Brouwerij Wolf

Tratto da La birra nel mondo, Volume V, di Antonio Mennella-Meligrana Editore

Aarschot/Belgio
La scintilla, in Peter van der Borght, scattò nel 2003, visitando la Brasserie d’Achouffe. Iniziò subito l’homebrewing nel suo garage, frequentando anche un corso di birra.
Nel 2008, insieme a tre amici (Luc Sempels, Paul van der Borght e Jo Discart) fondò, a Begijnendijk (nel Brabante Fiammingo), la beer firm Brouwerij Lupus, col nome dell’animale che un tempo abitava le foreste del Belgio, e non senza un chiaro riferimento al luppolo, nella sua denominazione scientifica, Humulus lupulus. Mentre le birre venivano realizzate presso il microbirrificio Achilles di Itegem, nella provincia di Anversa.
Nel 2010, con l’acquisto dell’impianto del microbirrificio Achilles, avvenne il trasferimento nel vecchio mattatoio di Aarschot (sempre nel Brabante Fiammingo).
Infine, nel 2014, Luc Sempels e Paul van der Borght furono rimpiazzati da Bart Maryssael e Wouter Cuppens. Il birrificio invece venne rinominato Brouwerij Wolf.
A maggio del 2015 fu inaugurato, a Aarschot, il Wolf Café, con 78 posti a sedere e la possibilità di assaggiare i vini Wolf, prodotti nella Languadoca (sulla costa meridionale della Francia).
Il birrificio esporta circa il 10% della produzione, mentre in Belgio la distribuzione è affidata alla GDO (Carrofour e ALDI). Attenzione però! Le birre più importanti (Wolf 6, 7, 8 e 9; Wolf Black e Wolf Charte Blanche, queste due ultime a partire dal 2014) escono dagli impianti della Het Anker di Mechelen.
Wolf Black, lager di un cristallino colore biondo di tendenza chiara (g.a. 5,6%); a dispetto del nome (“lupo nero”) e del fantastico contenitore anch’esso nero. Con una media effervescenza, la schiuma bianca fuoriesce generosa, spessa, cremosa, di lenta dissoluzione e lasciando un bel pizzo al bicchiere. L’aroma, dolce e granuloso, annovera, tra i suoi componenti, malto, caramello, mela, pane, grano, frutta, paglia, cartone, erbe, luppolo floreale; nonché qualche vago spunto acido. Il corpo medio cerca di recuperare una buona leggerezza tramite la scorrevole consistenza acquosa. Anche il gusto rivela una certa amabilità con note maltate e fruttate che il morbido amarore erbaceo non riesce a contrastare adeguatamente. Il finale, quasi metallico, introduce un corto retrolfatto in cui, nonostante l’asciuttezza, continua a imporsi la dolcezza del malto.
Wolf 9, belgian strong dark ale di colore ambrato intenso con sfumature rossastre e dall’aspetto nebuloso (g.a. 9%). La carbonazione è moderata; la schiuma beige, enorme, fine, compatta, cremosa, di ottima tenuta e allacciatura. L’aroma si apre subito fruttato, con banana e pera, in primo piano e più in secondo, pesca, albicocca, ribes nero; molto più complesso risulta invece il seguito, di minor intensità ma uguale persistenza, un pot-pourri armonico di malti tostati, caramello, zucchero candito, lievito, pane appena sfornato, melassa, caramella mou, liquirizia, vaniglia, lievito speziato. Il corpo, quasi pieno, ha una fluida tessitura oleosa. Anche il gusto si propone in una certa dolcezza, però più maltata che fruttata, col supporto peraltro dell’alcol, sì dicreto ma fin troppo rilevante sull’amabilità che va scemando piano, nella seconda parte della lunga corsa, per fare spazio all’ondata amara di un luppolo erbaceo e resinoso incapace comunque di prendere il sopravvento. Ed ecco arrivare il finale, brusco, deciso, speziato, per sciogliersi in note alcoliche calde e dolci. Sensazioni di caffè torrefatto animano la lunga persistenza retrolfattiva, con una punta acida e amara.
Stagionale
Wolf Carte Blanche, belgian strong golden ale di colore oro antico e dall’aspetto lievemente velato (g.a. 8,5%). Ottima birra invernale, viene commercializzata in un’elegante bottiglia nera, satinata con serigrafia dorata, per giustificare in parte il prezzo senz’altro più elevato rispetto agli standard belgi. Con una vivace effervescenza, la schiuma biancastra irrompe nel bicchiere abbondante, minuta, densa, cremosa, di notevole tenuta e allacciatura. Pulito, elegante, il bouquet olfattivo mette subito in evidenza il lievito belga, seguito a ruota da esteri fruttati, a loro volta, in simbiosi con fiori, vaniglia, zucchero a velo, e infervorati da vino secco, pepe, semi di coriandolo. Il corpo medio ha una consistenza quasi cremosa, comunque abbastanza scorrevole. Con l’alcol magnificamente nascosto, secondo la caretteristica maniera belga, il gusto si snoda con tutta la dolcezza del malto caramellato, dell’uva passa, del miele, del biscotto, della frutta candita e sciroppata; mentre, a contrasto, si alzano presto note amaricanti di luppolo terrroso che, in prossimità del traguardo, lasciano campo libero a bacche acide e alcune delicatissime spezie. Nel finale, l’acidità e lo speziato si fanno addirittura piacevoli. Secco e amaro, il retrolfatto ostenta equilibrio e armonia.