Nel passato, quando i serbatoi in metallo non erano molto diffusi, il legno veniva utilizzato per stoccare e trasportare qualsiasi tipo di bevanda, come acqua, vino, olio di oliva, rhum ed, ovviamente, birra. La sosta in legno era, quindi, non una scelta tecnica per conferire caratteristiche sensoriali particolari alla bevanda, ma semplicemente una scelta obbligata di tipo logistico.
Dai primi dell’Ottocento, i birrai hanno incominciato a trattare le botti, solitamente in quercia, con ripetuti risciacqui con acqua bollente e acido cloridrico per neutralizzarle al fine di ridurre la possibilità che la birra successivamente immessa prendesse note di legno. Con il passare del tempo, si sono sviluppati serbatoi e fusti in acciaio, i quali sono diventati di largo impiego nell’industria birraia, causando un progressivo abbandono del legno.
Attualmente, molti birrifici hanno ripreso a utilizzare il legno per la produzione di alcune birre, ma questa volta l’obiettivo è totalmente diverso. Le moderne birre, infatti, vengono invecchiate in legno perché acquisiscano caratteristiche particolari nell’aroma e nel flavor.
Negli Stati Uniti, dove negli ultimi anni l’invecchiamento della birra si è largamente diffuso, le botti più utilizzate sono quelle del bourbon. Secondo la legge americana, un whisky per essere denominato “straight bourbon” deve essere invecchiato per un minimo di due anni in una botte nuova di quercia bianca americana. Le distillerie, quindi, utilizzano le botti per un paio di anni e poi sono costrette a sostituirle. Anche questo aspetto ha contribuito al rilancio dell’impiego dei fusti in legno nel settore brassicolo.
In Italia, in fenomeno si è ispirato invece alla tradizione vinicola, soprattutto mediante il reimpiego di barriques di secondo o terzo passaggio, già impiegate per l’affinamento dei grandi vini della tradizione nazionale.
I principali costituenti del legno sono la cellulosa, l’emicellulosa e la lignina, oltre che tannini e piccole quantità di lipidi (oli e cere). L’emicellulosa in fase di tostatura, si degrada negli zuccheri semplici che la compongono (glucosio, xilosio, mannosio, ramnosio, arabinosio e galattosio), i quali caramellizzano con formazione di furfurolo, idrossimetil-furfurolo, maltolo, ciclotene e altri composti caratterizzati da aromi di mandorla amara, tostato, caramello e mandorla bruciata.
La lignina, infine, è un polimero complesso che si compone di unità di guaiacile e unità di siringile. Nelle bevande invecchiate in legno, queste danno origine a due gruppi di composti:
- dalla struttura del guaiacile si formano la coniferaldeide, la vanillina e l’acido vanillico;
- dalla struttura del siringile hanno origine la sinapaldeide, la siringaldeide e l’acido siringico.
Se, però, il calore apportato in fase di tostatura del legno è eccessivo, la lignina può essere convertita anche in fenoli volatili, responsabili di aromi di fumo e di medicinale.
I lattoni, composti lipidici contenuti all’interno del legno di quercia, sono i principali responsabili dell’aroma conferito da botti in questa varietà di legno. In concentrazioni basse, infatti, questi composti conferiscono le caratteristiche note di legnoso ed erbaceo, mentre in concentrazioni più elevate gli aromi a essi dovuti ricordano la rosa e il cocco. In realtà, però, la stagionatura all’aria aperta del legno e, ancora di più, la tostatura possono portare alla degradazione dei lattoni con conseguente minor incidenza aromatica.
I tannini sono composti largamente presenti nel legno di quercia e conferiscono la tipica sensazione di astringenza propria delle bevande affinate in legno. Nel caso di botti di seconda mano, utilizzate per l’affinamento della birra, però, è probabile che la maggior parte dei tannini siano già stati assorbiti, ad esempio dal bourbon, e, quindi, la birra non acquisisce questa caratteristica. D’altro canto, i tannini sono anche potenti antiossidanti in grado di fornire protezione verso l’ossidazione che inevitabilmente si verifica durante la conservazione in botti di legno.
Oltre alle caratteristiche sensoriali conferite dal legno stesso, la birra acquisisce anche quelle della bevanda che in precedenza ha sostato nella botte. Infatti, l’utilizzo di botti nuove nel settore della birra è molto raro, in quanto, oltre a essere molto care, conferiscono caratteristiche sensoriali troppo spiccate. L’utilizzo di botti di seconda mano, invece, le rende meno caratterizzanti, in quanto il vino o il distillato che ci ha sostato in precedenza ha già estratto la maggior parte dell’aroma. Inoltre, il legno ha assorbito le caratteristiche del suo precedente ospite, quindi si è arricchito di nuovi aromi che verranno passati alla birra.
L’ossidazione è un fattore da tenere in considerazione nell’invecchiamento di una birra in legno, in quanto le botti sono porose e l’ossigeno gradualmente viene assorbito dall’esterno. Una lenta e costante ossidazione è una parte importante della maturazione in legno e può conferire caratteristiche positive con una diminuzione del gusto amaro conferito dal luppolo e un’intensificazione delle note di malto. Se gestito con attenzione, l’ossidazione, quindi, consente lo sviluppo di caratteristiche aromatiche positive, a differenza delle ossidazioni incontrollate che portano a note di muffa e di carta. In ogni caso, se troppo spinta, l’ossigenazione, può causare un incremento di acidità a causa dello sviluppo di batteri acetici.
Di certo, la dilagante sperimentazione dei mastri birrai di tutto il mondo nell’uso dei contenitori in legno per l’affinamento delle birre fa presupporre ulteriori interessanti sviluppi della tecnica di utilizzo e l’affermarsi di una nuova tendenza produttiva che, forse, non sarà solo una moda passeggera.