anno dopo, il saccheggio e, nel 1797, la vendita degli edifici, acquistati in segreto dalla Comunità tramite l’agricoltore di Basse-Cour.
Le grosse difficoltà per riprendere la vita monastica indussero, nel 1821, gli ultimi canonici a regalare la loro abbazia al seminario episcopale della Diocesi di Tournai. Nel 1830 nasceva così un istituto d’insegnamento per la formazione dei sacerdoti.
Nel 1978 la Brasserie Lefebvre iniziava a produrre, su licenza, la gamma Bonne-Espérance, col successivo riconoscimento di birre belghe d’abbazia.
Abbaye de Bonne-Espérance, abbazia tripel di colore dorato con riflessi ambrati e dall’aspetto velato per i lieviti in sospensione (g.a. 7,8%). È una straordinaria birra d’abbazia belga, complessa ma di facile beva, estremamente versatile e splendidamente bilanciata in tutte le sue componenti. Viene ancora prodotta utilizzando tini di rame riscaldati direttamente dal fuoco a legna, cosa che dona una caratteristica nota di affumicatura. Dopo l’ebollizione, il mosto raffredda su un sottile strato di fiori di luppolo e, successivamente, viene trasferito in un fermentatore di rame con inoculazione di lievito. La fermentazione dura tre mesi; segue l’imbottigliamento senza filtraggio e con aggiunta di un’ulteriore dose di lievito per provocare la rifermentazione in bottiglia. Curiosamente, viene esportata soprattutto in Italia, dove è facilmente reperibile. Tra le più bevibili birre d’abbazia, nei pub e nelle birrerie specializzate è possibile trovarla alla spina. In bottiglia, esistono due versioni: una, quella originale, con etichetta argentata; l’altra, prodotta appositamente per il mercato estero, con etichetta dorata. E, come le migliori abbazie, è disponibile anche nella classica bottiglia da litro. Con una carbonazione media, per nulla invadente, la schiuma emerge fine e abbondante, densa e cremosa, con odori di fiori e di vaniglia. L’aroma si leva intenso, fresco, gradevole, dominato da profumi fruttati e speziati e, in particolar modo, dalla luppolizzazione piuttosto marcata. Il corpo, benché pieno, si rivela leggero, effervescente, nella sua fluida consistenza oleosa. Il gusto, insolito e caratteristico, dipende dalla miscela di zucchero caramellato con diverse varietà di luppolo: l’impressione di effervescenza risulta fresca, delicata. Nel finale si esibiscono i sentori affumicati della tostatura in un alone pulito e asciutto. Le suggestioni del retrolfatto sono ampie, lunghe, “sapientemente” orchestrate da un lievito rinfrescante. Le bottiglie vanno sempre conservate in posizione verticale.
Da annotare che, da gennaio 2015, la produzione di questa birra è passata alla Brasserie La Binchoise, di Binche.
Abbazia di Floreffe
Floreffe è un piccolo comune nella provincia vallona di Namur. La sua abbazia, che domina la valle del fiume Sambre, fu fondata nel 1121 da san Norberto.
Nel 1794, con l’arrivo dei rivoluzionari francesi, l’abbazia fu abbandonata dai monaci. Soltanto nel 1960 fu restaurata la fabbrica di birra, gestita però dalla Brouwerij Het Anker di Mechelen. Infine, nel 1983, la produzione passò alla Brasserie Lefebvre.
Oggi l’abbazia di Floreffe ospita l’ordine religioso dei premostratensi. Il complesso è formato da diverse costruzioni di varie epoche, che circondano un bellissimo giardino. La chiesa abbaziale contiene preziose opere barocche. Nelle dépendance medievali si trova un museo. All’interno del mulino, costruito, a sua volta, all’interno della birreria nel 1250, si possono gustare i numerosi prodotti dell’abbazia.
Lefebvre Floreffe Blonde, abbazia di colore dorato con riflessi ambrati e dall’aspetto leggermente velato (g.a. 6,3%); con etichetta verde. La rifermentazione in bottiglia è provocata dall’aggiunta di lievito e zucchero. Con una carbonazione abbastanza contenuta, la schiuma, di un bianco sporco, emerge densa, cremosa, persistente. Al naso si dona un gradevole aroma fruttato, supportato da tenui sentori di malto, banana, grano, caramello, agrumi, miele, pane, luppolo erbaceo, paglia, buccia d’arancia; e non senza un certo piccantino. Il corpo medio presenta una consistenza cremosa. Il gusto pieno, intenso, di malto si snoda a proprio agio durante una corsa di media durata che, in prossimità del traguardo, si trasforma in un mix di lievito amaro e luppolo speziato. Il lungo finale si esibisce in un accorato richiamo di liquirizia. L’amarognolo del retrolfatto, con venature secche di miele e pungenti di agrume, risulta estremamente piacevole.
Lefebvre Floreffe Double, abbazia dubbel di colore rossastro e dall’aspetto velato per la presenza di lieviti in sospensione (g.a. 6,3%); con etichetta rossa. È conosciuta anche come Durboyse Brune. Con una carbonazione un po’ più sostenuta per lo stile, la schiuma beige, ricca e cremosa, ostenta buona durata. L’aroma libera profumi di malto torrefatto, liquirizia, caramello, cioccolato al latte, lievito, frutta scura, lievito, avvolti in un caldo, amabile, alone di anice. Il corpo, da leggero a medio, presenta una trama fra oleosa e cremosa. Nel gusto, un luppolo secco si amalgama con malti tostati e diverse spezie erogando note, in successione, dolciastre, amarognole, acidule. Il finale è abbastanza lungo, ed equilibrato tra la dolcezza del caramello e l’amarore del rampicante. Il retrolfatto appare asciutto, tostato, terroso, con sensazioni che richiamano il tè nero.
Lefebvre Floreffe Triple, abbazia tripel di colore giallo oro acceso e dall’aspetto opalescente (g.a. 8%, 7,5% fino al 2015); con etichetta gialla. L’effervescenza è piuttosto decisa; la schiuma si sviluppa fitta e abbondante, tenace e aderente. L’olfatto, di una finezza elegante, regala, nell’elevata intensità, profumi fruttati e floreali con caldi sentori di caramello e un accenno di lievito. Il corpo, medio-pieno, ha una consistenza cremosa. Del tutto singolare si rivela, dal canto suo, il gusto, pieno e morbido, dolce e amaro, nello stesso tempo: un dono delle varietà di luppolo selezionate. Dopo un finale asciutto e moderatamente fruttato, anche il retrolfatto, di buona persistenza, non lesina le proprie suggestioni dolci ma agre. Si tratta di un prodotto impegnativo, molto complesso, e quasi aromatico per il lievito impiegato ricco di vitamina B. La bottiglia va conservata in posizione verticale.
Lefebvre Floreffe Prima Melior (Meilleure), abbazia di colore marrone con sfumature bordeaux e dall’aspetto opaco (g.a. 8%); con etichetta blu. È conosciuta anche come Lefebvre Floreffe Brune. Era considerata “la migliore” della gamma dai frati stessi dell’ex abbazia di Floreffe e, secondo quanto riportato dal birrificio, veniva riservata all’abate e agli ospiti importanti in visita. Birra di elevata resistenza, viene elaborata con una miscela di vari tipi di malto e diverse varietà di luppolo e rinforzata con un potente condimento di anice e coriandolo; mentre, per la rifermentazione in bottiglia, vengono aggiunte dosi di lievito e zucchero di birra. Con una carbonazione piuttosto sostenuta, la schiuma color crema, abbondante e compatta, mantiene una pregevole stabilità. L’aroma è ricco e intenso, con eleganti profumi di tostatura, anche di frutta secca, e una leggera speziatura dalla quale esalano lievi sentori di anice. Dal corpo, di solida tessitura, prorompe una cordiale forza alcolica che riempie la bocca di calore. Il gusto si snoda pieno e amabile, improntando, dopo un finale asciutto e amaricante a base di erbe medicinali e di china, la lunga persistenza retrolfattiva a una soffice impressione agrodolce.