Tratto da La birra nel mondo, Volume IV, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Seattle, Washington/USA
Paul Shipman e Gordon Bowker partirono da un piccolo negozio di birra, nel quartiere scandinavo di Ballard, a Seattle.
Era il momento dei microbirrifici. L’importazione di ale europee aveva raggiunto il punto di saturazione; contemporaneamente, i produttori artigiani riuscivano a proporre alla spina lo stesso livello qualitativo delle birre estere confezionate. Paul Shipman e Gordon Bowker avviarono anche loro, nel 1981, una piccola attività in una vecchia stazione di autobus di periferia.
Anche grazie agli impianti d’avanguardia importati dalla Germania, la Redhook era diventata una birreria importante e, sulle ali del successo ottenuto, nel 1996 si trasferì in locali più ampi a Woodinville, sempre nello stato di Washington.
Intanto, nel 1984, insieme al padre (Ray), i fratelli Kurt e Robert Widmer, con formazione tedesca, avevano, a loro volta, fondato, a Portland (nell’Oregon) la Widmer Brothers Brewery. La prima birra infatti fu una altbier fermentata con lievito che i due fratelli avevano portato dalla Germania.
Seguì, con grande sorpresa di tutti, nel 1986, la presentazione della Weizenbier, la prima birra di frumento del Nordamerica, fermentata con un particolare lievito della Weihenstephan bavarese e filtrata. Due anni dopo, su richiesta del Dublin Pub di Portland, alla Weizenbier si affiancò la versione torbida, American-Style Hefeweizen, col significato di “birra di frumento non filtrata, con luppolo americano (il moderno Cascade della costa occidentale), senza lievito speciale”. E il Dublin prese a servirla con una fetta di limone per accentuare i sapori agrumati del luppolo Cascade. Un’abitudine, questa, che finì per spandersi a macchia d’olio anche per la Weizenbier. Mentre l’azienda, con tale successo, diventava il maggior produttore di birra della West Coast. E, sempre nel 1988, la Widmer fu tra gli organizzatori dell’Oregon Brewer Festival, una manifestazione che si tiene ogni anno a fine luglio.
Dopo anni di lavoro a stretto contatto, attraverso un accordo di licenza in base al quale Redhook produceva e distribuiva birre Widmer sulla costa orientale, nel 2008 le due aziende decisero di fondersi. Nasceva così la Craft Brewers Alliance (CBA), col quartier generale a Portland. Mentre i due birrifici mantenevano entrambi i loro marchi.
Nel 2010 la CBA acquistò il più grande birrificio delle Hawaii, Kona Brewing Company, fondato, nel 1994 a Kailua-Kona, dal team di padre e figlio Cameron Healy e Spoon Khalsa. Anche a questo birrificio rimase la produzione propria.
Nel 2012 la CBA lanciò un nuovo marchio, Omissis Beer, sviluppato internamente a Portland, con basso contenuto di glutine utilizzando un enzima brevettato per rimuovere il glutine appunto dagli ingredienti tradizionali della birra.
Sempre nel 2012 la società cambiò il nome di Craft Brewers Alliance in Craft Brew Alliance. E veniva quotata in borsa come NASDAQ; a differenza della precedente quotazione pubblica come HOOK.
Nel 2013 lanciò il sidro Square Mile Cider in due versioni: The Original, sidro di mele duro tradizionale; e Spur & Vine, “sidro di mele saltato”.
Nel 2014 avviò una partnership con The Chive per creare la birra KCCO con il moniker indipendente Resource Brewery di proprietà di Chive.
Insomma la CBA, società composta da cinque marchi di birra e sidro, era diventata il nono maggior produttore di birra negli Stati Uniti. E, si sa, i grandi numeri fanno gola ai grandi, ed ecco che, nel 2013, la Anheuser-Busch InBev aveva acquistato il 32% delle azioni della società diventandone partner nella distribuzione.
Ma, in tal modo, la CBA non poteva più definirsi birrificio artigianale. Già, secondo la Brewers Association, i birrifici artigianali americani devono essere “piccoli, indipendenti e tradizionali”. Per “piccolo” s’intende il birrificio che abbia una produzione annua di 6 milioni di barili o meno (fino al 2011 il limite era addirittura di 2 milioni). “Indipendente” è il birraio che possiede o controlla un’azienda almeno per il 75%. “Tradizionale” se almeno il 50% del suo volume è costituito da birra di malto.
Amplissimo il portfolio della Redhook Ale Brewery, che spazia tra stili americani, belgi, inglesi e tedeschi; con una produzione che sfiora i 260 mila ettolitri annui.
Redhook Long Hammer IPA, india pale ale di colore tra l’oro e l’arancio e dall’aspetto lievemente velato (g.a. 6,2%); pesantemente luppolizzata, anche a secco. Fu creata nel 1984. La versione in botte non viene filtrata. Con una media effervescenza, la schiuma bianca, sottile e cremosa, non dura più di tanto. L’aroma regala la freschezza e la pulizia, in primis, dei luppoli agrumati e, in particolare, di quelli erbacei e resinosi del dry hopping; intanto si accodano, un po’ meno decisi ma baldanzosi, sentori floreali, fruttati, di miele, malto, caramello. Il corpo medio ha una consistenza tra acquosa e oleosa, comunque abbastanza scorrevole. Anche nel gusto s’impone il rampicante, con un certo sbilanciamento: benché orientato all’amaro, non copre del tutto gli altri elementi; mentre sono loro a non mostrarsi all’altezza della situazione, con una base di malto alquanto labile e la componente fruttata quasi latitante. Il finale apporta soltanto asciuttezza e, addirittura, si dilegua in fretta. Rimangono, nell’altrettanto corto retrolfatto, suggestioni amare, vegetali e resinose.
Redhook ESB, extra special bitter/ESB di colore ambrato e dall’aspetto alquanto nebuloso (g.a. 5,8%). Nata nel 1987 come ale invernale, fu successivamente definita ESB. Nella base rientra una percentuale di caramello; il lievito è quello inglese per ale; il luppolo americano Willamette viene affiancato dal tedesco Tettnang. Con una carbonazione relativamente morbida, la schiuma, di un beige molto chiaro, risulta scarsa ed evanescente. L’aroma si schiude con una serafica pacatezza: profumi di lievito lasciano ampio spazio a caramello e agrumi che però vengono presto sovrastati da un luppolo legnoso. Il corpo medio tende al leggero, in una consistenza pressoché acquosa. Il gusto, morbido e pieno, riesce a equilibrare perfettamente l’intenso amaro del rampicante con le sue labili venature di cereale. Il finale, secco, pulito e rinfrescante, sbocca in un retrolfatto dalle persistenti sensazioni luppolizzate.
Redhook Blackhook Porter, porter di colore marrone profondo, vicino al nero, e dall’aspetto impenetrabile (g.a. 5,2%); fermentata con lievito inglese. Con una moderata effervescenza, la schiuma caffellatte si leva minuta, rigogliosa, ma decade presto. L’aroma è quello del malto tostato, contornato da sentori di caffè, lattosio, frutta secca, cioccolato fondente, pane scuro, caramello, liquirizia, melassa, toast bruciato, luppolo agrumato. Il corpo, medio-leggero, ha una consistenza alquanto grassa e untuosa. Anche il gusto risulta fortemente caratterizzato dal malto lievemente torrefatto, col supporto di frutta dolce scura, caramella mou, marmellata di more, frutti di bosco canditi, in buon equilibrio però con l’amaro di un luppolo terroso, dei fondi di caffè, del cacao in polvere, delle tostature che apportano un mix di acidità e asprezza. Il finale appare un po’ duro e asciutto. Le impressioni del corto retrolfatto sono ispirate a un caffè ricco e cremoso, solo toccate da un pungente luppolo fiorito.
Redhook Ryebeeria, speciality grain di colore ambra ramato (g.a. 6,5%). Non filtrata, ha l’aspetto velato. La ricetta prevede lievito inglese per ale e aggiunta di fiocchi di segale sottoposti a maltaggio. La carbonazione moderata origina una spuma crema generosa, sottile, sufficientemente stabile e aderente. L’aroma è di un fruttato granuloso che si avvantaggia della sinergia apparentemente gratuita di segale un po’ piccante, pane tostato, agrumi, caramello, e solo un tocco di luppolo floreale. Il corpo risulta pieno e pastoso ma, insieme, leggero e scorrevole, in una consistenza decisamente acquosa. Il gusto, asciugato dal cereale, volge fresco, delicatamente amaro e croccante, verso un piacevole finale di agrumi. Il retrolfatto indugia abbastanza nelle sue impressioni calde e speziate.
La produzione annua della Widmer Brothers Brewery va oltre i 530 mila ettolitri. E, pur essendo iniziata sotto il segno della tradizione tedesca, col tempo ha finito per abbracciare praticamente tutti gli stili, comprese alcune collaborazioni importanti e una serie chiamata Reserve che annovera invecchiamenti in botte e birre occasionali.
Widmer Brothers Hefeweizen, wheat ale di colore arancio dorato e dall’aspetto intorbidato dai sedimenti di lievito (g.a. 4,9%). Rappresenta il prodotto di punta della casa. La carbonazione è un po’ sottotono per lo stile; la schiuma bianca, abbastanza fine, densa, cremosa, ostenta tenuta e aderenza. L’aroma si schiude con delicatezza, e pulizia, a base di fiori e agrumi, grano tenero ed esteri di banana, fieno e scorza d’arancia, terriccio e lievito, luppolo alle erbe e chiodi di garofano. Il corpo, di notevole leggerezza, si presenta in una consistenza piuttosto acquosa. Un raffinato gusto di malto, con deciso, eppure delizioso, orientamento alla dolcezza, defluisce tra note di frumento e cracker, prima e poi, di banana e chiodi di garofano, per sfociare in un sapore sottilmente aspro e amaro di luppolo erbaceo. Il finale, sufficientemente secco, acidulo, spiana la strada a un corto retrolfatto pressoché ruvido con suggestioni fruttate di esteri. È consigliato il consumo del prodotto con una fettina di limone.
Widmer Brothers Alchemy Ale, american pale ale di colore tra l’ambrato chiaro e il ramato (g.a. 5,8%). I luppoli utilizzati, provenienti dalla costa del Nordovest americano, variano a seconda della disponibilità. Con una carbonazione appena essenziale, la spuma biancastra accusa una certa grossolanità ma mostra discreta resistenza. L’elevata intensità olfattiva propone gradevoli profumi vegetali, di luppolo agrumato e floreale, caramella mou, fieno, scorza d’arancia, frutta esotica e gialla, che finiscono a distanza sotto l’egida del miele e della carruba. Il corpo medio ha una consistenza pressoché acquosa. Il gusto ostenta intensità, freschezza, pulizia, con note che si amalgamano armonicamente in un equilibrio da alta bevibilità: un sorso tira l’altro e, dopo ogni sorso, il senso di piacevole appagamento continua ad aumentare. Tutto merito della dolcezza di frutta fresca e candita, biscotto, caramello, marmellata d’arancia, da una parte e dall’altra, dell’amaro vegetale, di resina, scorza di pompelmo, luppolo erbaceo. Il discreto percorso gustativo termina con un bel taglio secco e croccante che ripulisce il palato. Qualche sfuggente impressione di mandorla amara sconfessa la relativa neutralità del retrolfatto.
Widmer Brothers Black Bier, schwarzbier di colore marrone scuro screziato di sfumature rubino e dall’aspetto quasi opaco (g.a. 6,5%). In produzione dal 1995, viene fermentata, non come una lager tedesca, bensì con lievito inglese per ale. Con una discreta carbonazione, la schiuma nocciola, fine, compatta e cremosa, mostra buona allacciatura e ottima resistenza. Tra i toni caldi e consistenti dell’aroma risaltano sentori di malto e noci tostate, caffè leggero, uva passa, terra, frutta scura, polvere di cacao secca, spezie deboli ma persistenti. Il corpo, medio-pieno, ha una tessitura cremosa un po’ appiccicosa. Il gusto, ricco di malto torrefatto, caramello, lievito, caffè, pane nero, cioccolato, frumento maltato, si snoda a proprio agio, asciutto, pulito, per sfociare in una forte finitura luppolizzata. Note di rovere, terra, carbone, segnano brevemente l’aspro finale. Il retrolfatto reca le suggestioni dolciastre del caramello leggermente bruciato, frammisto al residuo acidulo delle tostature.
Widmer Brothers Widberry, fruit beer di colore blu rossastro, quasi viola, e dall’aspetto intorbidito (g.a. 4,6%); d’ispirazione belga. In produzione dal 1994, oltre al luppolo tedesco Tettnang, utilizza lamponi neri locali. La carbonazione è da leggera a media; la schiuma rosata, ampia, sottile, sufficientemente stabile e aderente. Nell’aroma, squisitamente fruttato, si mette subito in evidenza il profumo dei lamponi; seguono, come in fila indiana, sentori di malto biscotto, luppolo fiorito, frutti rossi, lievito, bacche dolci, zucchero bianco. Il corpo presenta una struttura sottile, oleosa e alquanto appiccicosa. Il sapore piacevole e aspro delle bacche si scontra con l’acidità dei lamponi originando una certa astringenza, che va lentamente sciogliendosi tra le note di banana matura enfatizzate da un delicato morso amaro di luppolo agrumato. Il finale, asciutto, pulito e croccante, sa tanto di frumento e crosta di pane. Un’ostinata impressione di luppolo fruttato s’insinua con una certa destrezza nel dolciastro dello sfuggente retrolfatto. La Kona Brewing Company, con una produzione annua di oltre 260 mila ettolitri, propone un’ampia gamma di birre annuali con tre stagionali rotanti nella loro serie.
Kona Longboard Island Lager, lager di colore giallo dorato chiaro, quasi paglierino (g.a. 4,6%); una delle birre annuali. La carbonazione è da leggera a media; la schiuma bianca, scarsa, grossolana e poco persistente. L’aroma si libera flebile e dolciastro, a tratti pure aspro, con sentori di malto granuloso, erbe, mais, lievito, agrumi, vaniglia, banana, ananas, luppolo sottilmente piccante. Il corpo tende decisamente allo scarno, in una consistenza acquosa e pressoché appiccicosa. La dolcezza del malto dà inizio alla breve corsa; seguono note, prima, floreali e, poi, terrose, che lasciano infine campo libero a un luppolo erbaceo responsabile, non solo di un approssimativo equilibrio gustativo, anche di un’opportuna nota acida. La finitura risulta secca e con acri richiami di limone. Una labile impressione speziata delinea lo sfuggente retrolfatto. Una birretta insomma semplice, senza personalità e, quindi, senza pretese, se non quella di rinfrescare e dissetare.