Tratto da La birra nel mondo, Volume III, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Oudenaarde/Belgio
Nel 1896 Henri Wontergemstraat Desplenter fondò la Brouwerij Desplenter a Dentergem, nelle Fiandre Occidentali.
La svolta decisiva all’azienda fu data da Yvan Desplenter, subentrato al padre, Maurice, nel 1950, a sua volta subentrato a Henri nel 1927. Yvan dunque, nel 1968, cambiò la denominazione in Riva Brouwerij e costruì una fabbrica ultramoderna che già nel 1980 esportava addirittura negli Stati Uniti.
Negli anni Novanta la Riva Brouwerij acquisì diverse fabbriche artigianali classiche, formando anche una partnership con la Het Anker per la distribuzione mondiale dei suoi prodotti. Un’espansione allarmante, stando ai risultati di operazioni del genere compiute dai colossi internazionali.
Sorprendentemente, questo ambizioso gruppo emergente, invece di distruggerle, rese più consistenti, talora migliorandole addirittura, le birre delle ditte controllate; per non parlare di alcuni tra i più prestigiosi prodotti belgi lanciati sul mercato mondiale.
Poi, nel 2002, la quarta generazione Desplenter, ritrovandosi in un mare di debiti, fu costretta a vendere. Nel 2005 i nuovi proprietari, Gino Vantieghem e Renaldo Delabie, ribattezzarono l’azienda Liefmans Breweries, dal nome della Brouwerij Liefmans, di Oudenaarde, nelle Fiandre Orientali.
Questa birreria era stata fondata nel 1679 da Jacobus Liefmans. Rilevata nel 1974 dalla Vaux inglese, nel 1990 era entrata a far parte della Riva. L’anno successivo la produzione era stata spostata a Dentergem, utilizzando acqua trattata in modo che somigliasse a quella di Oudenaarde, ovvero con poco calcio e molto bicarbonato di sodio. La fabbrica di Oudenaarde invece continuava a curare la fermentazione in recipienti di rame aperti, la maturazione e l’imbottigliamento.
Infine, nel 2007, la Liefmans, con le sue due sedi, a Oudenaarde e a Dentergem, fu dichiarata fallita dal tribunale di Kortrijk. A giugno dell’anno successivo venne rilevata da Duvel Moortgat.
Ovviamente alla Duvel Moortgat interessavano soltanto i marchi della Liefmans. Pertanto la fabbrica di Dentergem venne chiusa e i suoi prodotti furono venduti o abbandonati. In particolare, la Lucifer e la Dentergem Wit furono date in licenza alla Het Anker che però finì presto per cessare la produzione della seconda. Mentre è doveroso ricordare che, con la rinascita delle birre di frumento belghe, questa witbier era diventata leader nella categoria sia in patria che nei Paesi Bassi.
E ora vediamo come avviene, a Oudenaarde, la produzione dei “capolavori“ Liefmans.
La birra “giovane”, pura e aspra, è la classica brown ale della Fiandra Orientale, venduta sul mercato locale con il nome appunto di oud bruin. Ma costituisce anche la birra di base per altre specialità.
Aggiungendo una birra più vecchia si ottiene la Goudenband. I due prodotti vengono centrifugati, mescolati, addizionati di lievito fresco e zucchero e lasciati rifermentare in bottiglia per altri tre mesi. Inoltre la Riva volle aumentare la gradazione per offrire una bevanda più ricca, senza che perdesse minimamente il carattere asprigno fruttato. L’aggiunta poi di lamponi e ciliege dà, rispettivamente, la Frambozen e la Kriek. Quest’ultima, arricchita di spezie e anice, genera la Glühkriek.
Tutti i prodotti derivati maturano in bottiglia per tre mesi prima di lasciare la fabbrica. Data poi la pesante sedimentazione, in particolar modo la Goudenband, si rivelano ideali per essere conservati in cantina, con le bottiglie adagiate a protezione del sughero. La commercializzazione avviene in tipici imballaggi. Le bottiglie con tappo di sughero vengono avvolte nella carta da quattro persone contemporaneamente.
Liefmans Oud Bruin, oud bruin di colore bruno rossiccio e dall’aspetto opaco (g.a. 5%); la “vecchia bruna” delle Fiandre Orientali, leggera ma piacevole. Viene elaborata con quattro varietà di luppolo e un tipo di lievito vecchio di 100 anni. La carbonazione è da bassa a media; la schiuma beige, sottile, cremosa, abbastanza stabile. L’aroma risulta molto complesso, con sentori acidi, aspri e dolci: si esibiscono caramello, ciliegia, rovere, malto, aceto bianco, zucchero, cacao, succo d’uva, radice di barbabietola, prugna. Il corpo, tra leggero e medio, presenta una consistenza alquanto oleosa. Il gusto, pieno, brioso, gioca abilmente sul contrasto del dolce e dell’acido, che nella fattispecie sostituisce l’amaro. Il lungo finale si rivela morbido, fluido, ispirato da bacche e buccia di mela. Il retrolfatto, nella sua discreta persistenza, eroga suggestioni asciutte, pulite, con richiamo di frutta dolce e acida.
Liefmans Goudenband, sour red/brown di colore bruno con riflessi rossi e dall’aspetto opaco (g.a. 8%). Il nome significa “nastro d’oro”. È ottenuta dalla miscelazione di una birra vecchia (di sei-otto mesi) con una più giovane (di circa tre mesi); mentre la rifermentazione in bottiglia viene provocata dall’aggiunta di lievito fresco e zucchero. Si tratta di un prodotto molto complesso e impegnativo. Con una media effervescenza, la schiuma rosa emerge bassa, densa e scompare in fretta lasciando il segno di qualche allacciatura. L’aroma è un insieme armonico e attraente di ciliege acide, malto biscotto, prugne, legno, mele, foglie, noci, erbe, caramello, vino rosso, lievito, aceto, spezie, leggera acidità. Il corpo medio ha una consistenza oleosa un po’ appiccicosa. Il gusto è inimitabile… un singolare agrodolce orientato all’acido che pare riprenda del tutto le sensazioni avvertite al naso, nella sua connotazione intensa, rinfrescante, equilibrata. Il finale si esprime con una certa amabilità, secca, pulita. La lunga persistenza retrolfattiva propone suggestioni acidule e a malapena astringenti, di agrumi, bacche, caramello bruciato.
Liefmans Glühkriek, fruit beer di colore rosso intenso bordeaux e dall’aspetto intorbidato dai sedimenti (g.a. 6,5%). Utilizza due spezie (cannella e chiodi di garofano) e anice. Con una carbonazione decisamente bassa, la spuma, di un rosa chiaro, esce piuttosto scarsa, sottile, abbastanza tenace. L’aroma è nettamente marcato da cannella, cardamomo, noce moscata, chiodi di garofano, vaniglia, anice stellato, che lasciano a malapena emergere sentori di malto, zucchero di canna, fragole, mandorle, ciliegia dolce e acida, ossidazione (non appena la birra si riscalda). Il corpo pieno, ma tendenzialmente leggero, ha una consistenza di viscosità oleosa. L’equilibrio gustativo risulta notevole, pur nella sua complessità: sotto le note medicinali aleggiano quelle dolci di frutta secca glassata e richiami acidi di frutta fresca. Nel finale l’effervescenza s’intensifica, quasi a voler mettere in evidenza l’acido, e una relativa asciuttezza apporta qualche accenno di astringenza. Nella lunga persistenza retrolfattiva l’acidità e la dolcezza si equilibrano alla perfezione, mentre spuntano suggestioni di rovere, pelle, chiodi di garofano, in un tiepido alone di riscaldamento alcolico. Si tratta di una specialità invernale che va scaldata a bagnomaria (anche nel forno a microonde o in un pentolino su fiamma viva) e servita a 70 °C, come il Glühwein tedesco. Può essere consumata anche fredda, a vantaggio della dolcezza ma a scapito della fragranza.