Tratto da La birra nel mondo, Volume IV, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Tweedbank/Scozia
Microbirrificio in un quartiere satellitare di Galashiels, sulla riva orientale del fiume Tweed, nella regione degli Scottish Borders.
Lo scozzese Gavin Meiklejohn faceva il cuoco a Whistler, nella Columbia Britannica, dove conobbe la neozelandese Annika, che poi sposerà.
Insieme, si trasferirono in Nuova Zelanda. Qui, Gavin, pur continuando il percorso di chef, cominciò a praticare l’homebrewing, sulla spinta della Craft Beer Revolution statunitense che lo aveva contagiato. Frequentò anche un corso professionale per la produzione della birra a Sydney.
Poi la coppia rientrò in Scozia e, nel 2007, aprì a Kelso il gastropub The Cobbles, dove Gavin, appena libero dagli impegni di cucina, continuava l’homebrewing per accontentare i clienti che desideravano bere una birra artigianale.
Ad aprile del 2010, nei locali di un ex caseificio, nacque la Tempest Brewing Co. con un piccolo impianto costruito recuperando in parte vecchie attrezzature casearie.
Arrivò quindi, come business manager, Allan Rice, un altro scozzese con esperienza alla Stewart Brewing di Edimburgo (birrificio artigianale, fondato nel 2004 da Steve e Jo Stewart e che produce birra in piccoli lotti), nonché in Canada e Nuova Zelanda.
Seguì, nel 2015, il trasferimento in una nuova sede, a Tweedbank, con un impianto da 30 ettolitri e una linea d’imbottigliamento semiautomatica.
Poi, per meglio concentrarsi nella produzione di birra, Gavin affidò in gestione/affitto a Luca e Olivia Becattelli il pub Cobbles, che continua comunque a funzionare come una specie di Brewery Tap di Tempest.
Oggi la Tempest Brewing Co. è uno dei migliori birrifici artigianali del Regno Unito, con tanti premi e riconoscimenti collezionati nel corso degli anni (in particolare, nel 2016 e 2017, il premio per la “Scottish Brewery of the Year”).
Da non dimenticare che, a fine settembre, il birrificio organizza una Oktoberfest presso la propria sede.
Tempest A Face With No Name, amber ale di colore ambrato intenso con venature rossastre e dall’aspetto velato (g.a. 6%). Pesantemente luppolizzata, strizza l’occhio all’America senza però trascurare più di tanto la tradizione della propria terra. La ricetta, chiaramente rivisitata, è quella della Bastard Child, elaborata da Gavin al tempo dell’homebrewing. Con una moderata effer-vescenza, la schiuma beige fuoriesce minuta, compatta, cremosa, di buona tenuta e allacciatura. L’aroma si apre fresco, pulito, elegante, in una complessità che coinvolge, da una parte, malto, biscotto, caramello, pane tostato, frutta secca, vaniglia e, dall’altra, frutta tropicale, agrumi, abete rosso, terra, resina, luppolo floreale. Il corpo medio presenta una consistenza abbastanza acquosa. Nel gusto, l’inizio è del malto tostato, della frutta secca, del biscotto, del caramello, del pane appena sfornato; al centro della lunga corsa, si esalta con discrezione la dolcezza della frutta tropicale; poi arriva l’ondata amara della terra, degli aghi di pino, della resina, della scorza di pompelmo. Il finale si sviluppa lentamente, tra secchezza, acidità e qualche nota piccantina. Nel retrolfatto, le suggestioni amarognole del luppolo lasciano più ampio spazio al malto tostato.
Tempest Double Shuck, oyster stout di colore nero profondo e dall’aspetto completamente opaco (g.a. 11%). Fece il suo esordio nel 2015, utilizzando quattro cereali (orzo, frumento, avena e segale), la recente varietà di luppolo neozelandese (per aroma e amaro) Waimea e lievito champagne per la rifermentazione in bottiglia. Il nome invece è quello inglese del “guscio”, riferito alle ostriche. Già, in questa birra, per 2 mila litri di mosto si utilizzano 200 ostriche, provenienti dall’isola santa di Lindisfarne (nel Northumberland). Ostriche, che, bollite per 90 minuti, vengono aggiunte a fine bollitura insieme alla paprica affumicata. La carbonazione è un po’ più alta della media tipologica; mentre la spessa schiuma, marrone rossastro, si rivela compatta, cremosa, tenace. L’aroma è una vera esplosione di malto tostato, fondi di caffè, butterscotch, cioccolato fondente, liquirizia, pancetta affumicata, tabacco, peperoncino; e con una non certo trascurabile sfumatura di salsedine. Il corpo medio tende al pieno, in una consistenza alquanto oleosa. Caramello, liquirizia, caffè e tostature animano l’equilibrata intensità del gusto, che pare faccia volentieri a meno del calore alcolico, potendo ciecamente contare su quello più suggestivo della paprica. Nel finale, caffè e tostature entrano in sinergia con un forte amaro resinoso. Nell’articolata ricchezza retrolfattiva si distinguono facilmente sensazioni di terra, fumo, cioccolato, vaniglia, sale marino.
Tempest All The Leaves Are Brown, brown ale di colore nero ebano assolutamente impenetrabile (g.a. 10,5%). Fu la birra con la quale, nel 2017, Tempest partecipò al Borefts Beer Festival organizzato in Olanda dal birrificio De Molen. Successivamente, ebbero inizio la rifermentazione con sciroppo d’acero e l’invecchiamento per sei mesi in botti di Heaven Hill Bourbon. La carbonazione è piuttosto bassa; la schiuma, tonaca di frate, fine, solida, cremosa, di ottima durata e allacciatura. L’olfatto si esprime con finezza attraente nella sua elevata intensità: sciroppo d’acero, fumo, legno, vaniglia, in primo piano e in secondo, malto, toffee, caramello, melassa; intanto che, dal sottofondo, si sprigiona il calore etilico e, da lontano, arriva un suggerimento di terra. Il corpo medio ha una scorrevolissima consistenza acquosa. Parimenti nel gusto, l’alcol accompagna con delicatezza ogni sorso, e il sapore si snoda morbido, intenso, coinvolgente, tra note di biscotto, caramello, toffee, butterscotch, sciroppo d’acero, equilibrate magistralmente da indizi amaricanti terrosi e di pane tostato, prima e poi, di caffè e cioccolato. Ancora lo sciroppo d’acero, supportato dalla frutta sotto spirito, impronta il frenetico finale. Le lunghe impressioni retrolfattive sono un inno al bourbon.