Tratto da La birra nel mondo, Volume IV, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Praga/Repubblica Ceca
La sua storia ebbe inizio il 13 luglio del 1869, quando i giornali di Praga annunciarono la sottoscrizione di azioni per una Joint Stock Brewery in Smíchov, allora un sobborgo praghese.
Completata la costruzione del birrificio, nel 1871 fu prodotta la prima birra. Nell’autunno dello stesso anno, venne aperto il ristorante Na Verandách (a tutt’oggi in attività), un passo importante per la propaganda della nuova azienda.
L’elevato standard qualitativo regalò subito alla Staropramen il meritato successo in patria. La grande notorietà oltre i confini nazionali invece seguì la visita a Praga e agli stabilimenti da parte dell’imperatore Francesco Giuseppe I, rimasto entusiasta della birra. La Staropramen “approdò” così a Vienna, in Germania, in Svizzera, addirittura negli Stati Uniti.
A causa della concorrenza degli altri birrifici di Praga, nel 1911 fu registrato il marchio Staropramen (che vuol dire “vecchia fonte”). Alla fine degli anni Venti il più noto pittore e graphic designer ceco dell’epoca, Frantisek Tichy, venne incaricato di realizzare il logo che è arrivato, nei tratti fondamentali, fino ai nostri giorni.
Dopo la prima guerra mondiale, la Staropramen ebbe un periodo di crescita sostenuta. La crisi economica della fine degli anni Trenta sembrò l’avesse appena sfiorata: risultava la più grande fabbrica di birra in Cecoslovacchia e fra le tre maggiori in Europa.
Nel 1947, come tutti i birrifici cecoslovacchi, la Staropramen fu nazionalizzata. E, fino al 1950, la sua produzione calò notevolmente. La ripresa del 1951 portò a un milione di ettolitri all’inizio degli anni Sessanta.
Conclusosi il socialismo nel 1989, la Staropramen, insieme alle concittadine Braník e Měšt’an, nel 1992 costituì il gruppo Pražské Pivovary.
Nel 1993 il gruppo stava per cambiare il metodo produttivo. Subentrò allora la Bass a frenare un’iniziativa che senz’altro avrebbe portato all’alterazione del carattere originale della birra.
La società inglese acquistò un terzo delle azioni, con la prospettiva di accaparrarsi il pacchetto di maggioranza, e investì pesantemente sia per l’ammodernamento delle strutture e dei metodi produttivi sia per creare una rete commerciale di rilievo internazionale.
Nel 1996 il gruppo Pražské Pivovary era sotto il controllo della Bass che, l’anno dopo, vi portò dentro anche la Ostravar.
Poi, nel 2000, il colosso inglese vendette le sue operazioni birrarie ceche a Interbrew, che nel 2004 si fuse con AmBev formando la InBev.
Nell’ottobre 2003 il gruppo Pražské Pivovary cambiò il nome in Pivovary Staropramen.
A metà ottobre 2009 il fondo di private equity CVC Capital Partners acquistò tutte le partecipazioni di Anheuser-Busch InBev nell’Europa centrale, ribattezzandole StarBev. Nell’aprile 2012 Molson Coors rilevò StarBev.
La Pivovary Staropramen ha registrato una crescita costante e attualmente è il secondo produttore di birra della Repubblica Ceca con una quota del 15,3% del mercato nazionale. Le sue birre vengono esportate in 37 paesi, principalmente in Europa e nel Nord America; ma vengono anche prodotte su licenza in varie nazioni europee, tra cui Serbia, Croazia, Romania.
Sotto diversi aspetti, la Staropramen può essere considerata un’impresa artigianale. Merito chiaramente della Bass, che cercò di conciliare tradizione e modernità, rinnovando completamente lo stabilimento nel 1997, senza però cambiare i vecchi sistemi produttivi che assicuravano alla birra il suo carattere particolare, se non nella misura necessaria per migliorare il rendimento in termini di efficienza.
Vengono dunque utilizzati ancora i recipienti di fermentazione aperti e i tradizionali contenitori per l’immagazzinamendo del prodotto. Anche il maltaggio, almeno per la metà del fabbisogno, continua a seguire la vecchia metodologia.
Il colore oro carico, l’aspetto limpido, l’eccellente “cappello” di schiuma, la gradevole finezza olfattiva, il corpo pieno, il gusto piacevole, la notevole capacità dissetante, sono il risultato della sapiente lavorazione del migliore orzo boemo e del pregiato luppolo di Žatec; ma, soprattutto, del tradizionale metodo di produzione. La consistente fermentazione prevede due fasi di circa 60 giorni; la maturazione avviene lenta e delicata in botti di condizionamento; la soluzione di anidride carbonica è praticamente naturale. Il tutto, ovviamente, secondo la legge della purezza tedesca. Non per nulla la Staropramen risulta la birra ceca più importata in Germania.
Staropramen Ležák (Premium Lager/Beer) 12°, czech pilsner di colore oro pallido (g.a. 5%); conosciuta anche come Staropramen Světlý (Pale) 10°. Per il sapore pieno e la delicatezza dell’aroma, è l’orgoglio della Capitale, dove è leader. La carbonazione è abbastanza alta; la schiuma bianca sgorga minuta, densa, cremosa, di sufficiente persistenza. Gli aromi sono delicati, fioriti, erbacei, di malto e caramello, con una sfumatura di pepe proveniente dal fondo. Il corpo medio ha la necessaria consistenza acquosa. Il gusto è improntato alla morbidezza del cereale e alla freschezza del rampicante, che allestiscono un eccellente equilibrio, col supporto di una lieve nota acida. Nel finale il luppolo arriva a imprimere una secchezza tale da favorire, nel corto ma non insignificante retrolfatto, una stuzzicante impressione speziata ed erbacea.
Staropramen Smichov, czech pilsner di colore dorato chiaro (g.a. 4%). Dalla metà del 2017 sostituì la ben nota Staropramen Světlý (Pale) 10°. Leggera e rinfrescante, è destinata al consumo locale quotidiano. Con un’effervescenza alquanto sostenuta, la schiuma bianca si alza minuta, soffice, cremosa e dura abbastanza. Al naso, il malto non appare così deciso, e consente la libera espressione a sentori di erbe, limone, fieno, cereali tostati, paglia, amido; mentre da lontano arriva un timido soffio si spezie. Il corpo, proprio sottile, ha una consistenza molto acquosa. Assente all’olfatto, il luppolo impone deciso la sua presenza nel gusto, dove opera dal fondo e tiene attentamente in equilibrio la scalpitante dolcezza delle note maltate, di cereali e miele d’acacia. Nel corto e asciutto finale si attesta un piacevole piccantino. Le sfuggenti impressioni retrolfattive recano un amarore erbaceo da luppolo.
Pivovar Braník
Il birrificio più giovane del gruppo, fondato nel 1899, per contrastare lo strapotere industriale, da una cordata di mastri birrai provenienti da piccole fabbriche di birra storiche con il nome di “Fabbrica di birra dei birrai di Praga”.
Costruito in soli 14 mesi, si stagliava nella zona meridionale della città con i suoi imponenti edifici tradizionali della fabbrica e delle malterie.
Indipendentemente dalla fusione e dalla partecipazione della Bass, risultava l’azienda più innovativa del gruppo che si era modernizzata largamente.
Fu la prima del Paese, nel 1992, a sostituire buona parte degli impianti tradizionali con recipienti di fermentazione conici e a dotarsi di una nuova linea d’imbottigliamento e di un apparato per la pastorizzazione. Mentre le strutture di maltaggio rimanevano le stesse.
Purtroppo a gennaio del 2007 la sua produzione fu trasferita alla fabbrica di Smíchov. Mentre, nell’area, ING Real Estate Development pianificava la costruzione residenziale con i servizi civici necessari.
Braník Ležák, czech pilsner di colore dorato(g.a. 5%); una 12%. La denomonazione significa “la birra più forte della Braník”. Un tempo, il prodotto migliore della casa, oggi è reperibile in tutti i negozi alimentari e supermercati per il prezzo relativamente contenuto. Con una vivace effervescenza, la schiuma bianca sbocca fine, spessa, cremosa e di buona durata. Al naso, la discrezione del luppolo, che si limita a operare dal sottofondo, consente al malto di esprimere in piena libertà il suo profumo peraltro infervorato dall’alcol. Il corpo medio tende al leggero, in una consistenza parecchio acquosa. Contrariamente a quanto avviene all’olfatto, nel gusrto una lieve trama amara parte in quarta, su base appena secca e debolmente venata di malto. Il corto finale appare un po’ aspro nella sua connotazione speziata ed erbacea. Più lungo, anche se non di tanto, il retrolfatto eroga qualche sensazione floreale che finisce per accennare a un piacevole malto fresco.
Braník Světlý, lager di colore giallo paglierino (g.a. 4,1); versione economica destinata principalmente al mercato di Praga. Con una media effervescenza, la schiuma bianca sbocca piuttosto fine, densa, cremosa e si dissolve lentamente. L’aroma è alquanto granuloso, anche burroso, con malto, lievito, fieno, paglia, che armonizzano facilmente con erbe, luppolo, spezie sottili. Il corpo, molto leggero, ha una consistenza altrettanto acquosa. Nel gusto invece, il rampicante diventa addirittura aggressivo per contrastare la prorompente dolcezza del cereale. Dal corto finale emerge una rinfrescante punta acida. Anche il retrolfatto presenta una certa granulosità, questa volta, erbacea e amarognola.
Pivovar Měšťan
Nacque nel 1895, nel sobborgo settentrionale di Holešovice, come Primo Birrificio Popolare di Praga per differenziarsi dagli altri, di origini aristocratiche.
Ma, a differenza della Braník, a parte l’acquisto di un impianto per il confezionamento in fusti, la sua modernizzazione non fu mai completata. Il maltaggio continuava a essere effettuato con vecchie strutture; come erano rimasti i tini di fermentazione aperti e le cisterne di maturazione orizzontali.
Sicché le sue birre, ben sostenute dal malto ma piuttosto secche, finirono per passare addirittura sotto il marchio Staropramen.
Staropramen Stádkův Měšťan (Lehké Svelté), czech pilsner di colore dorato pallido (g.a. 3,2%). Premiata light pilsener, è il prodotto più noto dell’azienda, e tra i più venduti della tipologia. Con la sua amabilità, si è conquistata la reputazione di “birra per signore”. La carbonazione, di estrema morbidezza, genera una schiuma bianca con grandi bolle che svanisce quasi immediatamente senza lasciare il minimo segno di allacciatura. L’aroma è tenue, pulito, con il malto che tiene testa ai sentori erbacei e di un luppolo terroso. Il corpo si presenta assolutamente scarso, e di consistenza acquosa. Malto tostato e caramello conferiscono al brioso sapore una dolcezza molto delicata. Mentre il luppolo si limita ad apportare una fresca e gradevole punta di acidità. Il finale è di una polverosa secchezza di malto. Una brillante suggestione dolce e amara caratterizza lo sfuggente retrolfatto.
Pivovar Ostravar/Ostrava
Birrificio, nella Moravia-Slesia, fondato nel 1897 in contrapposizione a quello tedesco Strassmann risalente al 1547.
Nel 1948 venne fuso con lo Strassmann e nazionalizzato col nome di Moravskoslezské Pivovary.
Tornò indipendente nel 1990. Ma, sia per una politica commerciale sbilanciata che per le misure protezionistiche dei paesi vicini, nel 1994 si ritrovò con una perdita di 34 milioni di corone.
Deciso a diventare competitor regionale della Radegast di Nošovice, nello stesso anno ricostruì lo stabilimento e cambiò strategia. Purtroppo, finì per mettersi in guai peggiori e, nel 1995, fu rilevato dalla Bass che, due anni dopo, lo convogliò nel gruppo Pražské Pivovary.
Ostravar Original, czech pilsner di colore dorato chiaro (g.a. 4,1%). La carbonazione è piuttosto alta; la schiuma bianca, abbastanza minuta, soffice, pannosa, ma di scarsa durata e aderenza. L’aroma si esprime tenue, pulito, insistente, a base di malto granuloso, fieno, agrumi, erbe, caramello, luppolo floreale. Ilcorpo si propone decisamente leggero, e di consistenza acquosa. Il gusto, agrodolce, appare sufficientemente bilanciato, con note croccanti di cereali e floreali di luppolo. Ed è proprio dal rampicante che emerge una fresca punta di acidità. Così come è sempre il luppolo a imporsi nel finale, con una netta persistenza amarognola. Al corto retrolfatto resta il compito di ripulire la bocca con la propria secchezza e prepararla a un altro bicchiere.