Brasserie Dieu du Ciel

Tratto da La birra nel mondo, Volume II, di Antonio Mennella-Meligrana Editore

Saint-Jérôme/Canada
Contagiato dalla Craft Beer Revolution americana, Jean-François Gravel, che praticava da tempo l’homebrewing, nel 1998, insieme a Patricia Lirette e Stéphane Ostiguy, aprì un brewpub in un ex ristorante russo di Montreal. Dieu du Ciel (“Dio del cielo!”) sarebbe stata l’esclamazione di Jean-François al primo sorso della sua birra fatta in casa.
Nel 2006 Patricia uscì dalla società; ma venne rimpiazzata da Luc Boivin (proveniente da Les Brasseurs du Nord), unitamente alla moglie, Isabelle Charbonneau.
Ben presto il brewpub denunciò i propri limiti: non c’era neanche lo spazio per una linea d’imbottigliamento. Luc e Isabelle individuarono l’edificio adatto, vicino casa loro, a Saint-Jérôme, 37 miglia a nord-ovest di Montreal. Nel 2007 fu inaugurato il nuovo birrificio, e partì anche la distribuzione in bottiglia. L’anno successivo, accanto, fu aperto un pub.
Dieu du Ciel /The Alchemist Moralité, india pale ale di colore dorato con riflessi aranciati e dall’aspetto lievemente intorbidato dai lieviti (g.a. 7%). Con una carbonazione media, la spuma, di un bianco sporco, emerge fine, compatta, duratura. L’aroma è fresco, pulito, intensamente fruttato, con, in sottofondo, un aspro sentore di luppolo terroso e aghi di pino. Il corpo, medio-pieno, ha una consistenza oleosa. Il gusto si avvale di una buona base di malto per farvi scorrere sopra note, prima, di agrumi, poi, di frutta tropicale dolce, infine, amare di resina. L’amarore si protrae fin nel retrolfatto, di persistenza lunga e asciutta.
Dieu du Ciel Péché Mortel, imperial stout di colore nero profondo (g.a. 9,5%); con infusione di caffè durante la fermentazione. L’effervescenza è moderata; la schiuma beige scuro, minuta, cremosa, stabile. L’aroma si esprime con sentori di malto tostato, caffè, bourbon, cioccolato fondente, torta di frutta, nocciola, vaniglia, liquirizia. Il corpo pieno presenta una trama cremosa, piuttosto pesante. Il gusto richiama quasi pedissequamente le sensazioni avvertite all’olfatto, con più accentuata presenza dell’alcol, che però non disturba, anzi; anche note di fumo aleggiano con insistenza, comunque apportatrici di pulizia e secchezza. Il finale risente dell’acidità del caffè. Acidità, stemperata nel lungo retrolfatto da impressioni di frutta secca, malti tostati, anche vagamente di cuoio.