Traquair House

Tratto da La birra nel mondo, Volume IV, di Antonio Mennella-Meligrana Editore

Innerleithen/Scozia
Azienda in un piccolo paese degli Scottish Borders, nel Peeblesshire, 50 chilometri a sudest di Edimburgo. Si trova nella Traquair House, più che un castello, un maniero fortificato, costruito su un sito di caccia che i re scozzesi utilizzarono a partire dal secolo XII. A tale secolo infatti risalgono i muri portanti e parecchie travi di sostegno in anticipo sullo stile architettonico baronale scozzese.
Si tratta di una delle più antiche residenze storiche del Paese, che in diverse occasioni ospitò i sovrani scozzesi. Già! Prima di partire alla volta della battaglia per il trono d’Inghilterra, vi sostò anche Carlo Edoardo Stuart (detto “il Giovane Pretendente”), il quale ordinò che il cancello di accesso rimanesse chiuso fino al suo trionfale ritorno. Purtroppo la disfatta di Culloden (16 aprile 1746) disperse definitivamente i giacobiti che peraltro, sul campo, avevano utilizzato strategie e concetti inefficaci e superati, tipicamente medievali. Ma l’apertura del cancello continua simbolicamente ad attendere il ritorno al potere degli Stuart.
E, come tutte le grandi case padronali di campagna, il maniero aveva i locali attrezzati per la preparazione della birra. Una cronaca del 1566, riguardante la visita della regina Maria Stuarda, costituisce il primo riferimento alla bevanda prodotta appunto alla Traquair Hause. Poi, nel 1739, per poter soddisfare le esigenze dei proprietari, della servitù e dei contadini, fu installata sotto la Cappella una caldaia di rame da 200 galloni. Ma, ai primi dell’Ottocento, cessò definitivamente la produzione brassicola.
Nel 1965 Peter Maxwell Stuart, 20° laird di Traquair, durante alcuni lavori di ristrutturazione, notò delle attrezzature antiquate. Per lui, che aveva lavorato a lungo in una distilleria, fu un gioco riconoscere il primordiale birrificio.
Le apparecchiature, tra cui tini di fermentazione in legno di quercia, si presentavano in buone condizioni: volendo quindi riprendere l’attività brassicola, non ci sarebbe stato bisogno di tante sostituzioni. Peter non ci pensò due volte, anche perché, riordinando la biblioteca, aveva ritrovato le antiche ricette delle scottish ale. E, in collaborazione con Sandy Hunter, proveniente dalla Belhaven, mise a punto la Traquair House Ale.
Per una decina d’anni l’attività rimase a livello amatoriale. Ma, poco alla volta, le birre prodotte a Traquair avevano conquistato un sempre maggior numero di estimatori, vuoi per la prestigiosa immagine conferita dal contesto storico del maniero, vuoi per la singolarità delle ricette che ne facevano specialità uniche e vuoi per la loro qualità.
Con la morte di Peter, nel 1990, prese abilmente in mano le redini dell’azienda la moglie Flora che passerà poi il testimone alla figlia Catherine. Nel 1994, per fronteggiare la domanda crescente sia del mercato interno che di quello estero, fu ampliata la fabbrica con nuovi locali e vennero aggiunti altri macchinari. Infine, nel 1997, fu costituita una società a responsabilità limitata.
Sicuramente sono state per i prodotti il veicolo vincente di promozione le intelligenti inziative intraprese, che ogni anno attirano circa 40 mila visitatori: l’apertura al pubblico, da Pasqua a ottobre, del maniero e dello splendido parco; la mostra di artigianato antico; l’organizzazione, a fine maggio, della festa della birra.
Nel 2016, dopo 28 anni, andò in pensione il birraio Ian Cameron, sostituito da Frank Smith, al suo fianco da oltre 20 anni.
Quanto alla produzione, quasi la metà va all’estero (negli Stati Uniti, con un occhio di riguardo; in Finlandia, Svezia, Canada, Giappone; anche in Italia); il resto rimane sul mercato locale e nazionale. L’acqua viene attinta a una sorgente della Tweed Valley; il malto è da orzo inglese; il luppolo, della varietà Golding, arriva dalla parte orientale del Kent; per la lunga fermentazione sono tuttora in uso le vecchie botti di quercia aperte (alcune di oltre 200 anni) che, con il loro amaro, bilanciano il sapore pieno e ricco di una propria singolare dolcezza.
Alle birre prodotte regolarmente, si aggiunge occasionalmente qualche celebrativa, come nel caso della Jacobite Ale, entrata poi in pianta stabile.
Traquair House Ale, scottish ale/wee heavy di colore tonaca di frate con riflessi rosso rubino (g.a, 7,2%). Classica scura scozzese, fu la prima produzione e rimane il fiore all’occhiello dell’azienda. La controetichetta ribadisce la simbolica chiusura delle porte di Traquair finché non ritornerà uno Stuart sul trono d’Inghilterra. Diversamente dalla botte, in bottiglia la birra viene filtrata. La produzione avviene tutto l’anno, tranne nel mese di agosto. Il malto è locale; il luppolo, East Kent Golding; l’acqua, quella purissima che sgorga da una sorgente sotterranea nelle colline della tenuta di Traquair. La fermentazione avviene sempre in botti di legno scoperte. Per il suo gusto distintivo, questo prodotto viene venduto in tutto il mondo. La carbonazione è abbastanza contenuta; la schiuma beige, fine, compatta, cremosa, sufficientemente stabile e aderente. L’aroma si propone elegante nella sua elevata intensità: subito, sentori di alcol e legno bagnato; seguono quelli dolci del caramello, della ciliegia, del malto tostato, dell’uva passa, del pane nero, della prugna secca; mentre dal sottofondo si levano timidamente spunti terrosi, di pepe, torba, lievito speziato. Il corpo medio ha una consistenza moderatamente acquosa. Nel gusto prevalgono l’asciuttezza e un lieve orientamento all’amaro che caratterizzano il malto torrefatto, le cui suggestioni di frutta secca vengono armoniosamente bilanciate da note erbacee e da vaghi sentori di legno di quercia. Nel finale prende quota il luppolo con la propria morbidezza, pulita, ma non secca; e si lascia alle spalle un interminabile retrolfatto resinoso.
Traquair Jacobite Ale. old ale di colore nero ebano con riflessi rubino (g.a. 8%). Speziata al coriandolo, si basa su una ricetta del secolo XVIII. Nacque, in quantità limitate, nel 1995 per celebrare il 250° l’anniversario dell’ultima rivolta giacobita, capeggiata da Carlo Edoardo Stuart (effigiato sull’etichetta), nel tentativo di riportare il casato degli Stuart sul trono del Regno di Gran Bretagna. Poi, per i favori riscossi, entrò in pianta stabile. La carbonazione è scarsa; la schiuma nocciola, piuttosto abbondante, fine, compatta, cremosa, di apprezzabile tenuta. L’aroma, acuto e persistente, si apre con il coriandolo in prima fila; seguono sentori di caramello, agrumi, pepe bianco. Il corpo, di struttura poderosa, si accosta al palato con il calore tenero della propria forza alcolica. Il maltato del gusto risulta piacevole e appagante tra le deboli note amare e spoeziate che emergono dal sottofondo. Il finale reca i segni dell’amaricante; e scompare nella lunga persistenza retrolfattiva in cui si alzano sensazioni di caramello, coriandolo, fiori d’arancio. Estremamente armonica ed equilibrata, è la classica birra da meditazione.
Entrambe le birre non contengono conservanti; ma, per la loro struttura e luppolizzazione, hanno una grande capacità di affinamento nel tempo. E, con una corretta conservazione, la loro durata può arrivare fino a otto anni.
Traquair Bear ale, old ale di colore ambra con venature ramate (g.a. 5%). Nata per la spina, cominciò a essere imbottigliata solo dal 1996. È diventata molto popolare per essere una birra leggera dal sapore unico di Traquair. Con una media effervescenza, la schiuma, tendente al beige, sbocca ampia, soffice, cremosa, abbastanza persistente. L’aroma si esprime con pulizia e semplicità, pur nella sua intensità alquanto elevata: a dominare sono i sentori di rovere con, più in secondo piano, frutti scuri, caramello, malto tostato, uvetta, luppolo dai toni pepati. Il corpo medio ha una consistenza sufficientemente acquosa. Con un sottofondo morbido e brioso, il gusto si snoda a proprio agio, fortemente improntato ai malti tostati che lasciano libera espressione a note di cioccolato amaro, caffè, affumicatura. La corsa, più che regolare, si chiude secca e pulita, con un acidulo esalato dalle dolici sfumature dei malti. La discreta persistenza retrolfattiva sa farsi apprezzare per le sue suggestioni agrumate e blandamente amare.