Kamenitza

Tratto da La birra nel mondo, Volume II, di Antonio Mennella-Meligrana Editore

Plovdiv/Bulgaria
Azienda con sede nella capitale storica della Tracia. Kamenitza è il nome della collina sulla quale, nel 1881, tre imprenditori svizzeri fondarono la fabbrica.
All’epoca, la birra più consumata dai bulgari era la lager; ma Kamenitza volle sondare nuovi gusti e produsse la prima birra scura del Paese. Nell’ultimo decennio del secolo, vinse numerosi premi nelle esposizioni internazionali, tra cui quelle di Bruxelles e di Chicago.
La Kamenitza subì, a opera del regime comunista, due nazionalizzazioni, la prima, nel 1947, come parte della proprietà statale Alcoholic Beverages; la seconda, nel 1952, come parte di Vinprom.
Nel 1995 la Interbrew entrò nel mercato bulgaro, rilevando le birrerie Kamenitza, Astika, Burgasko Pivo. Aggiunse, due anni dopo, la Plevensko Pivo. Tra il 1997 e il 2005, fece grossi investimenti in Bulgaria. E, nel 2005, la Kamenitza, con 800 mila ettolitri, divenne primo produttore nel Paese.
Nel 2009, la Anheuser-Busch InBev vendette tutte le sue attività dell’Europa centrale e orientale al fondo d’investimento privato CVC Capital Partners. Queste attività, rinominate StarBev, furono poi rilevate nel 2012 da Molson Coors.
La gamma Kamenitza si propone in una grande varietà, tra lager e birre scure; e con lo slogan “Muzete znayat zashto” (“Gli uomini sanno perché”). Dal 2010 le bottiglie sono chiuse con i tappi ad apertura facilitata (pull-off).
Mentre la produzione non avviene più a Plovdid, bensì a Haskovo, capoluogo dell’omonimo distretto che, tra i principali siti archeologici, annovera la Villa Armira, celebre villa romana in uso fino all’età medievale.
Kamenitza 1881, lager di colore oro chiaro e dall’aspetto brillante (g.a. 4,4%); la prima birra dell’azienda, oggi prodotta sotto la supervisione di mastri birrai belgi. Con una media effervescenza, la schiuma bianca si leva fine, alta, vaporosa, per svanire in un batter d’occhio. L’olfatto appare pressoché granuloso, nei suoi freschi profumi di luppolo floreale, malto, caramello, paglia, mais, mela verde, vaniglia. Il corpo leggero presenta una tessitura tra oleosa e acquosa. Il gusto è decisamente segnato dal malto, che defluisce sotto l’“attento” controllo di un luppolo delicato ma efficace. Il finale arriva semisecco, abbastanza pulito, amarognolo. Lo sfuggente retrolfatto sembra richiamare flebilmente il malto.