InBev UK

Tratto da La birra nel mondo, Volume II, di Antonio Mennella-Meligrana Editore

Luton/Inghilterra
Anche quella che oggi costituisce la AB InBev UK trae le sue origini dalla Interbrew la quale, nel 2000, acquistando la Whitbread Beer Company e la Bass, costituì la Interbrew UK, con la sede nel Bedfordshire.
Con l’assetto poi del quadro competitivo britannico del 2002, la Interbrew UK conservò la proprietà del marchio Bass; ma, per i vincoli antitrust, dovette cedere i marchi Worthington’s, Carling, Stones e Caffrey’s all’americana Coors che, con essi, costituì la Coors UK.
Whitbread Beer Company/Londra
Samuel Whitbread all’età di 16 anni lasciò il suo paese vicino a Bedford per andare a far l’apprendista di John Wightman, mastro birraio e proprietario di una fabbrica a Londra.
Nel 1742, in società con Godfrey e Thomas Shewelle, acquistò una piccola birrreria all’incrocio di Old Street e Upper Whitecross Street e un’altra sala di cottura per le birre chiare e ambrate in Brick Lane, Spitalfields. Rimasto senza i due soci, nel 1750 costruì, sul grande sito della birreria dismessa King’s Head, in Chiswell Street, una nuova fabbrica, Hind Brewery, studiata per la produzione su larga scala della porter. In breve tempo, la sua, era la porter più consumata nella Capitale.
Nel 1785 la Whitbread installò un impianto a vapore Boulton e Watt per macinare il malto e pompare acqua. Questa macchina, una meraviglia tale da indurre il re Giorgio III a volerla vedere in persona, consentì all’azienda di diventare, nel 1796, con 202 mila barili di porter, il primo produttore di birra al mondo.
Nel 1799, sotto la direzione del figlio del fondatore, anche lui di nome Samuel, l’azienda adottò il nome di Whitbread & Co. Nel 1834 ebbe inizio la fabbricazione di ale e nel 1869 fu introdotto l’imbottigliamento.
In tempi più recenti, la Whitbread era il terzo gruppo birrario del Regno Unito, con quasi 400 tied houses tra diverse società di holding, quali la Whitbread Hotel Company, la Whitbreal Pub Partnership, la Whitbread Property & Suppliers.
Mentre l’acquisto di vari birrifici le permise di chiudere, nel 1976, la fabbrica di Londra e trasferire la produzione principalmente a Luton e a Malmesbury (nel Wiltshire).
Infine, nel 2000, vendette tutte le sue fabbriche di birra e interessi produttivi alla Interbrew. L’anno successivo si disfece anche del business di pub e bar, per dedicarsi esclusivamente a quello del tempo libero e dell’ospitalità, in cui oggi, da multinazionale, occupa una delle prime posizioni in campo mondiale; nel Regno Unito, è sicuramente la più grande società alberghiera.
Strangeways Brewery/Manchester
Una delle birrerie più antiche, fu fondata nel 1778 da due mercanti di grano, Thomas Caister e Thomas Fry. Divenne Boddingtons Brewery nel 1853, quando fu acquistata da Henry Boddington.
Per più di due secoli si era distinta grazie al gusto amaro assai secco della sua bitter, la Boddingtons Draught. Poi, con la vendita dell’azienda, nel 1989, da parte dell’ultimo presidente, Ewart Boddington, alla Whitbread, la musica cambiò.
Pesantemente pubblicizzata su tutto il territorio britannico con lo slogan “The cream of Manchester” (“La crema di Manchester”) e proposta anche in campo internazionale, la birra ottenne un enorme successo specie presso il pubblico dei giovani. Ma non era più quella di una volta. I giovani appunto e il gusto internazionale richiedevano una schiuma cremosa, un gusto più amabile.
Infine, nel 2000, avvenne il passaggio della Whitbread alla Interbrew e, nel 2005, la chiusura della Boddingtons Brewery.
Magor Brewery/Magor
La più grande fabbrica di birra AB InBev UK, occupa 5 acri nella contea di Monmouth, nel Galles. La sua produzione annuale è di circa 4,5 milioni di ettolitri.
Fu costruita nel 1979 dalla Whitbread.
Samlesbury Brewery/Samlesbury
Altra grande fabbrica di birra, nel Lancashire, costruita nel 1972, sempre dalla Whitbread. Produce circa 2,5 milioni di ettolitri di birra all’anno.
Stag Brewery/Mortlake
La più antica fabbrica di birra del Regno Unito, in un sito di 21 acri sulla riva sinistra del Tamigi, nel quartiere di Richmond. Qui, la produzione di birra iniziò nel 1487, in un convento. La fabbrica invece, Stag Brewery, fu fondata nel 1514. Rilevata, nel 1898, da James Watney & Co., finì, nel 1991, all’Anheuser-Busch, che vi creò la Budweiser Stag Brewery. Entrò quindi, nel 2008, a far parte del gruppo di produzione di birra AB InBev.
Nel 2009 la AB InBev annunciò l’intenzione di chiudere lo stabilimento nel 2010, spostando la produzione in altri siti; ma ciò avvenne soltanto nel 2015.
Castle Eden Brewery/Castle Eden
Nel 1826 John Nimmo cominciò a produrre birra nel Castle Eden Inn, a Castle Eden, un villaggio nella contea di Durham. Alla sua morte, avvenuta nel 1867, gli subentrò il figlio, William John.
Nel 1892 la J. Nimmo & Son divenne società a responsabilità limitata.
Nel 1912 l’azienda rilevò il business della birra di Thomas Chilton, in Seaham, tra cui 12 public house. Nel 1920 la produzione andò oltre i 42 mila barili.
Nel 1957 poteva vantarsi di avere la più moderna malteria del Nord dell’Inghilterra. L’anno successivo rilevò, nel Tyneside, la Davison & Wood, con 20 public house. Ma, nel 1963, rendendosi conto delle modeste capacità di impresa indipendente per poter modernizzare la fabbrica e proseguire nell’espansione, decise di vendere il business alla Whitbread.
All’interno del gruppo, l’azienda, che col passaggio di proprietà aveva preso il nome di Castle Eden Brewery, oltre a produrre edizioni speciali della Whitbread Beer Company, si specializzò nella fabbricazione, in quantità limitate, di ale innovative, con frequente ricorso ad aromi insoliti, tipo zenzero, liquirizia.
Purtroppo, nel 1998, la Whitbread annunciò l’intenzione di chiudere la Castle Eden Brewery. L’infausto evento fu scongiurato dal management buy-out di David Soley e David Beecroft. Mentre la Whitbread manteneva la proprietà della Castle Eden Ale e dei marchi Best Scotch, che la nuova società avrebbe prodotto su licenza per sette anni.
Ciononostante, nel 2002 la fabbrica fu chiusa e la produzione trasferita presso la Cameron’s Brewery. La Castle Eden Ale continuò a essere prodotta fino al 2009, quando la AB InBev UK, che aveva ereditato il portafoglio marchi Whitbread, si rifiutò di rinnovare la licenza. Da parte sua, la Cameron’s Brewery, annunciò la ripresa della produzione per il 1913.
Flower’s Brewery/Stratford-upon-Avon
Richard Fordham Flower, birraio, banchiere, politico e allevatore di pecore, possedeva una grande tenuta a Marden Hall, vicino a Hertford. Con la depressione del settore agricolo in Gran Bretagna dopo la guerra con la Francia, decise di vendere tutto ed emigrare in America, dove, nell’Illinois, istituì una piccola colonia con un gruppo di pionieri.
L’ultimo figlio, Edward, aveva 12 anni quando, col padre, lasciò l’Inghilterra. A 19 anni si ammalò di una grave febbre e tornò in patria per la convalescenza. Pare però che si trattasse di una fuga, essendo stato minacciato di morte per il coinvolgimento in una campagna antischiavista.
Cominciò a fare il commerciante di legname. Poi il taglio dell’imposta sulla birra lo incoraggiò a intraprendere l’attività brassicola e prese a imparare il mestiere presso dei parenti che avevano una fabbrica a Ashvell (nell’Hertfordshire).
Nel 1831, col patrimonio ereditato in seguito alla morte del padre, Edward aprì la Flower’s Brewery, a Stratford-upon-Avon (nel Warwickshire).
Le cose si misero subito per il verso giusto. Nel 1870 l’azienda possedeva 20 public house e una nuova fabbrica, costruita sulla strada di Birmingham.
Nel 1888 l’impresa divenne società a responsabilità limitata, e iniziò il vero percorso di espansione fino ad allora limitato a piccolissime acquisizioni.
Rilevò, nel 1896, la Caudlewell Brewery a Shipston-on-Stour, con 26 public house; nel 1899, la Tavistock Brewery nel Devon; nel 1900, la Gillet’s Swan Brewery a Moreton-in-Marsh.
La situazione continuò a migliorare, soprattutto dopo la prima guerra mondiale. Seguirono quindi le acquisizioni della Fortescue & Son di Bromsgrove, nel 1926, e della Rowland’s Brewery di Evesham, nel 1948.
Poi, come per tante altre birrerie, anche per la Flower’s Brewery arrivò la fine. Nel 1954 fu rilevata dalla J.W. Green di Luton e, con la fusione, prese il nome di Flower’s Breweries. Nel 1961 la società madre fu assorbita dalla Whitbread e, fatalmente, nel 1968 la Flower’s Brewery venne chiusa, mentre la sua produzione passava presso la fabbrica della Whitbread a Cheltenham (nel Gloucestershire).
Mackeson & Co./Hythe
La fabbrica di birra nel piccolo porto di Hythe, nel Kent, fu fondata nel 1699 da James Pashley. Nel 1801 passò nelle mani di Henry e Willian Mackeson. La minaccia di un’invasione francese fu la fortuna della birreria, per l’afflusso nella zona di soldati britannici.
Divenne nota nel 1910 per la sua Stout, elaborata in base alla ricetta del dietologo John Henry Johnson, che nel 1875 aveva brevettato una birra a base di siero di latte, lattosio e luppolo. Conteneva ovvero lattosio che, non fermentando, manteneva basso il tenore alcolico; nello stesso tempo, possedeva proprietà ricostituenti. Era pertanto consigliata alle madri che allattavano.
Nel 1920 l’azienda fu rilevata dalla concorrente H. & G. Simonds di Reading (nel Berkshire) che, in seguito, la vendette a un altro produttore, Jude, Hanbury & Co. di Wateringbury (nel Kent). Nel 1929 era della Whitbread.
Aggressivamente reclamizzata, la Mackeson Stout varcò presto i confini nazionali. Esportata in oltre 60 paesi, veniva prodotta anche su licenza in Belgio, Giamaica, Nuova Zelanda, Singapore. Solo che la disapprovazione del dopoguerra da parte del governo delle sue affermazioni sui contenuti del latte determinò l’esclusione della parola “latte” dalle etichette. Comunque, a metà degli anni Sessanta, la Mackeson Stout costituiva oltre il 50% delle vendite della Whitbread.
Poi, a causa del basso contenuto alcolico del 3%, la Mackeson Stout uscì di moda. Nel 1968, l’impianto di Hythe venne chiuso, e la produzione della Mackeson Stout passò alla Exchange Brewery di Sheffield. E, quando anche questa fabbrica venne chiusa, nel 1993, la Whitbread spostò la produzione della Mackeson Stout a Castle Eden e a Samlesbury. Nel 1999 la produzione fu appaltata alla Young Brewery di Wandsworth. Col passaggio infine della Whitbread alla Interbrew, la produzione della Mackeson Stout passò, prima, alla Cameron’s Brewery e, poi, alla Hydes Brewery.
Viene invece sempre prodotta da Carib Brewery di Trinidad la Mackeson XXX (g.a. 4,9%) per il mercato locale e rivolta ai giovani, con lo slogan “Ma portarla al massimo”. E questa versione viene esportata a Hong Kong, con una vendita di 5 mila ettolitri l’anno.
L’assortimento di birre della AB InBev UK è enorme, considerando anche le etichette di tante aziende rilevate e chiuse dalla Whitbread (tra quelle non menzionate, Campbell’s, Bentley, Wessex, Fuggles). A parte la produzione delle birre della compagnia, come Brahma, Budweiser, Corona, Cubanisto, Hoegaarden, Leffe, Löwenbräu, Stella Artois.
Mentre c’è da tener presente che per AB InBev non è importante fornire ai consumatori informazioni complete su tutti i marchi o la loro provenienza.
Whitbread Best Bitter, special bitter ale di colore rame chiaro (g.a. 3,5%); prodotta a Samlesbury. Con un’effervescenza abbastanza bassa, la schiuma, di un beige chiaro, emerge scarsa, sottile e di durata appena sufficiente. L’aroma è dolce, di malto tostato, con discreti sentori di caramello, legno, melassa, luppolo in fiore, zucchero di canna. Il corpo, decisamente sottile, presenta una trama fra cremosa e acquosa. Il gusto defluisce agrodolce, tra note di erbe, malto, noci, frutta varia; prendendo, in prossimità del traguardo, una consistenza amara persistente. Il lungo finale apporta una dosata nota acida. Il retrolfatto si rivela luppolizzato e resinoso.
Whitbread Pale Ale, ordinary bitter ale di colore ambrato scuro (g.a. 3,4%); prodotta da Wellpark Brewery. La carbonazione è quasi piatta; la spuma biancastra, cremosa e di sufficiente durata. L’aroma si esprime a base di malto, caramello, fieno, alcuni frutti, vaniglia, luppolo floreale. Il corpo, medio-leggero, presenta una consistenza da acquosa a oleosa. L’equilibrio gustativo è assicurato da un luppolo moderatamente amaro su solida base dolce di malto. Nel finale emerge una punta acidula. Il corto retrolfatto dispensa aspre suggestioni di limone.
Gold Label, barley wine di colore ambrato (g.a. 7,5%; in precedenza varia, la più alta di 10,9%). Uno dei primi barley wine chiari e il più noto inglese in bottiglia, fu lanciato nel 1951 a Sheffield, nello Yorkshire, da un birrificio poi entrato a far parte della Whitbread. La produzione, presso la Boddingtons Brewery, passò, nel 2004, per la chiusura di codesta fabbrica programmata per l’anno successivo, alla Wellpark Brewery; nel 2009 poi, quando l’azienda di Glasgow fu ceduta a C & C Group, a Samlesbury. Si tratta del primo vino d’ozo contro tradizione, a cominciare dal colore. Il gusto poi… non è certo quello quasi di melassa. Non viene infatti utilizzato il malto scuro che caratterizza il barley wine, bensì il chiaro. La commercializzazione avviene sia in bottiglia che in lattina, da 180 ml. Con una carbonazione da moderata a piatta, la spuma color crema emerge sottile, densa, per svanire rapidamente. L’aroma esala dolcemente fruttato, tra labili sentori di pane tostato, fumo, caramello, legno, sciroppo d’acero, intenzionati comunque a dir la loro. Malto e luppolo realizzano un equilibrio gustativo perfetto; equilibrio, in cui svolge un ruolo determinante la forza alcolica, focosa e speziata, che prorompe dal corpo consistente, con una trama da grassa ad acquosa e pressoché appiccicosa. Il finale è caramellato, secco, agrodolce. Nella sua lunga durata, il retrolfatto si ispira a un croccante amarore da tostature.
Whitbread Extra Stout, sweet stout di colore marrone molto scuro, quasi nero (g.a. 5,1%); prodotta a Leuven (Belgio). Con una carbonazione decisamente bassa, la spuma beige fuoriesce alquanto scarsa, densa, cremosa. Malto torrefatto, cacao in polvere, liquirizia, caramello, noci, vaniglia, caffè macinato, salsa di soia, allestiscono un bouquet di elevata intensità che raggiunge una finezza attraente. Il corpo medio ha una consistenza leggermente cremosa. Il gusto è dolce, zuccherino, caramellato, cioccolatoso, fruttato; e non nasconde le tenui note di liquirizia, fumo, lattosio: il tutto tenuto in equilibrio da un’opportuna acidità da tostature. Il finale completa l’“opera” col suo delicato amarore. Al retrolfatto il compito del commiato da una sweet stout: amabili impressioni di frutta e caramello.
Boddingtons Draught Bitter, ordinary bitter ale di colore ambrato scarico (g.a. 3,5%, 3,8% fino al 2008); prodotta a Samlesbury. La versione in lattina, lanciata nel 1991, è dotata di widget. Con una carbonazione mediobassa, la spuma emerge densa, cremosa, duratura. L’aroma si esprime a base di malto e luppolo floreale, con lontani richiami di miele, legno, noci, biscotti, mela verde. Il corpo, medio-leggero, ha una consistenza cremosa tendente all’acquosa. Il gusto è fruttato, morbido, con qualche nota di fiori, malto, grano. Nel finale si fa largo il secco amarore di un luppolo erbaceo. Dal lungo retrolfatto esalano aspre suggestioni di bacche con una punta di acidità.
Boddingtons Pub Ale, special bitter ale di colore ambra dorato (g.a. 4,7%, in precedenza 4,8% ); un prodotto di Samlesbury. È la versione della Boddingtons Draught Bitter, conosciuta anche come Boddingtons Gold/Export, prodotta, a partire dal 2003, per i mercati di esportazione. Con una bassa effervescenza, la schiuma bianca emerge spessa, cremosa, di buona ritenzione e aderenza. L’olfatto è alquanto mite, a base di malto, cereali, pane, miele, luppolo terroso, erbe, cracker, lievito fruttato. Il corpo, medio-leggero, presenta una tessitura morbida ma acquosa. Il gusto scorre pastoso, delicato, in un amarore di luppolo dall’accento floreale e di malto, portando a un finale piuttosto secco. Il retrolfatto pare che abbia fretta di liberarsi delle sue impressioni di zucchero d’orzo e buccia di mela.
Castle Eden Ale, ordinary bitter ale di colore rame chiaro (g.a. 4,2%); prodotta da Cameron’s Brewery. Con una moderata effervescenza, la schiuma bianca si leva sottile, cremosa, duratura. L’olfatto propone delicati profumi di malto, caramello, frutta rossa, miele, paglia, vaniglia. Il corpo, alquanto sottile, è di una tessitura tra oleosa e grassa. Il gusto, dopo un imbocco più caramellato che biscottato, passa a una consistenza piccante in cui la dolcezza del malto fa da equilibratrice per un luppolo piuttosto aggressivo; la lunga corsa prosegue tra lievi note di frutta acida. Il finale arriva vigoroso, irruente, nel suo amarore; ma svanisce in fretta tra le suggestioni dolciastre di malto che indugiano abbastanza nella persistenza retrolfattiva.
Flower’s Original, best bitter ale di colore ambrato intenso (g.a. 4,4%); prodotta in appalto da Brains, in precedenza da Badger Brewery. La carbonazione è quasi piatta; la spuma, di un bianco sporco, fine, densa, di buona allacciatura. L’aroma si libera piuttosto mite, a base soprattutto di malto, anche di frutta, pane dolce, cereali, luppolo; e con un vago richiamo, prima floreale, poi di liquirizia. Il corpo, da leggero a medio, ha una consistenza un po’ acquosa. Il gusto scorre pastoso ma delicato, tra note di malto, frutti di bosco, noci bruciate, marmellata d’arancia, luppolo terroso; e con un tocco di legno di quercia acido in prossimità del traguardo. Il finale, secco e lungo, sa tanto di zucchero d’orzo. Nel retrolfatto compaiono piacevoli impressioni di resina amara.
Mackeson Stout, sweet stout di colore molto scuro, tendente al nero (g.a. 2,8%). Filtrata e pastorizzata, è disponibile sia in bottiglia che in lattina. Al fine di beneficiare di un’esenzione dai dazi, nel 2012 fu abbassata la gradazione alcolica del 3%. È la stout dolce più nota d’Inghilterra, rimasta un marchio di prim’ordine. Con una bassa effervescenza, la schiuma beige, sottile e alquanto scarsa, si deposita rapidamente lasciando i segni di una lieve allacciatura. L’aroma denota sentori di cioccolato al latte, lievito, caramello, malto torrefatto, caffè, frassino, liquirizia, frutta a guscio. Il corpo, pieno ma povero di alcol, si avvicina leggero, morbido, cremoso, al palato. Il gusto scivola piuttosto dolce e asciutto, con accenni di amarore da malto tostato. Nel finale compare una moderata acidità. Il retrolfatto si propone con grate impressioni di cioccolato, rovere, vaniglia.