Tratto da La birra nel mondo, Volume V, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Gozée/Belgio
Siamo nella provincia vallona dell’Hainaut, nel comune di Thuin; ovvero nel cuore della Vallée de la Paix (“Valle della Pace”), sulle rive del fiume Sambre che, a poca distanza, attraversa la città di Charleroi, risalente all’853. Qui. nel 657, san Landelino fondò un monastero benedettino che, nell’880 fu devastato dai Normanni. Ricostruito e ampliato, nel 1147 divenne un’abbazia cistercense, Abbaye d’Aulne, tra le più importanti d’Europa con le sue terre che arrivavano sin al confine con la Francia.
Nel corso dei secoli l’abbazia attraversò periodi di splendore e fasi di decadenza, finché, nel 1794, fu quasi interamente distrutta dalle truppe rivoluzionarie francesi.
Nel 1859, con la morte dell’ultimo monaco, l’abbazia fu convertita in un ricovero. Di proprietà della Vallonia dal 2006, oggi è un proclamato monumento storico.
L’abbazia doveva provvedere al vitto di circa mille padri e monaci. Pertanto produceva già nel Medioevo due birre, una più raffinata destinata ai monaci e agli ospiti di prestigio; l’altra, più leggera, chiamata petite biere, era riservata ai giovani conversi e ai pellegrini che sostavano nei pressi dell’abbazia stessa.
Nel 1752 la fabbrica di birra venne distrutta da un incendio: dopo anni di lavoro di ripristino, nel 1796 fu riavviata la produzione. Alla fine, nel 1849, il birrificio monasteriale chiuse i battenti.
Nel 1904 si permise per la prima volta la produzione della birra d’abbazia a laici, ovvero alla brasserie Couillet e, dal 1925, alla brasserie De Smedt.
Infine, nel 1998, all’interno del sito delle rovine cistercensi dell’Abbaye d’Aulne, con il restauro delle ex scuderie (risalenti al secolo XVIII) fu creata un’unità produttiva dalla capacità di 40 mila ettolitri, e nel 2000 riprese la produzione rigorosa delle birre un tempo prodotte dai monaci.
La produzione della Brasserie du Val de Sambre comprende le birre d’abbazia riconosciute con marchio Abbaye d’Aulne (a volte chiamato ADA, acronimo di Abbaye d’Aulne), la Blanche de Charleroi e le birre d’abbazia non riconosciute dell’Abbaye d’Hélécine, in fiammingo Abdij van Heylissem. Tutte subiscono la rifermentazione in bottiglia.
Abbaye d’Hélécine
Fu fondata verso il 1130 dai monaci premostratensi, detti anche norbertini, a est di Bruxelles, nel Brabante Vallone.
Come molte altre abbazie del Belgio e dei Paesi Bassi, fu vittima della rivoluzione francese. Il 25 settembre 1796 fu saccheggiata e i 25 monaci restanti furono messi al bando. Infine, verso l’anno 1800, divenne proprietà privata e fu ricostruita in stile neoclassico.
Abbaye d’Aulne Blonde, abbazia di colore paglierino dorato scuro e dall’aspetto nebuloso (g.a. 6%); una birra molto complessa nella sua finezza ed eleganza. Con una media effervescenza, la schiuma bianca, enorme, sottile, cremosa, mostra buona tenuta e allacciatura. Malto, caramello, mele, pere, miele, zucchero candito, compongono un piacevole bouquet olfattivo in combinazione con sentori floreali ed erbacei tra i quali s’inserisce la delicata speziatura del lievito belga. Il corpo medio tende al leggero, in una scorrevole consistenza pressoché acquosa. Il sapore iniziale, fruttato e zuccherino, volge verso una speziatura centrale già abbastanza secca, per diventare piuttosto aspro e, addirittura, amarognolo verso la fine della corsa. Una punta di acidità si leva proprio in extremis, e il palato rimane in balia di lunghe impressioni retrolfattive che riportano al vino rosso e all’uva verde.
Blanche de Charleroi, witbier biologica di colore paglierino chiaro e dall’aspetto opalescente (g.a. 5%); tra le migliori birre belghe nella sua tipologia. Con una forte effervescenza, la schiuma bianca sprizza enorme, minuta, compatta, cremosa, tenace, aderente. Malto e orzo a malapena tostato, albicocca e ananas, grano e banana, lievito fruttato e citronella, semi di coriandolo e scorza di arancia essiccata, allestiscono la componente olfattiva che si estrinseca con tanta delicatezza e determinazione, insieme. Il corpo, da leggero a medio, è più orientato sul lato acquoso. Piuttosto aspro e secco, agrumato e floreale, fresco e piacevolmente dissetante, con contenuto livello di acidità e amarore, il gusto si snoda, in una corsa regolare ed equilibrata, tra note di albicocca, pane, frumento, caramello, latte di cocco, al fervore di un sottilissimo mix di spezie (buccia d’arancia, coriandolo, pepe in grani, zenzero, noce moscata). Il finale, peraltro corto, se non proprio sfuggente, apporta una certa astringenza; gli fa il contrappunto la discreta persistenza del retrolfatto con tutta la freschezza aromatica dell’erba appena tagliata.
Abbaye d’Hélécine Brune, abbazia di colore mogano e dall’aspetto lievemente velato (g.a. 6%). La carbomazione si mantiene nella media; la schiuma beige emerge fine, compatta, cremosa, di buona stabilità e allacciatura. Gli aromi si estrinsecano distintamente maltati e caramellati, anche tostati e speziati; con lievi sentori vinosi, di lievito e luppolo floreale, che esalano dal sottofondo. Il corpo medio ha una consistenza tra acquosa e oleosa. Anche il gusto reca evidenti i segni di una “sapiente” speziatura, mentre la dolcezza delle delicate venature richiama decisamente il miele. Il luppolo, sembra che rimanga alla finestra, ma sol perché sa operare con abilità dal fondo per tenere in piedi un equilibrio a dir poco perfetto. Il finale porta tutta l’asciutezza di cui è capace; e affida al lungo retrolfatto il compito del commiato, una sinfonia di sensazioni, tra vino rosso e uva verde.