Tratto da La birra nel mondo, Volume IV, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Riedenburg/Germania
Birreria bavarese, nel Parco Nazionale dell’Altmühltal.
Nel 1866 Riedenburg contava poche migliaia di abitanti, ma cinque birrifici privati e una Kommun-Brauhaus. La famiglia Krieger ne rilevò uno, nel centro cittadino, e lo rinominò Unterkrieger.
Con l’espansione della città a fine secolo, la birreria Unterkrieger, per potersi creare un’area industriale, si spostò nel quartiere periferico di Sant’Anna.
Poiché il capostipite della famiglia Krieger si chiamava Michael, il primogenito delle generazioni successive ricalcherà le orme del padre sia nella professione (mastro birraio) che nel nome (Michael).
Nel periodo in cui dilagava ormai la bassa fermentazione, Michael III fu tra i pochi coraggiosi a riscoprire la secolare tradizione delle birre bavaresi di frumento.
Nel 1989 Michael IV cominciò a sviluppare operativamente il concetto di azienda orientata alla produzione di birre legate all’ecologia e all’ambiente. E, dal 1994, tutti i tipi di birra sono prodotti esclusivamente con materie prime provenienti da agricoltura biologica.
Nel 1997, per preservare la naturalità del prodotto, fu bandito il filtraggio, affidando la decantazione al lungo periodo (di solito sei settimane) di maturazione. Mentre la fermentazione, una vera rarità ai giorni nostri, avviene a tino aperto.
La produzione supera ormai i 20 mila ettolitri annui. La distribuzione, uscita dai patri confini, raggiunge ben otto paesi europei.
Riedenburger Dolden Sud IPA, india pale ale di colore dorato con lievi riflessi ambrati e dall’aspetto velato (g.a. 6,5%). Nuova speciale della casa, è considerata una birra biologica bavarese dal carattere moderno. I luppoli utilizzati infatti sono, sì bavaresi, ma non biologici. Il nome invece, Dolde, è un termine botanico che si riferisce a un’infiorescenza con un asse principale accorciato. Con una carbonazione moderata, la schiuma candida si alza sottile, cremosa, tenace e aderente. L’intensità dell’olfatto non è al top: sopperiscono alla grande, freschezza e pulizia. Sicché, un gradino più in alto dei sonnolenti sentori di cereali e caramello, alitano eleganti profumi di frutta tropicale, luppolo, fiori, erba, agrumi, e appena un vago ricordo di cardamomo. Il corpo medio si propone in una scorrevolissima tessitura acquosa. Nel gusto, che rimanda a un vino giovane e leggermente frizzante, si esaltano, in perfetta armonia tra loro, l’inconsueto profilo sottilmente dolce del luppolo, un fruttato aspro non diverso da quello dell’uva verde o della mela acerba, gli squisiti malti d’orzo estivo, le delicate note speziate del lievito. Il finale ha il compito di una rigorosa e compiuta pulitura del palato, per consentire al retrolfatto, abbastanza secco, di esprimere una ricchezza articolata nelle sensazioni di agrumi, frutta tropicale, resina, erbe aromatiche.
Riedenburger Helles Naturtrüb, helles di colore biondo pieno un po’ troppo scuro per lo stile (g.a. 5%). Non filtratata, presenta l’aspetto lievemente velato. È la birra di base della secolare tradizione bavarese legata alla bassa fermentazione. La carbonazione si mantiene tra morbida e media. La spuma che si genera, anche se piuttosto grossolana, risulta stabile e aderente; mentre la cremosità appare un po’ untuosa. All’olfatto si mette subito in evidenza il lievito, seguito a ruota da luppolo fresco a base di erbe, malto dolce, frutta (in particolare uva e nespola), mosto, pane, burro, legno. Il corpo medio ha una consistenza abbastanza acquosa. Il gusto si snoda ricco, pieno, con notevole equilibrio tra la dolcezza del cereale e l’amaro del rampicante. A tratti sembra che il luppolo non sia così presente; ma gli vengono in soccorso modeste note di mandorla amara e una rinfrescante punta di acidità rilasciata dalla lieve tostatura del malto. La secchezza del finale reca venature di lievito speziato. Il retrolfatto è quello della birra di bassa fermentazione: alla ricchezza ristretta, fa il verso una discreta persistenza amarognola.
Riedenburger Weisse Premium, hefe weizen di colore giallo dorato e dall’aspetto torbido (g.a. 5,4%). La presenza del malto di frumento arriva fino al 70%. Con la forte carbonazione tipologica, la ricca schiuma bianca trabocca fine, densa, persistente, e con una cremosità quasi untuosa. All’olfatto, esplode subito il fruttato della banana matura, infervorato dai chiodi di garofano. Il lievito sembra voglia fare un po’ il prezioso; appena arriva infatti si fa sentire, eccome. Il delizioso profumo della mela renetta esala con il riscaldamento della birra. Ma, già dopo qualche secondo che il liquido era sceso nel bicchiere, si è levato un inconsueto suggerimento terrroso. Alla leggerezza del corpo, fa da pendant la consistenza acquosa. Nel gusto, l’amaro è a malapena percettibile; si fa invece apprezzare, e a lungo, l’acidità rinfrescante del grano che armonizza con grande facilità con le note del malto e del frumentone, e col beneplacito di un lievito speziato. Una certa acredine da buccia di limone caratterizza il secco finale. Chiodi di garofano, grano e frutta secca (in particolare, nocciole) articolano la ricchezza retrolfattiva di sufficiente durata.
Plankstetten Abbey
L’abbazia di Plankstetten è un monastero dei benedettini bavarese situato tra Berching e Beilngries. Fu fondato, come monastero privato dei vescovi di Eichstätt, nel 1129 dal conte Ernst di Hirschberg e da suo fratello Gebhard, vescovo di Eichstätt appunto.
Il birrificio invece nacque in occasione della riforma dell’abbazia operata dall’abate Ulrich IV Dürner in seguito al declino degli standard monastici del secolo XV.
Con la secolarizzazione del 1806, il monastero fu sciolto e gli edifici e le proprietà furono messi all’asta.
Soltanto nel 1904, grazie al sostegno finanziario dei baroni Cramer-Klett, si ebbe la riorganizzazione di Plankstetten come priorato dell’abbazia di Scheyern. Priorato, che nel 1917 fu nuovamente elevato allo status di abbazia, svolgendo diverse attività nel corso degli anni, eccetto quella brassicola.
Infine, nel 1997, cedendo una piccola quota societaria, la Riedenburger Brauhaus cominciò a produrre le “vecchie” birre dell’abbazia di Plankstetten utilizzando i cereali biologici coltivati nei campi del monastero.
Plankstettener Dinkel, speciality grain di colore oro carico con lievi riflessi ambrati (g.a. 4,9%); realizzata a bassa fermentazione. Non filtrata, presenta l’aspetto torbido. Dinkel è il nome tedesco del farro utilizzato, nella misura del 50%. Sarebbe il “farro medio” (Triticum dicoccum), molto simile al frumento duro usato per la produzione della pasta. Mentre gli altri due termini tedeschi Einkorn e Emmer (rispettivamente, Triticum monococcum “farro piccolo” e Triticum spelta “farro grande”), simili al frumento tenero, vengono usati per la panificazione. La carbonazione si mantiene a livelli piuttosto bassi per lo stile; la schiuma bianchiccia ostenta compattezza, durata e aderenza. All’olfatto, i profumi del farro e del frumento si mettono subito in mostra, e con energia. Un po’ più deboli, ma non certo tanto meno protervi, appaiono sentori floreali, di lievito, banana e frutti a polpa gialla. Alla straordinaria leggerezza del corpo, si abbina la consistenza squisitamente acquosa. Nel gusto, ritorna con prepotenza la banana, senza comunque alcun detrimento per l’equilibrio, tenuto efficacemente in piedi dalla dolcezza del malto e dall’acidulo dei soliti farro e frumento; mentre il luppolo prende le sembianze di un compiaciuto spettatore. Il finale pulisce appuntino il palato con una ruvida secchezza. Nel retrolfatto, corto e rinfrescante, viene finalmente a galla il luppolo con le sue sensazioni agrumate. Si tratta di un prodotto particolarmente caratterizzato dall’alta digeribilità.