Tratto da La birra nel mondo, Volume IV, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Hampton, New Hampshire/USA
Birrificio artigianale nella storica Towle Farm di Hampton. Il nome è quello di una delle isole di Shoals, tra il Maine e il New Hampshire. Nacque però nel 1994 a Portsmouth, fondato da Peter Egelston.
Poi, come in tanti casi del genere, si rese indispensabile una location più ampia ed efficiente. Nel 2010 iniziarono i lavori per una nuova fabbrica (con annesso ristorante da 100 posti) a Hampton, che fu inaugurata nel 2014. Due anni dopo la Smuttynose fu il secondo e più grande birrificio a ricevere la certificazione LEED Gold dall’ U.S. Green Building Council per il suo edificio.
Purtroppo il 18 gennaio 2018 la Smuttynose dovette annunciare per il 9 marzo un’asta bancaria nel caso non fosse stato trovato un acquirente o un partner.
Due i fattori della grave crisi: il rallentamento generale nella crescita di volumi della craft beer e le preferenze dei consumatiri per la birra in lattina. Mentre l’azienda aveva fortemente investito in una modernissima linea d’imbottigliamento (300 pezzi al minuto).
E, il 9 marzo, l’acquisto avvenne da parte della filiale di Hampton della Provident Bank che, il 16 marzo la vendette a Runnymede Investments di North Hampton.
Con una produzione rigorosamente artigianale, la Smuttynose è riuscita a farsi strada in un mercato sempre più competitivo. La produzione, di 37.500 barili americani annui, viene distribuita, oltre che negli Stati Uniti orientali, anche in altri 11 paesi. Le birre sono tutte non filtrate e con etichette distintive, molte delle quali presentano fotografie originali.
Nel 1998 ebbe inizio una serie di birre occasionali o sperimentali prodotte in quantità limitate, denominata Big Beers. E, a oggi, se ne contano già 25.
Smuttynose IPA, india pale ale di colore oro carico tendente al ramato e dall’aspetto velato (g.a. 6,9%); non filtrata. L’etichetta, diventata una specie di cult, ritrae due persone anziane, Cy e Paul, “che se la spassano”. Con una media effervescenza, la schiuma ocra, fine, compatta, cremosa, ostenta persistenza e allacciatura al vetro. L’aroma si libera con eleganza, pulizia, a base di malto, agrumi, caramello, erba appena tagliata, luppolo floreale. Il corpo medio ha una consistenza spiccatamente oleosa. Nel gusto, l’ottima base di malto e caramello si concede un imbocco dolce per lasciare presto il campo a note agrumate e resinose equilibratamente luppolizzate. La lunga secchezza del finale si lascia dietro un’intensa scia amara, ricca di terra e resina pungente.
Smuttynose Baltic Porter, baltic porter di colore nero impenetrabile (g.a. 9%); condizionata in bottiglia. Fu elaborata nel 2008 per la serie Big Beers come evoluzione delle precedenti Winter Porter e Robust Porter. Nel 2010 la ricetta venne leggermente modificata, con aumento del contenuto alcolico dell’8,7%. Il notevole favore ottenuto presso i consumatori indusse l’azienda a renderla disponibile tutto l’anno. La carbonazione è molto bassa; la schiuma nocciola, fine e cremosa, piuttosto contenuta e grossolana, ma abbastanza durevole. L’aroma si esprime con marcata dolcezza, a base di fruit cake, uva passa, frutti di bosco, biscotto, pane nero, prugna, orzo tostato; mentre dal fondo esalano sentori di caffè e cioccolato, vaniglia e liquirizia, avvolti in un caldo alone alcolico. Il corpo medio ha una scorrevole consistenza oleosa. Il gusto ripropone gli stessi elementi compositivi dell’olfatto, che si snodano armonicamente tra loro, regalando note discretamente dolci, leggermente acide, moderatamente amare, e con un riscaldamento etilico da manuale. Terra e cacao sono preposti al lungo, piacevole, amarognolo del finale. Tostature, frutta sotto spirito, fumo cenere e tabacco esaltano l’articolata ricchezza del retrolfatto.
Smuttynose Big Beer Series: Wheat Wine Ale, american wheat wine ale di colore ambrato carico e dall’aspetto nebuloso (g.a. 11,9%). È l’incontro felicemente riuscito di due stili brassicoli: il barley wine e l’american wheat ale, contenenti il 53% di frumento e il 47% di malto. Lanciato nel 2005, la sua etichetta venne bocciata dal Tax and Trade Bureau americano (l’agenzia federale per l’alcol e il tabacco), che riteneva un’ingannevole e potenziale fonte di confusione per il consumatore il chiamare una birra “vino di frumento”. Ma la Smuttynose fece valere le sue ragioni, tirando in causa i tanti brewpub americani che commercializzavano liberamente il barley wine. Trascorsero due anni, ma alla fine fu proprio l’azienda di Hampton a ottenere per prima l’autorizzazione a commercializzare il wheat wine ale in bottiglia. Ed ebbe anche inizio la produzione a cadenza annuale, con la gradazione alcolica ogni volta leggermente diversa. Con una carbonazione soft, la schiuma biancastra fuoriesce sottile, cremosa, non così ricca ma di buona tenuta. L’aroma si libera dolce e caldo, con malto tostato, canditi, esteri fruttati, caramello, miele, frutta sotto spirito, in primo piano e in secondo, luppolo floreale che si porta dietro una ventata di chiodi di garofano. Il corpo, medio-pieno, ha una morbida consistenza cremosa. Sotto l’egida di un etanolo ben presente ma discreto, il malto, supportato da miele, pane tostato, caramello, prima e poi, da un dolce fruttato, si fa ovviamente la parte del leone, senza prevaricazione però, nel pieno rispetto ovvero per la delicatezza dell’amarore peraltro indispensabile del luppolo a tenere in piedi un equilibrio gustativo più che decente. Il secco finale amarognolo reca una rinfrescante punta di acidità, presto fagocitata dalle cordiali impressioni di porto del lungo retrolfatto. Lontano dalla luce e a temperatura di cantina, il prodotto può invecchiare per diversi anni, addolcendosi e diventando straordinariamente complesso.
Smuttynose Big Beer Series: Rocky Road Stout, stout di colore nero impenetrabile (g.a. 7,5%, in precedenza 7,3%); condizionata in bottiglia. Nacque nel 2015 ispirandosi al gelato in stile Rocky Road, ottenuto nel 1929 dall’assemblaggio di gelato al cioccolato, mandorle e pezzi di marshmallow. Definita infatti dalla casa “dessert stout”, viene elaborata con orzo tostato, sette tipi di malto, tre varietà di luppolo, fave di cacao, crema di marshmallow Fluff e invecchiata su chip di rovere impregnati di amaretto. La carbonazione è quasi piana; la schiuma marroncina, enorme, compatta, cremosa, abbastanza persistente. L’aroma propone subito caffè, marshmallow, vaniglia e cioccolato fondente, seguiti a ruota da esteri fruttati, mandorle, tabacco, malto torrefatto quasi bruciato. Il corpo medio tende al pieno, in una consistenza cremosa alquanto viscosa. L’imbocco ha tutta la dolcezza del caramello, dei marshmallow, del biscotto; presto però subentrano, in successione, prugna, frutti di bosco, liquirizia, cuoio, acidità di caffè e tostature, amaro di cacao e resina di luppolo. L’alcol, superfluo sottolinearlo, accompagna l’intero percorso gustativo con la massima discrezione. Il finale reca accenni di spezie nella sua secchezza legnosa e amarognola. Persistenti impressioni di caffè e malto torrefatto si esaltano gradevolmente al delicato calore del retrolfatto.