Tratto da La birra nel mondo, Volume V, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Downingtown, Pennsylvania/USA
Ron Barchet e Bill Covaleski, che erano stati compagni di scuola, rimasero amici anche quando il college li portò sulle due coste opposte del Paese. E Bill, che aveva ereditato dal padre la passione per l’homebrewing, finì per contagiare anche l’amico.
Terminati gli studi, Ron, dopo un breve lavoro da analista finanziario, fece un anno di praticantato come birraio alla Baltimore Brewing Company e, infine, andò a diplomarsi all’Università di Weihenstephan. Tornato in patria, trovò subito lavoro presso la Old Dominion Company, in Virginia. Intanto Bill, diplomatosi anche lui in Germania, era diventato birraio della Baltimore Brewing Company.
I due vecchi amici avevano ormai la necessaria esperienza per mettersi in proprio. Ed ecco che, nel 1996, nei locali dell’ex azienda dolciaria Pepperidge Farm di Downingtown, nasceva la Victory Brewing Company, con annesso ristorante da 144 coperti.
Nel 2014, con l’inaugurazione di una nuova sede nella non lontana Parkersburg, fu raddoppiata la capacità produttiva; e oggi la Victory ha un flusso annuo di 126 mila barili statunitensi. Mentre la distribuzione, oltre che in 34 stati americani, avviene anche in altri 9 paesi L’idea iniziale di Ron e Bill, entrambi di scuola tedesca, era quella di produrre birre di tradizione tedesca appunto; ma, inevitabilmente, non resistettero a lungo alla tentazione delle IPA della East Coast, diventando anche loro fautori della rivoluzione artigianale.
Nel 2016 la Victory Brewing Company si alleò con la Southern Tier Brewing Company di Lakewood per entrare a far parte della holding Artisanal Brewing Ventures.
Da annotare che i prodotti offerti dalla Victory mostrano un buon carattere, con il cereale e l’amaricante che combinano una vera armonia di profumi e di sapori.
Victory Prima Pils, pilsner di un brillante colore dorato chiaro (g.a. 5,3%); ispirata alla migliore tradizione tedesca, utilizza malti tedeschi appunto e luppolo europeo a fiore intero. Il nome invece vuol essere la rivendicazione del primato, come un tempo, nella produzione di birra in Pennsylvania. La carbonazione è piuttosto decisa; la schiuma bianca, sottile, densa, cremosa, tenace e aderente. Il profilo aromatico è dato da un luppolo a base di erbe, resinoso, umido e blandamente medicinale; luppolo, che si esalta tra sentori maltati di cracker, biscotti, wafer, pane granuloso; dal sottofondo invece alitano spunti floreali, di mela, vaniglia. Il corpo medio tende decisamente al leggero, in una briosa consistenza piuttosto acquosa. Nel gusto appare significativo il grado di piacevole dolcezza di un malto morbido, burroso, che regge l’amaro stratificato di luppolo delicato e aspra scorza d’agrumi, sin all’esuberante secchezza del finale; mentre già si accingono a esplodere dallo sfuggente retrolfatto sensazioni di vaniglia e caramello attaccate da un deciso “morso” carbonico acido.
Victory St. Victorious Doppelbock, doppelbock di colore rosso brillante con riflessi rubino (g.a. 7,9%); ottenuta con almeno sette tipi di malto importati dalla Germania e quattro varietà di luppolo. È senz’altro una delle migliori, nel suo stile, prodotte negli Stati Uniti. Con una morbida effervescenza, la schiuma beige emerge abbondante, spessa, cremosa, di ottima durata e piacevole allacciatura. L’aroma è intenso, caldo e pieno di malti dolci, fichi maturi, caramello, biscotti, zucchero di canna, mou, toast, uva passa, cacao, nocciole tostate; mentre dal sottofondo si levano esteri speziati e di lievito tedesco, con una reminiscenza di luppolo erbaceo. Il corpo medio tende al pieno, in una consistenza piuttosto cremosa. Complesso e sofisticato, il gusto propone, in una morbidezza vellutata, prugna, caramello, uvetta, cioccolato, grano, malto caramellato, pane, un pizzico di fumo, un “morso” di luppolo legnoso. L’alcol agisce con discrezione, in sinergia con una leggera speziatura erbacea e terrosa. Un croccante finale di nocciolato sfocia bruscamente nel secco retrolfatto amaro.
Victory HopDevil, india pale ale di un limpido colore ambrato dai riflessi ramati (g.a. 6,7%); con tutte le caratteristiche delle IPA della East Coast. Realizzata con malti tedeschi e luppoli americani in fiore, è arrivata ad assorbire il 60% della produzione. La carbonazione è moderata; la schiuma avorio, minuta, spessa, cremosa, di pregevole tenuta. La pesante luppolizzazione si fa subito sentire, eccome, all’olfatto, con peraltro freschi e puliti profumi di pompelmo, aghi di pino, resina, terra, erbe, spezie lievi, un alito di alcol; intanto che dal sottofondo si levano, subito armonizzando, sentori di malto, biscotto, caramello appiccicoso, marmellata d’arancia, frutta tropicale. Il corpo medio si presenta in una liscia consistenza oleosa. La robusta base maltata (biscotto e caramello), suffragata dalla frutta tropicale, regge a meraviglia l’ondata amara, resinosa, agrumata, terrosa, con un accenno pepato, in un percorso lungo e concitato che trova nella secchezza ripulente e piccante del finale il tanto inseguito equilibrio. Nella sua discreta persistenza, il retrolfatto eroga suggestioni di malto gradevolmente fruttato.
Victory Golden Monkey, tripel di colore arancione chiaro con sfumature ramate e dall’aspetto intorbidato da fiocchi di lieviti in sospensione (g.a. 9,5%). La carbonazione è abbastanza elevata; la schiuma bianca, non tanto generosa, ma fine, compatta, cremosa, di buona durata e allacciatura al vetro. Enfatizzati da esteri alcolici e fruttati, nonché da lievito belga di banana e chiodi di garofano, si mettono subito in evidenza all’olfatto ricchi malti, grano, miele, zucchero candito, gomma da masticare, biscotto dolce; da parte loro, bussano con insistenza, finendo però per rimanere in sottofondo, sentori di agrumi, zenzero, menta, luppolo erbaceo. Anche il corpo, benché recalcitrante, non riesce a snellire le sue dimensioni medie, non ricevendo peraltro alcun aiuto da una consistenza oleosa finanche un po’ appiccicosa. All’inizio abbastanza dolce, con note di biscotto e albicocca, il gusto va stemperandosi pian piano, passando dal malto a un lievito speziato per avviarsi al traguardo in perfetto bilanciamento; anche favorito dalla maestria dell’etanolo nel condurre un percorso tutt’altro che spiacevole per un palato esigente. E piacevole si rivela anche il lungo finale, secco e con una forte impronta di lievito belga. Il retrolfatto, prima, punge con con un aspro tocco fruttato, poi, delizia con una calda suggestione dalla finitura speziata.
Victory Storm King Imperial Stout, imperial stout di colore nero ebano e dall’aspetto impenetrabile (g.a. 9,1%). “Americanissima” versione dello stile, fu creata nel 1998 per i mesi più freddi dell’anno; in seguito, la richiesta crescente la portò a entrare in produzione stabile. Fu anche la prima birra della casa a farsi ospitare, nel 2011, dalle botti di ex bourbon per generare la Dark Intrigue, oggi fuori produzione. Storm (in inglese, “bufera”) invece allude alla tumultuosa miscela dei malti importati e delle massicce dosi di luppoli Cascade, Amarillo e Centennial a fiore intero. Risultato: una quasi imperial black IPA, robusta, ottimamente bilanciata, diciamo pure aggressiva… ma di piacevolissima bevibilità. La carbonazione è molto contenuta; la schiuma moca, ricca e sottile, compatta e cremosa, di pregevole stabilità e aderenza. A sorpresa, l’aroma si apre forte e deciso, ma con profumi di frutta rossa, in primo piano e più in secondo, di caffè, tostature, cioccolato, liquirizia, vaniglia, pino, avena. Il corpo medio mostra una certa tendenza verso il pieno, in una consistenza oleosa. Anche il gusto preferisce l’imbocco dolce, a base di caramello, uva e prugna sotto spirito; quindi passa improvvisamente a un vago amaro di caffè e tostature che intensifica pian piano con note vegetali e resinose. Da parte sua, l’alcol non può tenersi nascosto più di tanto, badando soprattutto a non disturbare la bevuta. Nel finale si fa sentire, eccome, il luppolo, in un mix di erbe amare; alla sua brusca scomparsa subentra un cordiale retrolfatto di frutta sotto spirito. Con l’invecchiamento del prodotto, il luppolo si attenua al punto da lasciar campo libero al malto.
Stagionale
Victory Hop Wallop, double/imperial IPA di colore dorato intenso e dall’aspetto con leggera foschia (g.a. 8,5%); omaggio annuale al raccolto del luppolo fresco. Con una moderata effervescenza, la schiuma biancastra fuoriesce enorme, sottile, compatta, cremosa, di ottima allacciatura ma di appena sufficiente durata. L’elevata intensità olfattiva si esprime con attraenti profumi di fiori, erbe, pino, scorza di pompelmo, resina, legno umido, luppolo terroso, mescolati con una lieve dolcezza di malto, biscotti, frutta tropicale, mandarino cinese. Il corpo medio ha una consistenza oleosa non così liscia. Una solida spina dorsale dolce, di malto, frutta tropicale, caramello, cracker, regge a meraviglia lo scorrere quasi cadenzato di un sapore amarognolo di agrumi e aghi di pino, nonché speziato di luppolo. Superfluo annotare la delicatezza del calore etilico che accompagna l’intero percorso gustativo senza minimamente disturbare la scorrevolezza. Il finale, lungo, secco e pulito, spiana la strada alle persistenti sensazioni retrolfattive intrise di erbe aromatiche, terriccio umido, resina, luppolo floreale.