Tratto da La birra nel mondo, Volume IV, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Santa Rosa, California/USA
Birrificio e brewpub col nome del fiume che attraversa la contea di Sonoma di cui Santa Rosa è capoluogo.
Vinnie Cilurzo, benché appartenente a una famiglia di viticoltori di Temecula (nella contea californiana di Riverside), nel 1988, insieme agli amici, cominciò a praticare l’homebrewing nel seminterrato della cantina dei genitori.
Seguì un corso per birrai, fece un viaggio in Belgio dove rimase affascinato dalle sue birre e… nel 1994, con un socio, aprì, a Temecula appunto, il brewpub Blind Pig Brewing Company.
Purtroppo la Craft Beer Revolution americana ancora non aveva preso piede in California, e le birre del brewpub stentavano a decollare. Alla fine del 1996 Vinnie vendette la propria quota al socio e, con la moglie Natalie, si trasferì a Santa Rosa, dove peraltro viveva la propria sorella.
Nel 1997 la Korbel Champagne Cellars, un’azienda vinicola di Guerneville (nella contea di Sonoma), aprì, in mezzo ai vigneti californiani, la Russian River Brewing Company, lanciandosi nel business della birra senza però avere tanta esperienza in materia. Vinnie non avrebbe potuto sperare di meglio: ebbe addirittura carta bianca dai proprietari.
Nel 1999 la Russian River Brewing Company otteneva la nomination di “Small Brewing Company of the Year” al Great American Beer Festival. Nello stesso anno, Vinnie prese a utilizzare i Brettanomyces con botti di vino locali per la produzione di birre acide.
Nel 2002 l’azienda vinicola decise di abbandonare la produzione della birra, e Cilurzo non si fece scappare un’irripetibile occasione.
Nel 2004 fu aperto un brewpub nel centro di Santa Rosa e, quattro anni dopo, a un paio di chilometri di distanza, avvenne l’inaugurazione di un nuovo birrificio più capiente (con un vecchio impianto della Dogfish Head Brewery), abbandonando quello di Guerneville.
Oggi la River Brewing Company, considerata uno dei microbirrifici più innovativi del Paese, produce 16 mila barili di birra all’anno. A sua volta, Vinnie Cilurzo è accreditato come l’inventore dello stile double/imperial IPA, anche se qualcuno sostiene che il primato spetti alla Rogue Ales che lanciò la prima double IPA americana all’inizio degli anni ’90.
Russian River Blind Pig IPA, india pale ale di colore dorato tendente all’arancio e dall’aspetto a malapena velato (g.a. 6,1%). Il nome vuol dire “maiale cieco”. Nacque nel 1994 a Temeluca; ma, poiché il brewpub chiuse definitivamente un paio d’anni dopo la sua partenza, Vinnie poté registrare il marchio e iniziare la sua produzione a Santa Rosa. Era una birra amara (92 IBU), molto più avanti del suo tempo. Pare, comunque, che la quantità esagerata di luppolo utilizzata servisse soprattutto a mascherare i difetti procurati dall’impianto antiquato del brewpub. Oggi la birra è meno amara, mentre la ricetta registra soltanto l’aggiunta di una piccola quantità dei luppoli Simcoe e Amarillo all’epoca sconosciuti. Con una media effervescenza, la schiuma bianca si rivela soffice, cremosa, di buona durata e allacciatura. L’aroma è fresco e intenso, con gradevoli odori di agrumi (dal pompelmo all’arancia e al mandarino) e frutta tropicale (dal mango al melone e all’ananas), di fiori ed erba appena falciata, di luppolo fruttato e linfa di pino, di caramello e malto biscotto. Il corpo medio ha una consistenza distintamente oleosa. Nel gusto, all’imbocco della crosta di pane, tiene dietro un pot-pourri di agrumi e frutta tropicale. Ancora non siamo arrivati a metà percorso, ed ecco sopraggiungere delicate note di resina e scorza di pompelmo, a stabilire armonicamente l’equilibrio. Il finale pulito, leggermente acido e amaro, introduce un bel retrolfatto che continua amarognolo, senza essere aspro, e lasciando una suggestione di frutta. Una cornicetta intorno all’etichetta suggerisce di bere il prodotto “fresco” in quanto, come tutte le IPA, non migliora con l’invecchiamento.
Russian River Pliny the Elder, double IPA di colore oro con riflessi aranciati e dall’aspetto velato (g.a. 8%); tipica della West Coast. Nacque nel 2000, allorquando la Russian River fu invitata, insieme ad altri nove birrifici, al primo Double IPA Festival organizzato da Vic Kralj, proprietario del Bistro di Hayward. Il nome, Pliny the Elder (“Plinio il Vecchio”), intendeva omaggiare l’autore della Storia Naturale in cui probabilmente viene fatta la più antica descrizione del luppolo. Considerata la “sorella maggiore” della Blind Pig IPA, viene realizzata con il 40% di malto in più e il doppio del luppolo (una miscela di Amarillo, Centennial, CTZ e Simcoe). E compare al vertice di tutte le classifiche birrarie. Mentre, come per la “sorella minore”, che peraltro non ha nulla da invidiarle, l’etichetta, nella solita cornicetta, ribadisce la necessità di berla “fresca”. Infatti viene prodotta in quantità limitata, con la data effettiva dell’imbottigliamento stampata sulla bottiglia. La carbonazione resta nella media; la schiuma bianca, abbondante, fine, cremosa, ostenta un’ottima resistenza. L’olfatto appare intenso e complesso, con profumi floreali e agrumati di luppolo, in primo piano e in secondo, di frutta a polpa gialla e tropicale, erbe, aghi di pino, caramello, paglia, malto biscotto. Il corpo medio presenta la tipica consistenza oleosa. Sorprendentemente, nel gusto non si viene aggrediti dalla pesante luppolizzazione delle double IPA californiane. Cereale, rampicante e alcol si armonizzano a meraviglia, anche se si avverte un peso maggiore del secondo elemento che però non copre più di tanto gli altri due componenti. E il sapore scorre morbido, brioso, piacevolmente amarognolo. Nel lungo finale la scorza di pompelmo reca sfumature di pepe ed erbe officinali. Al retrolfatto, benché di notevole persistenza, rimane soltanto il compito di enfatizzare la secchezza del palato con impressioni resinose ed etiliche.
Russian River Temptation, sour ale di colore dorato (g.a. 7,5%). L’aspetto è abbastanza limpido, in quanto il sottile strato di sedimento quasi sempre rimane nella bottiglia. Fu la prima birra di Santa Rosa fermentata con lieviti selvaggi e invecchiata in botte (ex chardonnay). E, con essa, venne inaugurata la serie contraddistinta dal suffisso -tion. Birre di chiara ispirazione belga, spesso acide e affinate in legno. Così come i loro nomi diabolici richiamano diverse strong ale belghe, tipo Duvel, Judas, Lucifer, Delirium Tremens, ecc. La ricetta prevede due tipi di malto, pilsner e pale ale; altrettante varietà di luppolo, lo statunitense Sterling e lo sloveno Styrian Golding; frumento non sottoposto a maltaggio; lievito liquido WLP530 Abbey Ale White Labs, normalmente utilizzato per le birre belghe. Dopo la fermentazione primaria, la birra viene messa in botte con l’aggiunta di Brettanomiceti. Le iniziali botti di rovere francese sono state sostituite con quelle di rovere americano la cui minore permeabilità contribuisce a ridurre la formazione di acido lattico. Per sminuire invece il carattere legnoso e vinoso della birra, la botte viene utilizzata tre volte. Ogni lotto invecchia in botti “giovani” e in botti che hanno già ospitato la birra per una o due volte. Le botti riposano quindi in ambiente a temperatura controllata, relativamente bassa (tra i 14 e il 17 °C), che, se ritarda un po’ la fermentazione, in compenso, aiuta a contrastare la formazione degli Acetobacter. A seconda “dell’età” delle botti, l’affinamento dura dai 9 ai 15 mesi. Dopo di che, la birra prelevata dalle diverse botti viene assemblata e messa in bottiglia e in fusto. La carbonazione è quasi piana; la schiuma bianca, fine, cremosa, stabile e aderente. Asprezza di Brettanomyces e complessità funky da cortile, aceto di vino bianco e sciroppo di pesca, umidità e terra, crine di cavallo e fieno, malto granuloso e agrumi, lievito e morbida acidità lattica arrotondata da sottotoni di rovere, sono alla base di un’intensità molto elevata e di elegante finezza. Il corpo medio ha una consistenza oleosa gradevole al palato. Nel gusto, una complessa acidità lattica segna l’imbocco; seguono un malto leggero e un vino bianco secco; si accodano note di terra, quercia, mela acerba, ribes. Mentre, con l’alzarsi della temperatura, si alza anche un delicato tepore alcolico. Il finale reca diffusi segni di tannino, e lascia il campo a un lungo retrolfatto dalle suggestioni amare di acido lattico.
Russian River Damnation, belgian strong golden ale di colore dorato (g.a. 7,75%). Versando in modo che il lievito rimanga sul fondo della bottiglia, l’aspetto si rivela limpido. Si tratta di un altro prodotto della serie “diabolica” contraddistinta dal suffisso -tion. Utilizza malto pilsner, zucchero, luppolo Styrian Golding e lievito della White Labs San Diego. La bottiglia invece è assicurata con tappo di sughero e gabbietta metallica. Con una carbonazione piuttosto alta, la schiuma bianca erompe abbondante, sottile, cremosa e di ottima tenuta. L’elevata intensità olfattiva si apre con profumi di attraente finezza, dai cereali agli agrumi, dalla pera alla banana, dal lievito speziato al luppolo fresco a base di erbe. Seguono, più tenui ma non certo meno insistenti, sentori floreali e di miele; mentre, con l’innalzamento della temperatura, si leva, e non però sgradevole, una lieve rusticità. Il corpo, medio-pieno, ha una consistenza alquanto oleosa. Estremamente complesso si rivela anche il lungo percorso gustativo, comunque in perfetto equilibrio. Malto dolce e lievito belga speziato, luppolo terroso ed erbe aromatiche, pera e banana, legno e miele, fiori e chiodi di garofano, allestiscono un pot-purri di straordinaria freschezza ed eleganza; con l’alcol che, come suol dirsi, spinge senza apparire. Una leggera asprezza di finitura ammorbidisce l’ormai sbrigliato calore etilico. Impressioni terrose e di scorza d’agrumi animano l’amarognolo della discreta persistenza retrolfattiva. Asciugandosi con la maturazione, questo prodotto diventa ancora più complesso.