Bayerische Staatsbrauerei Weihenstephan

Tratto da La birra nel mondo, Volume V, di Antonio Mennella-Meligrana Editore

Frisinga/Germania
A lungo considerato il più antico birrificio al mondo, si trova negli edifici dell’ex monastero Weihenstephan, su una collina nei pressi di Frisinga, 40 chilometri a nord di Monaco di Baviera.
Le poche notizie che abbiamo circa il fondatore del monastero, Corbiniano di Frisinga, sono riportate nel libro Vita Corbiniani, scritto nel 760 dal vescovo Arbeo di Frisinga, quarto successore dello stesso Corbiniano.
Nacque nel 680 circa a Chátres (Castrum), nei pressi di Melun, nell’attuale Francia. Fin da giovane avvertì l’inclinazione per la vita monacale e, morta la madre, si ritirò in un eremitaggio fatto costruire da lui stesso a fianco della chiesa di San Germano nella sua città natale. Ben presto si aggregarono una ventina di compagni; mentre la sua fama di santità si estendeva alle regioni vicine.
Molto devoto a san Pietro, Corbiniano, insieme ai compagni, verso il 713, si recò in pellegrinaggio a Roma dove papa Gregorio II, colpito dalla sua spiritualità, lo consacrò vescovo e gli affidò la missione di evangelizzare i territori della Baviera.
Per alcuni anni Corbiniano svolse il suo apostolato in maniera itinerante. Poi, nel 723, ritornò a Roma per chiedere l’esonero dalla missione. Ma il papa, glielo rifiutò, ordinandogli invece di stabilirsi a Frisinga e di organizzare l’evangelizzazione di quelle zone.
Insieme a 12 compagni e con l’aiuto del duca di Baviera, Grimoaldo, Corbiniano fondò, nel 725, il monastero di Weihenstephan (“Sacro Stefano”, in tedesco) sulla collina che poi prenderà il nome di Weihenstephaner Berg. E da quel momento il monastero divenne la sua sede episcopale.
Nel 730 Corbiniano moriva e, benché la diocesi fosse stata formalmente istituita dopo la sua morte, egli viene comunemente considerato il fondatore e il primo vescovo di Frisinga.
Il suo culto sarà poi rinnovato ed esteso oltre la Baviera con l’elezione al soglio pontificio del cardinale Joseph Ratzinger con il nome di Benedetto XVI, lui stesso successore di Corbinano in quanto arcivescovo della diocesi di Monaco e Frisinga dal 1977 al 1982.
Intanto, già nel 746, il monastero fu distrutto dal re Marsilio di Svevia. Ricostruito, nell’821 fu trasformato in un monastero agostiniano. Subì quindi tutta una serie di incendi, una prima volta, nel 955 a opera delle orde barbariche dell’Est e, altre quattro volte, nei 10 anni successivi.
Nel 1021, sulle rovine del vecchio monastero, sorse un’abbazia benedettina che, nel secolo XIV venne chiusa dai Cavalieri dell’Imperatore finendo, in seguito, in un ammasso di rovine per un terremoto. Ma non si arrese mai, neanche quando, nei secoli successivi, patì peste, carestia, saccheggi, altri incendi e distruzioni. Con ostinazione tutta bavarese, i benedettini ritornarono sempre all’abbazia.
Quanto invece alla produzione della birra a Weihenstephan, essa ebbe inizio verosimilmente intorno all’anno 768, stando a un documento dell’epoca che fa riferimento a un “giardino del luppolo” nella zona che doveva un tributo al monastero. Ma solo nel 1040 l’abate Arnold fu autorizzato dalla città di Frisinga a vendere la birra precedentemente destinata solo al consumo interno. È questa la data che consente a Weihenstephan di vantarsi come il più antico birrificio ancora funzionante del mondo.
E, nonostante tutte le peripezie, i monaci perseverarono nella produzione della birra che migliorava costantemente. Alla fine ne avevano messo a punto tre tipi: una leggera, per mendicanti e pellegrini; una forte, destinata al consumo quotidiano dei monaci; una sorta di “premium”, riservata ad abati, prelati e notabili.
Quando nel 1516 fu approvata la legge sulla purezza della birra, la Weihenstephan la adottò immediatamente, facendo della sua bevanda il punto di riferimento per tutta la produzione brassicola della Baviera.
Infine, nel 1803, con il processo di laicizzazione della Baviera voluto da Napoleone Bonaparte, l’abbazia venne definitivamente sciolta: i terreni, gli immobili e il birrificio annesso passarono al Regno di Baviera che ne fece la Königlich Bayerische Staatsbrauerei Weihenstephan.
Nel 1852 la Weihenstephan divenne sede della Scuola Agricola, elevata al rango di Accademia, nel 1895 e nel 1919, a facoltà di ingegneria birraria dell’Università di Monaco.
Ma, nel 1918, il Regno di Baviera divenne land della Baviera per cui, nel 1921, fu tolto dalla denominazione il titolo di birrificio reale (Königlich), anche se compare tuttora sulle etichette lo stemma della monarchia.
L’antico monastero ospita dunque, in parte, un moderno birrificio e la birreria-ristorante e, in parte, la sezione staccata dell’Università di Monaco, con una immensa quanto preziosa biblioteca dedicata al lievito. Si tratta del centro di tecnologia brassicola più prestigioso del mondo, che ha fornito valenti mastri birrai, non solo alla Germania, anche ai microbirrifici americani.
Non a torto dunque la Weihenstephan, quantunque sia la più antica, si vanta di essere anche la birreria più moderna al mondo, con la sua tecnologia d’avanguardia e i metodi produttivi fedeli alla tradizione ma anche capaci di apportare strabilianti innovazioni.
La produzione annua “viaggia” sui 500 mila ettolitri, con esportazioni in più di 20 paesi. La gamma comprende diverse varietà di ottime birre, dalla weissbier, anche light, alla pils, dalla dunkel e helles alla bock e all’analcolica. Si esaltano in modo particolare quelle di frumento, dai toni speziati e con un fruttato… semplicemente delizioso. Infine la banca lieviti dell’azienda, che conserva oltre 50 ceppi diversi, rifornisce molti birrifici sparsi sulla terra.
Ma l’abbazia possiede anche un caseificio che produce ottimi formaggi e latticini.
Weihenstephaner Hefeweissbier, hefe weizen di colore dorato e dall’aspetto torbido (g.a. 5,4%). La più intensa, nel fruttato e nei toni speziati, tra le weizen della casa, ne è anche il prodotto di punta sia in Germania che nelle esportazioni. La carbonazione si mantiene nella media; la schiuma bianca sbocca imponente, minuta, densa, cremosa, di ottima tenuta e aderenza. L’aroma, fresco e pulito, include frutta (banana matura, albicocca, mela, ananas); malto, grano, pane cotto, miele, lievito, melassa; qualche sentore erbaceo, agrumato e floreale; una sottile speziatura (chiodi di garofano, noce moscata); anche un indizio insolito di coni di luppolo all’arancia. Frutta gialla e banana, malto e frumento, da una parte e dall’altra, lievito piccante, chiodi di garofano e luppolo erbaceo, allestiscono un sapore dolce ma non stucchevole, robusto ed equilibrato, secco e rinfrescante, senza quasi alcuna amarezza e con una leggera acidità. Il lungo finale ripulisce il palato con le sue discrete note luppolizzate. Di buona persistenza anch’esso, il retrolfatto lascia sensazioni fruttate impreziosite da un delicato speziato e da un debole amarore.
Weihenstephaner Hefeweissbier Dunkel, dunkel weizen di colore marrone scuro rossastro e dall’aspetto semiopaco (g.a. 5,3%). La carbonazione è alquanto decisa; la schiuma beige, grande, soffice, cremosa, di notevole durata e allacciatura. L’aroma, dolce e intenso, mette subito in evidenza i profumi di grano, banana matura e chiodi di garofano, ben equilibrati dai sentori più tostati del malto e del caramello e supportati, dal fondo, da una punta di cacao in polvere e solo un alito di luppolo terroso; mentre il lievito appare piuttosto sottotono. Il corpo medio sembrerebbe tendente al pieno, in realtà risulta abbastanza leggero, in una consistenza peraltro quasi acquosa. Anche nel gusto le note di lievito vengono smussate dal carattere deciso dei malti scuri; e il sapore si snoda granuloso, con dolcezza fresca e fruttata, e attingendo dal frumento la caratteristica acidità. Il finale, secco e pungente, reca tutta l’impronta di un luppolo speziato. La lunga persistenza del retrolfatto pone invece l’accento su un delizioso fruttato di banana con suggestioni di mela.
Weihenstephaner Kristallweissbier, kristall weizen di un limpido colore dorato pallido (g.a. 5,4%). Con un’effervescenza da media a forte, la schiuma bianca erompe copiosa, minuta, solida, cremosa, di ottima tenuta e lasciandosi dietro i segni di una buona allacciatura. L’aroma, fresco e di elevata intensità, elargisce attraenti profumi di malti dolci, lievito, frumento, caramello, mais, esteri di banana, mele, frutti gialli, gomma da masticare e, più in sottotono, scorza di limone, semi di coriandolo, cannella, chiodi di garofano e un distintivo tocco di luppolo monacense. La leggerezza del corpo lega a meraviglia con una spiccata tessitura acquosa. Il gusto è ricco, morbido, succoso, con caramello, malto, grano, arancia, banana, luppolo erbaceo, diverse spezie; ma deve tanto alla frutta tropicale, con note di mango esaltate da sfumature di ribes nero, generoso omaggio del prezioso lievito della casa. Mentre proprio dalla banana e dal ribes nero si può cogliere distintamente una rinfrescante punta acida. Il finale, di sufficiente persistenza, appare decisamente segnato da lievito e chiodi di garofano, e si esaurisce in un pizzico di amarore. Da parte sua, il retrolfatto svolge il suo residuo compito sotto l’egida dell’asciuttezza.
Weihenstephaner Tradition, dunkel di colore marrone rossastro intenso (g.a. 5,2%); eccellente prodotto della tradizionale monacense. Con una moderata effervescenza, la schiuma beige si alza ricca, abbastanza sottile, molto spessa, cremosa, di pregevole durata e bella allacciatura. L’olfatto è maltato e dolce con toni di caramello alquanto prominenti che si esaltano tra profumi di malto tostato, noci, pane di segale, toast, caffè, melassa, cioccolato fondente, lievito fruttato, zucchero di canna, prugne troppo mature; intanto che dal sottofondo si levano più miti sentori di funghi, cenere, erbe, terra, luppolo floreale. Il corpo medio si presenta in una consistenza più cremosa che sciropposa. Nel gusto, la dolcezza del malto biscotto, dell’uva passa, del caramello e della melassa trova il pendant equilibratore nella delicata acidità delle tostature, del lieviro e della frutta scura, col supporto del lieve amarore di un luppolo speziato. Nel finale, la secchezza va oltre i limiti della gentile luppolizzazione, diventando a tratti astringente. Nel suo ruolo di commiato, il retrolfatto elargisce piacevoli sensazioni dolci e amare, come a voler accontentare le due tradizionali componenti gustative.
Weihenstephaner Vitus, weizenbock di colore arancio pallido e dall’aspetto intorbidito (g.a. 7,7%). Una delle ultime realizzazioni della casa, fu messa in commercio nel 2007, con disponibilità nel solo periodo della Quaresima; oggi viene invece prodotta tutto l’anno. È dedicata a san Vito, martirizzato giovanissimo nel 303 a Lucania, durante la grande persecuzione dell’imperatore Diocleziano. La carbonazione è moderata; la schiuma bianca, abbondante, fine, spessa, cremosa, di notevole tenuta. Intenso e pulito, il bouquet olfattivo eroga dolci profumi fruttati, in particolare della banana matura con qualche tocco di mela verde; mentre dal sottofondo spirano, non così distinguibili tra loro, sentori di malto, crosta di pane, frumento, lievito, miele, gomma da masticare, pasticceria: il tutto in un inebriante alone anch’esso confuso di pepe, chiodi di garofano, scorza d’agrumi, baccelli di vaniglia, liquore leggero. Il corpo medio ha una consistenza quasi cremosa. Anche nel gusto la dolcezza della componente maltata si fa la parte del leone; mentre non avviene lo scontro con l’amarore, assente in qualsiasi sua forma di espressione: sopperiscono degnamente l’acidume del frumento e una delicata quanto incisiva speziatura dei chiodi di garofano. Ne deriva un sapore forte, pieno, irresistibile, con tutta la freschezza e la bevibilità delle weizen di razza. Il finale, lungo e speziato, sfocia in un caldo retrolfatto di frutta matura sotto spirito.
Weihenstephaner Korbinian, doppelbock di colore marrone scuro con riflessi ambrati e dall’aspetto velato (g.a. 7,4%); sottoposta a una fase di maturazione estremamente lunga e a basse temperature. La carbonazione è molto ridotta; la spuma beige, enorme, sottile, compatta, cremosa, di tenuta notevole e sufficiente allacciatura. Il bouquet olfattivo è pulito, robusto, penetrante e d’intensità molto elevata, con attraenti profumi di orzo tostato, ciliegia sciroppata, frutta secca, pane nero, cacao, frutti di bosco, caramello, lievito, caffè torrefatto, malto al sapore di noci: il tutto in un delicato alone di spezie impreziosito da sherry e cognac. Il corpo, sorprendentemente sottile, ha una leggera tessitura cremosa. Anche al palato pane nero, caramello, orzo tostato e liquirizia fanno da apripista a un caldo gusto che va pian piano perdendo il suo carattere maltato per diventare piuttosto legnoso, prima di avventurarsi nell’amarognolo, peraltro piacevolissimo, della frutta secca e del cioccolato fondednte; merito anche della generosa collaborazione del luppolo che intende portare sin in fondo un bilanciamento perfetto. E, solo nel finale, si percepisce chiaramente che, a contrastare la componente maltata, ha partecipato attivamente anche l’intenso arrostimento dei malti stessi. Mentre nella lunga persistenza retrolfattiva sbuca a intermittenza una fragrante sensazione di caffè.
Le due recenti specialità, la Weihenstephan le deve alle tecniche innovative messe a punto dalla facoltà di ingegneria birraria. Ovvero all’isolamento da parte di quest’ultima dello xantumolo, un composto presente solo nel luppolo, a cui il centro di Heidelberg per la ricerca sui tumori ha poi riconosciuto un’azione anticancerogena. Ebbene, aggiungendo nel pieno rispetto del Reinheitsgebot una significativa quantità del benefico bioflavonoide, l’azienda elaborò la Weihenstephaner Xan Hefe Weissbier, hefe weizen (g.a. 5,4%), ma ormai fuori produzione; nonché la sua versione analcolica:
Weihenstephaner Xan Wellness Alkoholfrei, bibita gassata, rinfrescante ed energetica, costituita dalla miscelazione, per il 40%, di veizen senza alcol e, per il 60%, di succo (mela, acerola e limone), zucchero, vitamine (C e B6),estratto di erbe e di xanthohumol. Il colore è dorato scuro. Con una media effervescenza, la schiuma bianca fuoriesce rocciosa, fine, solida, cremosa, di ottima tenuta e allacciatura. L’aroma si libera fresco, pulito, gradevole, con malto, agrumi, lievito, grano, banana, gomma da masticare, zucchero, chiodi di garofano e qualche accenno minerale. Il corpo, relativamente snello, può avvantaggiarsi di una consistenza abbastanza acquosa. Nel gusto, agli elementi avvertiti al naso si aggiungono caramello, fieno, vaniglia e, soprattutto, frutta tropicale, con il costante pericolo della stucchevolezza che soltanto nel finale viene definitivamente scongiurato, grazie a una secchezza quasi aspra. Una remota suggestione di persipan compare nello sfuggente retrolfatto.