Tratto da La birra nel mondo, Volume V, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Witney/Inghilterra
Birrificio dell’Oxfordshire che prende il nome dalla vicina foresta un tempo terreno di caccia della famiglia reale.
La Clinch & Co. era stata fondata, intorno al 1811, da James Clinch. Ma, con il pensionamento, nel 1945, di Thomas William Clinch Foreshew, l’interesse della famiglia per il birrificio era bell’e terminato. Il nuovo amministratore delegato gestì bene la società negli anni ’50; ma era andato scemando irreversibilmente l’incentivo a rimanere indipendenti.
Nel 1961 la Clinch & Co. veniva così rilevata dalla Courage che, interessata soltanto alle 71 case legate, finì per chiuderla dopo poco.
Parte del sito dell’ex Clinch & Co. fu poi presa in affitto da Paddy Glenny che, nel 1983, aprì, nelle sale di maltaggio (The Eagle Maltings), risalenti al 1841, il microbirrificio Glenny Brewery. Passata in mano a Chris Moss, nel 1990 la birreria prese il nome attuale e si trasferì nella zona industriale di Two Rivers. Ma ritornò nella location originaria nel 1994, acquisendo parte del sito.
Nel 2002 la Wychwood Brewery fu acquistata da Refresh UK, rilevata a sua volta, nel 2008, da Marston’s.
Oggi la Wychwood, il più grande produttore di birra biologica del Regno Unito, produce sugli 83 mila ettolitri l’anno ed esporta in tutto il mondo (in particolare, Germania, Francia, Svezia, Russia, Giappone, Israele, Singapore, Australia, Nord America).
Le birre sono straordinariamente succose, estremamente facili da bere e divertentissime per i singolari personaggi che ne contraddistinguono le etichette.
La produzione in esclusiva per Lidl UK avviene invece sotto il marchio Hatherwood.
Wychwood Scarecrow, extra special bitter/ESB di un limpido colore dorato profondo (g.a. 4,7%). La versione in botte (g.a. 4,3%) è una stagionale estiva. Viene realizzata con malto da orzo inglese di agricoltura biologica e luppolo Target a foglia intera. Lanciata nel Regno Unito come Corn Circle Beer, per una disputa con la Hop Back Brewery che produceva la Crop Circle, dovette cambiare il nome in Circle Master, con riferimento al Circle Makers, il collettivo artistico britannico fondato da John Lundberg. Infine, nel 2010, fu chiamata Scarecrow (“spaventapasseri”), il nome col quale era stata da sempre commercializzata negli Stati Uniti. La carbonazione è bassa; la schiuma ocra, abbondante, sottile, pannosa, di lenta dissoluzione con bei segni di aderenza. L’aroma si libera tenue, ma fresco e pulito, con un malto pastoso e granuloso contornato da sentori di caramello, frutta, agrumi, fieno, miele, luppolo a base di erbe, Il corpo leggero dispone anche di una squisita tessitura acquosa. Un’ottima combinazione di acredine agrumata, ricca sapidità biscottata, delicato amarore di luppolo erbaceo e un pizzicore pepato sulla lingua, allestisce un gusto pieno e rinfrescante che scivola indisturbato verso una chiusura agrodolce e speziata. Molto secco, il retrolfatto si avventura spavaldamente in sensazioni vegetali a tratti davvero astringenti.
Wychwood Hobgoblin, extra special bitter/ESB di un brillante colore rosso rubino (g.a. 5,2%). Nella versione in botte, dall’originario 5%, all’inizio del 2008 il grado alcolico fu ridotto al 4,5%. Creata nel 1988 per celebrare le nozze della figlia del gestore di un pub, è oggi una delle birre più vendute nel Regno Unito, dove fu anche la prima birra in bottiglia a presentare un’etichetta illustrata. Il nome invece è quello degli spiritelli maligni che popolano le foreste. Con una bassa effervescenza, la schiuma, da bianco sporco a beige, fuoriesce sottile, spessa, cremosa, di moderata tenuta e allacciatura. Il profumo richiama distintamente il malto scuro e un luppolo fruttato, con qualche indizio di bacche rosse, cioccolato, melassa, caffè, frutta fermentata, bourbon. Il corpo medio ha una consistenza relativamente oleosa. Il gusto è una vera e propria armonia: malto tostato e luppolo pastoso vanno a braccetto tra delicate note di amarore, intanto che l’etanolo avvolge il palato in una piacevole impressione di asciuttezza. Il finale è un equilibrato miscuglio di malto residuo, croccante nocciola e luppolo terroso. Nella discreta persistenza retrolfattiva l’amaricante prende le redini e definisce la pulizia della bocca.
Stagionale
Wychwood King Goblin, english strong ale di un limpido colore marrone intenso (g.a. 6,6%); una speciale, più forte e saporita della Hobgoblin. Viene prodotta soltanto nelle notti di luna piena. La carbonazione è quasi piatta; la schiuma beige, ricca, sottile, cremosa, di sufficiente durata. Nella sua morbidezza, l’olfatto propone malto granuloso, caramello, frutta scura secca, uva passa, noci, cioccolata, melassa, liquirizia, armonicamente integrati in sentori di erbe aromatiche e luppolo legnoso. Il corpo, da medio a pieno, ha una consistenza leggermente oleosa. Ricco e delicato, il gusto si snoda tra gradevoli note di frutta e caramella mou, che lasciano via via spazio a spunti di noci, melassa, liquirizia, cioccolato fondente, zucchero di canna, luppolo terroso. Una lunga finitura amara/legnosa piuttosto astringente lascia il campo alle corte sensazioni retrolfattive ricche di uvetta e caramello bruciato.
Brakspear Brewery/Henley-on-Thames.
A Henley-on-Thames, nell’Oxfordshire, William Henry Brakspear cominciò a produrre birra nel 1711, rilevando un birrificio a Bell Street. Ma soltanto nel 1779 il figlio Robert, insieme allo zio Richard Hayward e altri soci, costituì la WH Brakspear & Sons. Poi, nel 1812, avvenne il trasferimento a New Street, e l’attività proseguì normalmente.
Le birre, prodotte con malto e luppolo inglesi e piuttosto secche, venivano considerate tra le più genuine della Gran Bretagna; anzi, sembrava che ultimamente fossero addirittura migliorate.
Degno di menzione l’esclusivo metodo di fermentazione “a doppia goccia” (double drop). La fermentazione primaria avviene tramite due batterie di fermentatori in legno posti ad altezze diverse. Dopo alcuni giorni, il liquido “sgocciola” nelle batterie inferiori senza lievito stanco o morto e solidi indesiderati. La seconda fermentazione risulta pertanto più pulita. Mentre, all’imbottigliamento, viene inoculato lievito nuovo. Ovviamente la rifermentazione in bottiglia assicura un buon livello di carbonazione. Da parte loro, il particolare lievito (multitensione di lunga durata) e il diacetile prodotto dal metodo di fermentazione conferiscono un sapore “butterscotch”.
Purtroppo, nel 2002, il birrificio chiuse i battenti e il suo marchio fu acquistato dal gruppo Refresh UK. Sicché la birra Brakspear veniva adesso prodotta a contratto presso il birrificio Thomas Hardy (Burtonwood).
Ma Refresh UK possedeva, dal 2002, anche la Wychwood Brewery e, al suo interno, con la maggior parte delle attrezzature dell’ex Brakspear, costruì un apposito birrificio, Brakspear Brewery, e nel 2005 vi trasferì anche buona parte della produzione.
Infine, nel 2013, ci fu il ritorno a Henley-on-Thames, proprio a Bell Street, all’interno del pub The Bull, risalente al 1564, acquistato nel 1881 da Brakspear e dietro l’originario birrificio di William. Nasceva così il brewpub Bell Street Brewery.
Qui vengono prodotte alcune birre Brakspear in botte disponibili tutto l’anno (Special, Old Ale, Mild Ale, Huell Melon Dry Hop, Oxford Gold); ma, soprattutto, birre stagionali per vari gusti a marchio Bell Street che, ogni tre mesi, cambiano nome, ricetta e gradazione alcolica.
Brakspear Triple III, english strong ale di colore ambra rossastro con riflessi rubino e dall’aspetto lievemente velato (g.a. 6,7%). Nacque come Brakspear Trple (con riferimento alla tripla fermentazione e con la gradazione alcolica del 7,2%), a opera del capo birraio Jeremy Moss, per festeggiare la rinascita del marchio Brakspear a Witney. Nel 2011 venne commercializzata filtrata in bottiglia da 33 cl; ma l’anno dopo ritornò, condizionata, all’originario formato da 50 cl. Infine, nel 2015, cambiò ricetta e nome in quello attuale, riducendo anche il tasso alcolico. Sono rimaste invece costanti la numerazione delle bottiglie e l’aggiunta del luppolo per tre volte. Con una morbida effervescenza, la schiuma biancastra emerge non così ampia, ma fine, compatta, cremosa, di sufficiente tenuta. L’aroma è piuttosto gradevole nella sua dolce complessità, con miele e fiori in testa, a seguire, malti granulosi, toffee, caramello, pasta di pane, melassa, toast, uva passa, frutta molto matura, zucchero bruno bruciato, scorza di arancia candita. Da parte sua, un luppolo a base di erbe sembra rimanere alla finestra, incapace d’intervenire… oppure per non intromettersi da guastafeste in uno scenario tutto sommato soddisfacente. Il corpo medio ha una consistenza tra cremosa e oleosa, alquanto appiccicosa. Il gusto non si scosta più di tanto dal profilo olfattivo, e ne mantiene tutta la dolcezza, contrastata però, adesso, da un’ostinata secchezza che un morbido calore etilico riesce solo in parte ad attenuare. Solo nel lungo finale si decide a venir fuori il luppolo, con un delicato amarore dall’accento pepato. Più corto si rivela invece il retrolfatto nelle proprie sensazioni caramellate ingentilite da un tocco di whisky. E la complessità, in questo prodotto, continua a svilupparsi con la maturazione in bottiglia.
Brakspear Oxford Gold, best bitter ale di colore ambra ramato e dall’aspetto con lieve foschia (g.a. 4,6%). È una birra biologica, oggi filtrata, ma in precedenza rifermentata in bottiglia e commercializzata col nome di Brakspear Organic Beer. La carbonazione è mediobassa; la schiuma, di un bianco sporco, ampia, sottile, cremosa, sufficientemente stabile e aderente. L’aroma si esprime con una piacevole dolcezza, a base di malti tostati, noci, caramello, pane, nocciola, paglia bagliata, miele, e, più in là, erbe, agrumi, delicato luppolo floreale. Il corpo si destreggia tra il medio e il leggero, potendo avvalersi di una consistenza abbastanza acquosa. Anche l’inizio del lungo percorso gustativo si propone piuttosto amabile, con una solida base maltata, addirittura attraversata da una venatura mielosa; ma non si fanno attendere più di tanto note secche e amare, di resina, luppolo terroso, lievito speziato. Un amarognolo asciutto prosegue nel finale in compagnia di un’asprezza da frutti di bosco. Le morbide, gradevoli, suggestioni retrolfattive sono il risultato di un mescolamento ad arte di erbe e limone, caramello e miele.
Brakspear Special, best bitter ale di color rame con riflessi rossi e dall’aspetto abbastanza confuso (g.a. 4,3%). Si tratta di una versione speciale della popolare Brakspear Bitter (g.a. 3,4%), realizzata con gli stessi ingredienti ma dal sapore più intenso. La carbonazione è bassa; la schiuma, di un bianco sporco, non molto ricca, ma sottile, cremosa, di apprezzabile tenuta e aderenza. Nel bouquet olfattivo è il lievito a far da apripista, seguito a ruota da malto caramellato, pasta di biscotto, pesca, noci, buccia d’arancia, caramella mou, esteri fruttati; e con scalpitante sottofondo acidulo e amaro, di zolfo, ortica, luppolo floreale. Il corpo medio si propone in una tessitura oleosa con tendenza all’acquosa. Moderato in un “saggio” combinato di dolcezza. amarore e acidità, il gusto inizia con malto tostato e morbido caramello; prende, verso il centro, la consistenza di un fruttato citrico; si avvia verso il traguardo di una discreta corsa tra le note di un luppolo secco e piccante. Il finale è letteralmente dominato dall’amaro di erbe fresche appena tagliate. E l’amaro continua nel retrolfatto, dove le lunghe sensazioni, adesso resinose, diventano a tratti perfino astringenti.