Tratto da La birra nel mondo, Volume IV, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Tadcaster/Inghilterra
Noto popolarmente come Samuel Smith o Sam Smith’s, è il più antico birrificio dello Yorkshire e l’unico dei tre sopravvissuti a Tadcaster rimasto indipendente.
Ma torniamo un attimo alla John Smith’s Brewery. Alla morte di John Smith, nel 1879, ereditarono la sua immensa fortuna i fratelli William e Samuel. Il primo rilevò la quota del secondo e, tra il 1883 e 1884, costruì un nuovo birrificio accanto a quello risalente al 1758. A quel punto, il giovane nipote di John Smith, che era rimasto escluso dall’eredità, comprò il vecchio edificio della John Smith’s Brewery e, nel 1886, vi aprì la sua Samuel Smith’s Old Brerwery. La birreria ha subito diversi ampliamenti nel corso degli anni, ma è rimasta lì, separata dall’adiacente Jonh Smith’s Brewery da New Street.
La più piccola delle tre di Tadcaster, è sempre a conduzione familiare, orgogliosa della propria indipendenza e rigorosamente legata alla tradizione.
Se quindi è considerata una delle migliori del Regno Unito, il merito va attribuito principalmente alla grande intelligenza gestionale che ha saputo mantenere la produzione artigianale tradizionale inglese, senza farsi influenzare dalla dilagante Craft Beer Revolution.
Continua a utilizzare per la fermentazione le vasche quadrate in ardesia dello Yorkshire. Per la maturazione, le botti di rovere sono costruite artigianalmente e curate da maestranze proprie.
L’acqua proviene sempre dal pozzo di 26 metri scavato all’interno del birrificio nel 1758. Il lievito è dello stesso ceppo utilizzato in modo continuativo dal 1900.
E, in linea con la storia e la tradizione, il birrificio mantiene una piccola squadra di cavalli Shire per le consegne, cinque giorni alla settimana, della birra intorno a Tadcaster.
Un altro suo merito è quello di essere stata una delle prime aziende in Europa ad aver resuscitato l’interesse per stili storici caduti in oblio a partire dagli anni ’70 e ’80. E le sue ale, rotonde, ricche di malto e pastorizzate, nel loro insieme possono essere senz’altro considerate dei veri e propri classici della più antica tradizione brassicola anglosassone.
Samuel Smith’s Oatmeal Stout, oatmeal stout di colore marrone scuro con riflessi rubino e dall’aspetto opaco (g.a. 5%). Dopo un decennio di calo costante fino a venir definitivamente abbondonata, la Samuel Smith’s ne riprese la produzione nel 1980, e oggi la Oatmeal Stout è uno dei suoi prodotti di punta. Standard di riferimento assoluto per lo stile, viene realizzata con aggiunta, in proporzioni piuttosto limitate, di avena ai malti a elevato grado di tostatura. Con una moderata effervescenza, si forma una schiuma caffellatte fine, compatta, cremosa, ma piuttosto scarsa ed evanescente. Ai profumi di caffè e cioccolato amaro, tipici della stout, l’olfatto aggiunge sentori vinosi da porto, unitamente a quelli classici del malto torrefatto. Il corpo sodo, rotondo, è di una tessitura morbida, quasi serica. Il sapore ricalca sostanzialmente l’aroma: e l’equilibrio tra l’amaro del cioccolato e la dolcezza di fondo del malto tostato risulta pressoché perfetto. Nel finale, la cremosità si asciuga delicatamente, facendosi vieppiù ruvida e densa. Le sensazioni del retrolfatto appaiono deliziosamente pulite.
Samuel Smiths Imperial Stout, imperial stout di colore nero con riflessi rosso rubino e dall’aspetto praticamente impenetrabile (g.a. 7%). Per il corpo denso e il gusto liquoroso, può essere senz’altro considerata un prodotto ideale per l’inverno. Si sa che questo stile, molto apprezzato alla corte degli zar di Russia, non aveva mai ottenuto grossi consensi nella terra d’origine. E, nel 1986, la Samuel Smith’s la produsse per la prima volta per il mercato americano. Poi, con la Craft Beer Revolution, divenne una birra importante, soprattutto per i consumatori statunitensi e scandinavi. Di conseguenza, anche i microbirrifici inglesi, che spuntavano come funghi, cominciarono a inserire una imperial stout nella loro gamma. Attenzione però! Anche i birrifici artigianali inglesi non s’ispirano alla progenitrice della loro terra, bensì alle interpretazioni molto alcoliche americane e nordeuropee. Pertanto, quella della Samuel Smith’s, è una delle poche imperial stout fedeli alla tradizione e tra le migliori in assoluto sul mercato attuale. La carbonazione è ai minimi livelli; la schiuma nocciola, sottile, morbida, cremosa, di ottima persistenza. Al naso, domina il malto, con un fortissimo sentore di bruciato e una sfumatura di cacao amaro; mentre, con il riscaldamento della birra nel bicchiere, esala un delizioso odore di liquore al cioccolato. Il corpo medio tende decisamente al pieno, in una trama abbastanza cremosa. Nel gusto, tendenzialmente dolce e liquoroso, s’impone subito la componente alcolica che però, pian piano, si scioglie in una croccante consistenza di torrefazione e frutta secca tostata. Nel finale ritorna prepotentemente l’etanolo, ma deve convivere con l’acidità del caffè e le note di luppolo, asciutte e pulite. Il retrolfatto è invece una lunga scia etilica, articolata in suggestioni di liquirizia, vaniglia, caramello, uvetta e prugna sotto spirito.
Samuel Smiths Taddy Porter, porter di colore marrone molto scuro con riflessi castani e dall’aspetto opaco (g.a. 5%); disponibile in versione filtrata e pastorizzata. Grande classico inglese, è una delle specialità più note della casa. Fu riportata in vita, dopo circa 50 anni, dalla Samuel Smith’s e, l’anno successivo lanciata sul mercato statunitense. Taddy è il diminutivo con cui viene chiamato familiarmente il piccolo centro di Tadcaster, dove, per l’eccellente qualità dell’acqua, in passato sorsero tanti birrifici. La carbonazione è molto bassa; la schiuma nocciola, fine, compatta, cremosa, durevole e aderente. Dominato dai malti tostati, l’olfatto presenta, in secondo piano, marmellate varie, pane nero, toast, carbone, fave di cacao, liquirizia, toffee, caffè in chicchi; e, in lontananza, richiami di cenere e tabacco. Il corpo tende decisamente al leggero, in una consistenza abbastanza cremosa. Il gusto, pulito, elegante, si snoda ricco di sapore, intenso, asciutto, piccante di orzo torrefatto, lievemente acido, amaro di tostature. La moderata luppolizzazione del finale introduce lunghe sensazioni vegetali, a tratti alquanto resinose.
Samuel Smiths Winter Welcome Ale, english strong ale di colore ambrato tendente al ramato (g.a. 6%). È un’offerta natalizia senza utilizzo di spezie, millesimata e con etichetta ogni volta diversa. Fu la prima birra invernale importata dagli Stati Uniti nel 1990. Con un’effervescenza quasi piana, la schiuma biancastra si versa abbastanza fine, compatta e cremosa, duratura ma scarsa. L’aroma si libera con eleganza, pulizia, intensità: malto tostato, toffee, caramello, miele, biscotto, frutta secca, in cattedra e ad accompagnare, un bilanciato amarore di terra. Il corpo medio ha una consistenza leggermente acquosa. Il gusto, fortemente caratterizzato dal malto caramellato, si propone subito con una dolcezza melata, snodandosi poi tra note secche di cereali e spezie invernali, per chiudere la corsa con un legnoso luppolo amaro. Tocchi di malto permeano insistentemente la secchezza del finale. Le impressioni del retrolfatto riportano a un luppolo terroso e a un sottile fruttato.
Samuel Smiths Yorkshire Stingo, english strong ale di colore ambrato scuro con riflessi rossastri e dall’aspetto a malapena velato (g.a. 9%, in precedenza 8%). È la tradizionale birra forte inglese, originaria del Nord del Paese e già nota prima del secolo XVIII. Elaborata con malto britannico e diverse varietà di luppolo, fermenta con il ceppo di lievito Smith nelle sempre più rare vasche quadrate in ardesia (Yorkshire Square), matura per un anno in botti di rovere (alcune di oltre 100 anni) che hanno in precedenza ospitato altre birre della casa e viene infine condizionata in bottiglia con lievito vivo. Si tratta di tirature limitate, recanti il millesimo di nascita, che normalmente vengono commercializzate una volta all’anno, per lo Yorkshire Day del primo agosto. Nata nel 2009, venne pubblicizzata negli Stati Uniti subito l’anno successivo. Il nome invece, Stingo, è un termine gergale dello Yorkshire che sta per strong. La carbonazioe è ovviamente bassa; la schiuma ocra che si forma, sottile, compatta, cremosa, nonché ricca e tenace. L’aroma non è esplosivo, ma lungo e complesso, con sentori che svariano dal caramello alla melassa, dall’uvetta ai canditi, dai datteri al biscotto, dal cocco fresco alla vaniglia, dalla calotta del panettone al tabacco dolce; intanto che, dal sottofondo, si levano aliti di sherry, legno, terra. Il corpo medio ha una consistenza decisamente oleosa. A sua volta, il gusto si snoda tra deliziose note di caramello, frutta secca, uva passa, budino natalizio, melassa, biscotto al burro, quercia. L’alcol, che accompagna la bevuta per l’intero percorso, non si limita a un morbido, cordiale, riscaldamento, bensì stempera via via la dolcezza per concedarsi in una secchezza amaricante di mandorla. Nella persistenza a oltranza del retrolfatto si esaltano aspre impressioni di rum, quercia, ribes.